Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18118 del 12/02/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18118 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZANAJ ARISTOTEL N. IL 15/05/1967
avverso l’ordinanza n. 30/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
30/05/2014
Dott. LUISA BIANCHI;
Lu (9- C49e)017._

sentita la relazione fatta dal Consigli
lette/s*ifé le conclusioni del PG D

(A-c-rtAbe, 1,1,–(1 ‘In-,

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/02/2015

32205/2014

RITENUTO IN FATTO

Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione lo Zanaj deducendone, per il tramite
del difensore di fiducia, la mancanza e l’illogicità manifesta di motivazione per aver
escluso la riparazione anche dopo che era stata chiesta la revoca della misura
cautelare allegando i verbali delle indagini difensive relative alle dichiarazioni
testimoniali che lo scagionavano.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto che venga dichiarata la
inammissibilità del ricorso per irregolarità dell’istanza introduttiva della procedura,
priva del conferimento della necessaria procura speciale e comunque il rigetto per
infondatezza dei motivi.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia che aderisce alle conclusioni del
Procuratore Generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Rileva preliminarmente il Collegio che non si ritiene di poter aderire alla richiesta di
inammissibilità del ricorso sotto il profilo della mancanza di procura speciale,
trattandosi di questione non sollevata nel precedente giudizio e anche qui proposta in
via meramente ipotetica.
Il ricorso dello Zanaj risulta infondato./
Ai fini dell’accertamento del requisito soggettivo ostativo al riconoscimento
dell’indennizzo in questione, il giudice del merito – investito dell’istanza per
l’attribuzione di una somma di danaro a titolo di equa riparazione per l’ingiusta
detenzione, ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen. – ha il dovere di verificare se la
condotta tenuta dall’istante nel procedimento penale, nel corso del quale si
verifico’ la privazione della liberta’ personale, quale risulta dagli atti, sia
connotabile di dolo o di colpa grave. Il giudice stesso deve, a tal fine, valutare se
certi comportamenti riferibili alla condotta cosciente e volontaria del soggetto,
possano aver svolto un ruolo almeno sinergico nel trarre in errore l’autorità
giudiziaria; cio’ che il legislatore ha voluto, invero, e’ che non sia riconosciuto il
diritto alla riparazione a chi, pur ritenuto non colpevole nel processo penale, sia stato
arrestato e mantenuto in detenzione per aver tenuto una condotta tale da
legittimare il provvedimento dell’autorita’ inquirente (sez. IV 7.4.99 n.440, Min.
Tesoro in proc. Petrone Ced 197652). Le sezioni unite di questa Corte (sentenza
13.12.1995 n.43, Sarnataro rv.203638) hanno poi ulteriormente precisato che “Nel
procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione e’ necessario distinguere
nettamente l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta
all’accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte
dell’imputato, da quella propria del giudice della riparazione il quale, pur dovendo
operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un iter logico-

Con ordinanza in data 30.5.2014 la Corte di appello di Bologna rigettava la domanda
di Zanaj Artistotel volta ad ottenere la riparazione per ingiusta detenzione in relazione
ad un provvedimento cautelare emesso nei suoi confronti il 16.7.2010 e mantenuto,
nella forma degli arresti domiciliari, fino al 25.1.201211.11.2006 per concorso nei
reati di cui agli artt. 635, 614 e 582 cod.pen. in danno di Vitali Consuelo.

Deve dunque rigettarsi il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese con il Ministero resistente
che si è limitato ad aderire alla prima eccezione del Procuratore Generale.
P.Q.M.
rigetta il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Così deciso in Roma il 12.2.2015.

motivazionale del tutto autonomo, perche’ e’ suo compito stabilire non se determinate
condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore
condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento
“detenzione” ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia
liberta’ di valutare il materiale acquisito nel processo, non gia’ per rivalutarlo, bensi’ al
fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura
civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di
una causa di esclusione del diritto alla riparazione”.
Nella specie il provvedimento impugnato assolve al prescritto obbligo di motivazione
dal momento che, come esattamente rilevato dal Procuratore Generale presso questa
Corte nella sua requisitoria scritta, l’ordinanza ha fatto riferimento ad un duplice
ordine di considerazioni; da un lato, il fatto che Zanaj ha taciuto, nell’immediatezza
del suo arresto, di indicare le persone presenti che lo avrebbero potuto scagionare ed
anzi ha reso dichiarazioni menzognere affermando che non era presente perché era
rimasto in macchina mentre il coimputato aveva dichiarato che era presente; ed
anche la persona offesa lo aveva indicato come una delle due persone che le avevano
cagionato lesioni; dall’altro la circostanza che il giorno prima si fosse verificato un
analogo episodio penalmente rilevante da parte del Caputo a danno di Biagi Rosalita,
cui parimenti Zanaj era presente, e ciò nonostante egli aveva accettato di
accompagnare ancora Caputo il giorno successivo, in tal modo tenendo un
comportamento che poteva essere percepito come di contiguità all’attività criminosa
del Caputo.
In tale situazione correttamente la Corte ha ritenuto – sia pure implicitamente irrilevante il fatto che alcuni mesi dopo fossero state prodotte le dichiarazioni rese in
sede di indagini difensive da due donne che scagionavano l’attuale ricorrente, essendo
comunque il ritardo imputabile al ricorrente ed evidente la necessità di verificare la
consistenza di tale prova nel pieno contradditorio delle parti, ritardando pertanto, per
causa riferibile al comportamento dell’imputato, la scarcerazione.

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