Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18135 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18135 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CASILI ANTONINO nato il 08/01/1975 a MELITO DI PORTO SALVO

avverso il decreto del 03/02/2017 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA FIDANZIA;
lette/sentite le conclusioni del PG
Udito il difensore

( v ieQ

1

0

Data Udienza: 27/02/2018

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Pasquale Fimiani, ha concluso per
la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Con decreto emesso in data 3 febbraio 2017 la Corte d’Appello di Reggio

Calabria ha respinto l’appello proposto da Casili Antonino avverso il decreto del 25
novembre 2015 con il quale il Tribunale di Reggio Calabria aveva rigettato la sua istanza di

residenza per anni tre.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione Casili
Antonino affidandolo ad un unico articolato motivo.
E’ stata dedotta violazione di legge di cui all’art. 606 lett. b) c.p.p. in relazione alla L. n.
575/65.
Lamenta il ricorrente che la motivazione del decreto impugnato si fonda su dati presuntivi
per ritenere la sua persistente pericolosità nonostante cinque anni di detenzione lontano dalla
Calabria con risultati di forte rieducazione attestati e conseguiti.
Sono stati pretermessi elementi positivi come la risocializzazione, l’attività di lavoro,
l’assenza di qualsivoglia violazione della normativa di prevenzione e l’allontanamento dal paese
natio.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Va osservato che in tema di misure di prevenzione personale, ai sensi dell’art. 4 comma 11 I.
27 dicembre 1956, n. 1423, avverso il decreto della Corte d’Appello che decide sulla
impugnazione proposta contro il provvedimento con cui il Tribunale applica una delle misure di
prevenzione personali previste dall’art. 3, I. 27 dicembre 1956, n. 1423 è ammesso soltanto
ricorso in cassazione per violazione di legge, da parte del Pubblico Ministero e dell’interessato.
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, può essere dedotto quale violazione
di legge il vizio della motivazione solo qualora se ne contesti l’inesistenza o la mera
apparenza, qualificabili come forme di violazione dell’obbligo di provvedere con decreto
motivato, imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4, I. n.1423 del 1956
(oggi comma secondo dell’art. 10, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159).
In particolare, oltre ai casi di mancanza assoluta, la motivazione può ritenersi apparente
soltanto quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità, o sia
assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito
ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate
e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato
l’applicazione della misura (cfr.; Cass., sez. VI, 10/03/2008, n. 25795).
2

revoca della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di

Nel caso di specie, è da escludersi che nel decreto impugnato sia rinvenibile nella
motivazione una argomentazione priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di
logicità, al punto da risultare meramente apparente.
La Corte territoriale, con argomentazioni coerenti ed immuni da vizi logici, ha evidenziato
che, data la caratura criminale del proposto (lo stesso è stato riconosciuto anche da questa
Corte nella sentenza del 5 maggio 2015 “capo giovane” della “società minore”, qualità che
presuppone una lunga militanza nella consorteria), deve ritenersi la persistente pericolosità

relativamente breve al cospetto della forza del vincolo associativo mafioso – è tornato nella
terra di provenienza ove era stata realizzata la condotta criminosa per cui era intervenuta
condanna. Tale circostanza consente di escludere l’effettivo e reale distacco dalle consorterie
criminali di appartenenza data la diffusione del fenomeno mafioso nel territorio della provincia
di Reggio Calabria.
Non vi è dubbio che tale motivazione non possa essere ritenuta “apparente” , avendo il
decreto impugnato collegato la valutazione di persistenza della pericolosità del proposto condannato con sentenza irrevocabile per partecipazione ad una associazione a delinquere di
stampo mafioso – alla valorizzazione di uno specifico elemento di fatto (vedi punto 12 della
sentenza delle S.U. n. 111/18, Gattuso), quale l’immediato ritorno dello stesso nell’ambiente
di provenienza al termine di un periodo di detenzione di durata tale da non consentire un
effettivo allontanamento dal gruppo criminale, data la sua caratura criminale accertata
giudizialmente.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende,
che si stima equo stabilire nella misura di 2.000,00 Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2018

dello stesso sul rilievo che, al termine della detenzione di cinque anni – periodo

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