Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18134 del 01/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18134 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALGHIT MOHAMED N. IL 21/12/1983
MSEHLI ABDELKARIM N. IL 28/08/1967
avverso la sentenza n. 6416/2013 GIP TRIBUNALE di VENEZIA, del
03/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette/sentita le conclusioni del PG Dott.

Eduardo Scardaccione, che nella requisitoria scritta ha
concluso per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi;

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Data Udienza: 01/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia ha
pronunciato, in data 3/07/2014, sentenza di applicazione della pena di un anno
ed undici mesi di reclusione ed euro 800,00 di multa nei confronti di Msehli
Abdelkarinn nonché di applicazione della pena di due anni di reclusione ed euro
800,00 di multa nei confronti di Balghith Mohamed, entrambi imputati di plurime
condotte di cessione illecita di sostanza stupefacente del tipo eroina, unificate

d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.

2. Avverso tale sentenza propone personalmente ricorso per cassazione
Msheli Abdelkarim, deducendo che il giudice avrebbe dovuto redigere una sia pur
minima motivazione in ordine alla sussistenza delle condizioni che avrebbero
potuto condurre al proscioglimento ai sensi dell’art.129 cod.proc.pen. Una lettura
più coerente degli atti, si assume, avrebbe portato a ritenere inattendibili le
testimonianze di coloro che utilizzavano diverse persone come fornitori di
stupefacente, avendo indicato periodi in cui il ricorrente si trovava in Tunisia o
era detenuto.

3. Balghith Mohamed propone, altresì personalmente, ricorso per cassazione
deducendo l’erroneità dell’ordinanza con la quale, in concomitanza con la
sentenza di patteggiamento, è stata rigettata l’istanza di sospensione del giudizio
con messa alla prova.

4. Il Procuratore Generale, in persona del dott. Eduardo Scardaccione, nella
sua requisitoria scritta ha concluso per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da Msheli Abdelkarim è inammissibile.
1.1. Nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti è
precluso a queste ultime di prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato
e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto
l’accusa, come giuridicamente qualificata, non può essere rimessa in discussione.
L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere
qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla
richiesta di patteggiamento e al consenso ad essa prestato. Cosicché, in questa
2

sotto il vincolo della continuazione e qualificate ai sensi dell’art.73, comma 5,

prospettiva, l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice
affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini
dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli elementi di
cui all’art. 129 cod.proc.pen. conformemente ai criteri di legge
(Sez. 5, n. 21287 del 25/03/2010, Legari, Rv. 247539).
1.2. Il Tribunale di Venezia ha, peraltro, correttamente e satisfattivamente
assolto tale valutazione, fornendo congrua motivazione delle ragioni per le quali
non ritenesse sussistente alcuna delle ipotesi previste dall’art.129 cod.proc.pen.

2. Il ricorso proposto da Balghith Mohamed è inammissibile.
2.1. Con lo stesso il ricorrente tende a prospettare, peraltro genericamente,
un vizio relativo ad un’ordinanza che il Giudice per l’udienza preliminare avrebbe
emesso nel corso dell’udienza contestualmente alla sentenza di applicazione
della pena, ordinanza relativa al mancato accoglimento della richiesta di
sospensione del processo per messa alla prova ex art. 168 bis cod. pen.
2.2. Al riguardo va ribadito il principio sopra enunciato, secondo il quale <è inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti della sentenza di patteggiamento e diretto a far valere asseriti vizi afferenti a questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, poiché l'accusa, come giuridicamente formulata, non può essere rimessa in discussione, in quanto l'applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato> (Sez. 5,
n.21287 del 25/03/2010, Legari, Rv.247539; in senso conforme anche Sez. 2,
n.6383 del 29/01/2008, De Blasio, Rv.239449).
2.3. Dall’esame degli atti, consentito dalla natura della censura, emerge
peraltro che l’imputato ha formulato l’istanza di sospensione con messa alla
prova dopo aver presentato l’istanza di applicazione della pena e dopo che il
pubblico ministero aveva prestato il suo consenso. Ed è principio interpretativo
ricorrente nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che l’accordo tra
l’imputato e il pubblico ministero costituisca un negozio giuridico processuale
recettizio che, una volta pervenuto a conoscenza dell’altra parte e quando questa
abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile e non è suscettibile di
modifica per iniziativa unilaterale dell’altra, in quanto il consenso reciprocamente
manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà determina effetti non
reversibili nel procedimento (Sez. 4, n. 38070 del 11/07/2012, Parascenzo, Rv.
254371; Sez.3, n. 39730 del 04/06/2009, Bevilacqua, Rv. 244892).

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Il ricorso, conseguentemente, non supera il vaglio di ammissibilità.

3. I ricorsi devono essere, per tali ragioni, dichiarati inammissibili. Tenuto
conto della sentenza Corte Cost. n.186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non
sussistono elementi per ritenere che le parti abbiano proposto ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, alla
declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., l’onere
delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della
Cassa delle Ammende, determinata nella misura di euro 1.500,00.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di C 1.500,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 1/04/2015

P.Q.M.

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