Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18137 del 26/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18137 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SCORDAMAGLIA IRENE

Data Udienza: 26/03/2018

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
FERRARA
nei confronti di:
FORIN DANIELE nato il 28/02/1961 a TORINO
LENZI SERGIO nato il 21/02/1958 a FERRARA
FILIPPINI DAVIDE nato il 28/08/1962 a FERRARA
SETTE MICHELE nato il 31/01/1960 a ROVIGO
GOVONI PAOLO nato il 04/06/1963 a FERRARA
NANNI TEODORICO nato il 11/05/1947 a SANTA SOFIA
MASINI MICHELE nato il 18/01/1960 a PARMA
SOARDI EZIO nato il 07/08/1942 a VESTONE
LUCCHI GERMANO nato il 29/04/1936 a CESENA
GENTILI ADRIANO nato il 03/08/1946 a MONTIANO
TEODORANI MAURIZIO nato il 01/03/1953 a CESENA
GAFFORINI SPARTACO nato il 17/05/1946 a BIONE

avverso l’ordinanza del 21/12/2017 del TRIB. LIBERTA di FERRARA
sentita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA;
lette/sentite le conclusioni del PG MARIA FRANCESCA LOY

A

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto.
Udito il difensore
L’avv. MELCHIONDA insiste sull’eccezione di nullità dell’avviso di fissazione
udienza e, in subordine, chiede la reiezione dell’odierno ricorso come da nota
d’udienza (ed allegati) che deposita.
L’avv. BEZZI insiste sull’inammissibilità del ricorso richiamando il contenuto della
memoria già depositata.
L’avv. MASON chiede respingersi l’odierno ricorso per le ragioni esposte nella
memoria già in atti.

difensori fin qui intervenuti.
L’avv. ANELLI si associa al PG riportandosi alla memoria già depositata.

t

L’avv. BRIOLA si associa alle considerazioni ed alle richieste manifestate dai

RITENUTO IN FATTO

1. Ricorre il Procuratore della Repubblica di Ferrara avverso l’ordinanza, in
data 21 dicembre 2017, del Tribunale di Ferrara, in funzione di giudice del riesame,
di conferma dell’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari, in data 19 giugno
2017, appellata dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen., di
rigetto della richiesta di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, diretta e

nei confronti delle persone fisiche – investite di funzioni apicali – e degli enti – la
Cassa di Risparmio di Ferrara, la Cassa di Risparmio di Cesena e la Banca
Valsabbina -, raggiunti dall’addebito di avere aumentato fittiziamente il capitale
di ciascuno degli istituti creditizi mediante una sottoscrizione reciproca di azioni;
condotte, queste, ritenute dalla voce di accusa oltretutto causative del dissesto
della Cassa di Risparmio di Ferrara e tali da integrare il delitto di cui all’art. 223,
comma 2, n. 1 L.F., in relazione al quale le persone fisiche erano già state tratte
a giudizio.
2. L’atto di impugnativa deduce tre motivi, enunciati nei limiti imposti dall’art.
173 disp. att. cod. proc. pen.; segnatamente:
2.1. – il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 321 cod. proc. pen.,
6 d.lgs. n. 231/2001 e 2641 cod. civ., e il vizio di motivazione da travisamento
delle risultanze processuali e da manifesta illogicità dell’argomentazione posta a
corredo del provvedimento impugnato, per avere il giudice censurato dichiarato
inammissibile l’appello avverso il diniego di sequestro preventivo finalizzato alla
confisca del profitto del reato nei confronti degli enti – sul rilievo che il Pubblico
Ministero aveva chiesto l’archiviazione dell’illecito addebitato agli enti per
prescrizione dello stesso – sulla base dell’erronea interpretazione delle norme di
riferimento: in particolare per non avere tenuto conto che il profitto dei reati
commessi dalle persone fisiche a vantaggio degli enti si trovava presso questi, i
quali non potevano essere considerati estranei alle dette condotte illecite perché
realizzate nel loro interesse, con la conseguenza che la prescrizione degli illeciti
amministrativi – peraltro asseverativa della sussistenza dei relativi fatti – non
precludeva affatto la confisca obbligatoria del profitto, quanto meno ai sensi
dell’art. 19 d.l.gs. 231/2001;
2.2. – il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 321, comma 2, cod.
proc. pen. e 2641 cod. civ., e il vizio di motivazione, per mancanza o illogicità della
stessa, per non avere il giudice censurato considerato che il sequestro preventivo
finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, di cui all’art. 2641
cod. civ. non esige il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all’art.
2

per equivalente, del profitto e del prezzo dei delitti di cui all’art. 2632 cod. civ.,

321, comma 1, cod. proc. pen., essendo sufficiente accertarne la confiscabilità; in
ogni caso per avere omesso di esaminare il profilo, devoluto con l’atto di appello,
riguardante la confiscabilità diretta del profitto e del prezzo dei reati;
2.3. Il vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 2632, cod. civ., e il vizio
di motivazione, da omessa delibazione sul tema del fumus delicti, per avere il
Tribunale accolto, adagiandosi acriticamente sulle argomentazioni spese sul punto
dal Giudice delle indagini preliminari, una interpretazione restrittiva della norma

colpire tutte le operazioni con le quali si ottiene un aumento fittizio del capitale di
due società, e, quindi, non solo mediante la sottoscrizione reciproca, ma anche come nel caso di specie – mediante l’acquisto reciproco di azioni: tanto perché le
nozioni civilistiche non sono suscettibili di un travaso integrale nell’ordinamento
criminale, dovendosi adeguare alla ratio di tutela dei beni giuridici protetti in tale
ambito.
3. Con memoria pervenuta in data 10 marzo 2018, i difensori dei resistenti
Filippini e Sette hanno chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, suffragando
l’istanza con l’evidenziare che l’impugnativa del Pubblico Ministero: 1) è generica,
laddove assume che le somme da sottoporre a vincolo di indisponibilità descritte
nel capo 12) della rubrica costituiscano il prezzo del reato ivi contestato; 2) è
manifestamente infondata, nella parte in cui non si confronta con l’unanime
giurisprudenza di legittimità per la quale il profitto del reato si identifica con la
conseguenza economica immediata ricavata dal fatto di reato, che produce un
mutamento attuale e di segno positivo della situazione patrimoniale del
beneficiario: tale non potendosi considerare, quindi, «l’aumento di affidabilità
della società nei confronti dei terzi» per effetto della reciproca sottoscrizione
(rectius acquisizione) di azioni; 3) è priva di interesse, nella misura in cui articola
una disquisizione sulla configurazione astratta del delitto di cui all’art. 2632 cod.
civ. destituita di qualsivoglia valenza concreta, posto che il Tribunale aveva escluso
la riconducibilità delle somme di cui era chiesto il sequestro nella nozione di
profitto.
4. Con memoria pervenuta in data 20 marzo 2018, il difensore del resistente
Soardi ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, attingendo le censure
sviluppate dal Pubblico Ministero la motivazione del provvedimento impugnato, o,
altrimenti, l’infondatezza dello stesso, derivante da una indebita duplicazione della
contestazione, sub specie di bancarotta fraudolenta da reato societario e di
formazione fittizia del capitale sociale.
5. Con memoria pervenuta in data 20 marzo 2018, il difensore di Banca
Valsabbina ha ugualmente chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso o il
3

di cui all’art. 2632 cod. civ., posto che con tale disposizione il legislatore ha inteso

rigetto dello stesso, essendo dedotti: vizi di motivazione; non avendo il ricorrente
tenuto conto del principio di autonomia tra il reato delle persone fisiche e l’illecito
delle persone giuridiche; per non essere stata circoscritta la valutazione del fumus

commissi delicti all’astratta sussumibilità del fatto al reato contestato, essendo
stato, di contro, ampiamente richiamato il merito della vicenda.
6. Con memoria presentata in data 26 marzo 2018, il difensore della Cassa di
Risparmio di Cesena ha eccepito il difetto di avviso alla rappresentata terza

l’inammissibilità del ricorso, perché proposto per vizi non consentiti, attinenti
all’illogicità della motivazione e a questioni di merito non esaminabili dal Tribunale
per il riesame delle misure cautelari reali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso oltre che, sotto certi profili, del tutto generico è, comunque,
manifestamente infondato in tutte le sue prospettazioni.

1. In limine, è bene rammentare che costituisce jus receptum il principio
secondo il quale il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è
ammesso soltanto per violazione di legge, con la conseguenza che, in tema di
sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di
legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc.
pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come
violazione dell’obbligo di provvedere con provvedimento motivato ai sensi dell’art.
125, comma 3, cod. proc. pen., il caso di motivazione inesistente o meramente
apparente (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
Donde, alla stregua dell’indicato parametro ermeneutico, poiché non possono
essere proposte sub specie di vizio di motivazione mancante o apparente le
deduzioni di sottovalutazione di argomenti posti a sostegno della richiesta di
impugnazione nel merito, i quali, in realtà, sono stati presi in considerazione dal
giudice o, comunque, risultano assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento
del provvedimento impugnato, va dichiarata l’inammissibilità di tutte le censure
che deducono il vizio argomentativo (da travisamento delle risultanze istruttorie,
da illogicità della motivazione, da motivazione mancante), tenuto conto che la
motivazione posta dal Tribunale a corredo del provvedimento impugnato, poiché
dotata di logica plausibilità, non può certo qualificarsi come inesistente o
apparente.
2. Destituita di giuridico fondamento è la violazione di legge denunciata con il
primo motivo, posto che, poiché ai sensi del combinato disposto degli artt. 6,
4

interessata dell’odierna udienza; in subordine ha chiesto dichiararsi

comma 5, e 19, comma 1, d.lgs. 231/2001, la confisca del profitto che l’ente ha
tratto dal reato, anche nella forma per equivalente, è sempre disposta con la
sentenza di condanna pronunciata nei confronti dell’ente medesimo, deve ritenersi
applicabile il principio di diritto – sancito da questa Corte con riguardo alla
responsabilità penale (Sez. 3, n. 24162 del 06/04/2011, Vitale, Rv. 250641) secondo il quale è illegittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca,
disposto ai sensi dell’art. 53, comma 1, d.lgs. 231/2001, in caso di intervenuta

comma 1, d.lgs. 231/2001, ancor prima della formulazione della contestazione
dell’illecito amministrativo dipendente da reato, rilevando tale aspetto, sotto il
profilo della mancanza del “fumus” dell’illecito, essendo in sede di riesame precluso
al giudice di compiere l’accertamento dell’illecito, nei suoi estremi oggettivi, e la
sussistenza di profili quanto meno di colpa nella persona giuridica, quali
presupposti necessari per disporre la confisca anche in presenza di una causa
estintiva dell’illecito. Tanto si inferisce, oltretutto, in primo luogo, proprio
dall’invocato – nel ricorso – principio di autonomia delle responsabilità dell’ente,
essendo stato affermato, nel caso specularmente opposto, che: “In tema di
responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato
presupposto, il giudice, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 231 del
2001, deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità
amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito
fu commesso» (Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla e altri, Rv. 255369); in
secondo luogo dal carattere spiccatamente afflittivo e sanzionatorio della confisca
ex artt. 6, comma 5, e 19 d.lgs. 231/2001, non potendo la stessa prescindere, in
ragione di tale sua natura, dall’accertamento pieno della responsabilità dell’ente.
3. Non di maggior pregio è il coacervo di rilievi che si dirigono sul fumus
commissi delicti, di cui all’ultima ragione di censura, poiché il ricorrente tralascia
di considerare che, in sede di impugnazione di misure cautelari reali, è preclusa,
dopo la citazione a giudizio, ogni valutazione concernente il “fumus commissi
delicti” (Sez. 6, n. 29884 del 15/05/2007, Battisti, Rv. 237215): questo perché il
procedimento disciplinato dall’art. 324 cod. proc. pen. in tema di riesame dei
provvedimenti applicativi delle misure reali ha carattere incidentale rispetto a
quello di cognizione, per cui di questo subisce inevitabilmente l’influenza per
quanto attiene ai punti che si pongono tra loro in una relazione di reciproca
interferenza, con la conseguenza che, dopo il rinvio a giudizio – che nel caso di
specie ha avuto luogo il 19 dicembre 2017, e, quindi, in data anteriore alla
pronuncia del Tribunale del riesame – le questioni che concernono in astratto il
“fumus delicti” nel procedimento incidentale devono ritenersi superate dal decreto
5

prescrizione delle sanzioni amministrative applicabili all’ente, ai sensi dell’art. 22,

stesso che dispone il giudizio (Sez. 6, n. 2199 del 09/07/1993, Batteselle, Rv.
196581).
4. Manifestamente infondato e, comunque, aspecifico è, infine il motivo con il
quale si discute dei profitto che gli istituti di credito coinvolti nella vicenda
avrebbero tratto dalle condotte delittuose ascritte alle persone fisiche agenti in
loro rappresentanza funzionale.
A parte l’assoluta genericità del riferimento al prezzo del reato di cui all’art.

tra il prezzo del reato, concerne le cose date o promesse per indurre l’agente a
commettere il reato (oggetto di confisca obbligatoria ai sensi del secondo comma
dell’art. 240 cod. pen.) e il “provento” dello stesso, cui sono riferibili le cose che
siano “il prodotto o il profitto del reato”, oggetto di confisca facoltativa ai sensi del
suddetto art. 240 cod. pen. (Sez. U, n. 1811 del 15/12/1992 – dep. 24/02/1993,
Bissoli, Rv. 192493; nello stesso senso Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996, Chabni
Samir, Rv. 205707, Rv. 244189), e in relazione al quale non rileva, peraltro,
l’omessa motivazione del Tribunale del riesame, posto che, in tema di ricorso per
cassazione, non costituisce causa di annullamento del provvedimento impugnato,
il mancato esame di un motivo di appello che risulti generico o manifestamente
infondato. (Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012, D’Alessandro, Rv. 254280; Sez. 4,
n. 1982 del 15/12/1998 – dep. 16/02/1999, Iannotta A, Rv. 213230), deve
ribadirsi quanto sin da ultimo affermato da questa Corte di legittimità in tema di
confisca del profitto del reato: « In tema di confisca, il profitto del reato è solo
quello costituito da un mutamento materiale, attuale e di segno positivo, della
situazione patrimoniale del beneficiario, ingenerato dal reato attraverso la
creazione, trasformazione o acquisizione di cose suscettibili di valutazione
economica; ne consegue che non costituisce profitto del reato un vantaggio futuro
– eventuale, sperato, immateriale o non ancora materializzato in termini
economico-patrimoniali – né la mera aspettativa di fatto, c.d. “chance”, salvo che
questa, in quanto fondata su circostanze specifiche, non presenti caratteri di
concretezza ed effettività tali da costituire essa stessa un’entità patrimoniale a sé
stante, autonoma, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione
in relazione alla sua proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto (Sez. 6, n.
1754 del 14/09/2017 – dep. 16/01/2018, Bentini, Rv. 271967).
Premesso che è consolidata l’affermazione secondo cui non si rinviene una
nozione generale di profitto non solo nel codice penale, ma anche nelle varie
disposizioni contenute in leggi speciali che ne prevedono la confisca, atteso che si
tratta di norme che danno la nozione per presupposta, ovvero si limitano a
contrapporla ad altri concetti parimenti non definiti, quali quelli di “prezzo”, “corpo”
6

2632 cod. civ., considerata la sostanziale differenza, normativamente tipizzata,

e “strumento” del reato, utilizzandola, peraltro, sia per determinare l’oggetto della
confisca, sia ad altri fini, come, cioè, elemento costitutivo della fattispecie di reato
o come circostanza aggravante, va evidenziato – a fronte delle disarticolate
deduzioni impugnatorie – che, sia che si voglia accedere alla nozione di profitto
tradizionalmente recepita dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, secondo la
quale il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via
diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito (Sez. U, n. 31617 del

Rv. 255036; Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti S.p.a, Rv.
239924), sia, invece, che si voglia recepire la nozione avallata dalle sentenze Sez.
U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261116, e Sez. U, n. 10561
del 30/01/2014, Gubert, secondo cui il profitto del reato oggetto di confisca si
identifica non soltanto con i beni appresi per effetto diretto ed immediato
dell’illecito, ma anche con ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o
mediata, dell’attività criminosa, questo deve pur sempre consistere in un beneficio
aggiuntivo che presenti i caratteri della concretezza e della effettività, tale da
costituire di per sé stesso una entità patrimoniale a sé stante, autonoma,
giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione in relazione alla sua
proiezione sulla sfera patrimoniale dei soggetti incisi.
Donde l’asserito aumento di affidabilità degli istituti di credito quale effetto
della loro fittizia ricapitalizzazione, in assenza della specifica deduzione di concrete
circostanze fattuali idonee a sostanziare il preteso vantaggio derivante dalle
denunciate operazioni illecite, costituisce nient’altro che un’astratta enunciazione
inidonea, come tale, a costituire il fondamento di una valida impugnazione.
5. Alla stregua dell’argomentazione complessivamente sviluppata va, dunque,
dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.

Così deciso il 26/03/2018.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Irene Scordamaglia

Gerd o S.beone

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Depositato(in CaRcelier
7

Roma, lì ..

7
.

26/06/2015, Lucci, Rv. 264436; Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami e altro,

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