Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18126 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18126 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALTAGIRONE GIOVANNI LUCA N. IL 22/01/1974
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 12/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 14/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
lette/aeutite le conclus oni del PG Dott. oe04-1

VI i –

42■ Cuk,

Data Udienza: 24/03/2015

La Corte di Appello di Caltanissetta, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 14.06.2012, liquidava a
Caltagirone Giovanni Luca la somma di euro 6.815,00 a
titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione
sofferta in regime di custodia in carcere giusta
ordinanza del GIP del Tribunale di Caltanissetta del
10.12.2009 dal 15.12.2009 al 13.01.2010 per il delitto da
cui all’art.416 bis c.p..
Nei confronti del Caltagirone veniva poi emesso decreto
di archiviazione in ordine al delitto di cui sopra in
data 12.05.2010.
Avverso la sopra indicata ordinanza proponeva ricorso per
Cassazione, a mezzo del suo difensore, il Caltagirone e
concludeva chiedendone l’annullamento.
Il ricorrente censurava la sentenza impugnata per
mancanza e manifesta illogicità della motivazione in
relazione agli articoli 314 e 315 c.p.p., perché la somma
indicata pari ad euro 6.815,00 a titolo di riparazione
per l’ingiusta detenzione subita è stata fissata senza
alcuna motivazione reale, senza indicare alcun parametro
per fissare il valore degli elementi ritenuti
indennizzabili, senza tenere in considerazione le
ulteriori sofferenze personali e familiari patite dal
ricorrente a causa della privazione della libertà
personale, in relazione altresì alla personalità
dell’imputato,alla gravità delle contestazioni che gli
sono state mosse (art.416 bis c.p.), al danno alla salute
e ai pregiudizi sul piano lavorativo, in considerazione
dell’attività imprenditoriale da lui esercitata, pur in
presenza di specifica doglianza sul punto.
Il ricorrente denunciava inoltre violazione di legge ex
art. 606 lett.b) ed e) c.p.p. in relazione agli articoli
91 e 92 c.p.p., in quanto la controversia di cui è
processo riguarda il regolamento di interessi
patrimoniali tra il privato, titolare del diritto alla
riparazione e lo Stato e conseguentemente il carico delle
spese deve essere regolato secondo il principio della
soccombenza di cui all’articolo 91 c.p.c..

Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
Tanto premesso si osserva che il diritto a equa
riparazione per l’ingiusta detenzione, regolato dagli
artt. 314 e ss cod.proc.pen., trova fondamento nella
condizione soggettiva della persona sottoposta a
detenzione immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro
sistematico di riferimento è un quadro di diritto civile
ma non è quello dell’art. 2043 cod.civ. che appresta
sanzioni contro chi produce per dolo o colpa un danno
ingiusto ad altri. Il principio regolatore è piuttosto
quello della riparazione legata ad eventi che producono

Ritenuto in fatto

il sorgere, quali conseguenze di principi di solidarietà
e di giustizia distributiva, di responsabilità da atto
lecito (la distinzione tra responsabilità per danno
ingiusto ex art. 2043 cod.civ. e responsabilità per atto
lecito è ben chiarita da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n.
9341). E’ ben fermo, in materia, l’assetto delle regole
generalissime che disciplinano l’onere della prova civile
ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento relativo
alla riparazione per l’ingiusta detenzione, quantunque
si riferisca ad un rapporto obbligatorio di diritto
pubblico e comporti perciò il rafforzamento dei poteri
officiosi del giudice, e’ tuttavia ispirato ai
principi del processo civile, con la conseguenza che
l’istante ha l’onere di provare i fatti costitutivi
della domanda, la custodia cautelare subita e la
successiva assoluzione ( Corte Cass. Sez. 4 sent. n.
02/04/2004 – 20/05/2004 ).
23630
La liquidazione del danno, che dunque deve essere provato
nella sua esistenza dalla parte che lo reclama, a fronte
della natura riparatoria e indennitaria della misura
apprestata dall’ordinamento, avviene secondo criteri di
equità. Infatti in tema di riparazione per ingiusta
detenzione, il parametro equitativo per la
liquidazione dell’indennizzo – valutato sulla base delle
conseguenze personali e familiari subite – e’ funzionale
alla modulazione concreta dello stesso all’interno
aritmetici previsti, ma
del rapporto tra i parametri
il tetto
non consente al giudice di superare
massimo della liquidazione, scaturente dai parametri
aritmetici.
I richiamati criteri di equità riguardano ovviamente non
la prova dei danni patiti, ma la mera quantificazione
dell’indennizzo spettante a fronte della loro variegata
natura.
In definitiva la liquidazione dell’indennizzo previsto
detenzione va
a titolo di riparazione per l’ingiusta
al
disancorata da criteri o parametri rigidi e deve,
riguardo,
procedersi
con
equità,
valutandosi la
durata della custodia cautelare e, non marginalmente, le
familiari,
patrimoniali,
conseguenze personali,
morali, dirette o mediate, che siano derivate dalla
privazione della liberta’. A tal riguardo, dato di
partenza della valutazione indennitaria, che va
necessariamente tenuto presente quantomeno come dato di
partenza, e’ costituito dal parametro aritmetico
costituito
dal
rapporto tra il tetto massimo
dell’indennizzo di cui all’art. 315, comma secondo,
cod. proc. pen. e il termine massimo della custodia
cautelare di cui all’art. 303, comma quarto, cod. proc.
pen., espresso in giorni, moltiplicato per il periodo,
anch’esso espresso in giorni, di ingiusta detenzione
subita, dovendosi poi procedere alla liquidazione
dell’indennizzo, entro il tetto massimo del quantum
liquidabile, con apprezzamento di tutte le conseguenze
pregiudizievoli che la durata della custodia cautelare
ingiustamente subita ha determinato per l’interessato
(Cass. Sez. 4^ sent. N. 30317 del 21/06/2005).

PQM
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di
appello di Caltanissetta per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 24.03.2015.

Questa Corte ha peraltro precisato (cfr, Cass., sez.4,
sent. N.10123 del 17.11.2011, Rv.252026) che è inadeguata
la liquidazione dell’indennità per la riparazione di
breve durata, patita da soggetto incensurato, che si
fondi esclusivamente sul mero ragguaglio tra i giorni di
privazione della libertà e il parametro medio
giornaliero, potendo quest’ultimo essere integrato
mediante il ricorso a parametri sensibilmente superiori a
quelli standard purchè non si sfondi il tetto massimo
della somma erogabile.
Tanto premesso si osserva che nella fattispecie di cui è
processo il provvedimento impugnato non applica
correttamente i sopra indicati principi.
In particolare la Corte di Appello di Caltanissetta, dopo
avere evidenziato che il ricorrente aveva patito
pregiudizi di immagine e nella sua attività lavorativa
specificatamente indicati nel provvedimento impugnato, ha
determinato irragionevolmente, sulla base di una
motivazione inadeguata e illogica, la somma liquidata a
titolo di indennizzo, pari al mero calcolo aritmetico
compiuto alla stregua dei parametri di cui sopra, senza
valutare che il periodo breve di detenzione finiva per
determinare in tal modo una liquidazione inadeguata
all’impatto con una ingiusta detenzione.
L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata con
rinvio alla Corte di appello di Caltanissetta per nuovo
esame, dovendosi ritenere assorbito il secondo motivo di
ricorso relativo alla mancata condanna
dell’amministrazione convenuta al pagamento delle spese
di lite.

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