Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18116 del 26/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18116 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SCORDAMAGLIA IRENE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DEIANA ANTONELLO nato il 23/11/1978 a BRESCIA

avverso la sentenza del 24/01/2017 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIA
FRANCESCA LOY
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
Il difensore presente evidenzia il vizio della sentenza in relazione alla dosimetria
della pena e chiede l’annullamento con rinvio per una nuova valutazione.

Data Udienza: 26/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto a propria firma depositato in data 7 marzo 2017, Deiana Antonello
ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di
Brescia in data 24 gennaio 2017, che, confermata la sua responsabilità per il delitto
di cui all’art. 495 cod. pen., riconosciuta dal Tribunale della stessa città in data 3
dicembre 2014, ha ridotto la pena inflittagli, pur ribadendo il giudizio di mera

specifica e infraquinquennale.
2. L’impugnativa è affidata ad un solo motivo, con il quale si denuncia il vizio
di violazione di legge in relazione all’art. 99 cod. pen., e il vizio di motivazione, per
avere il giudice censurato negato la concessione delle circostanze attenuanti
generiche in regime di prevalenza sulla contestata recidiva reiterata specifica ed
infraquinquennale ancorché non ricorresse la predetta circostanza e, quindi, non
fosse possibile formulare un negativo giudizio sulla personalità del soggetto
agente. Tanto perché il delitto di cui all’art. 14, comma 2, I. n. 230 del 1998,
commesso in data 16 dicembre 1999, per il quale esso imputato aveva riportato
condanna con sentenza irrevocabile, doveva considerarsi non più previsto come
reato, ai sensi degli artt. 7 d.lgs. n. 215 del 2001 e 2 I. 14 novembre 2000 n. 331,
con la conseguente cessazione degli effetti penali della condanna — tra questi quelli
conseguenti all’applicazione della recidiva -. In secondo luogo perché la condanna
irrevocabile per la contravvenzione di cui all’art. 186 comma 2 d.lgs. n. 285 del
1992 non poteva rilevare ai fini della contestazione e del riconoscimento della
recidiva reiterata, atteso che l’art. 99, comma 4, cod. pen. connette l’aumento di
pena per la ricaduta nel reato soltanto alla commissione di un delitto non colposo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso personale dell’imputato, pur ammissibile perché presentato
anteriormente all’entrata in vigore — il 3 agosto 2017 — della I. n. 103/2017, la
quale, modificando gli artt. 571 e 613 cod. proc. pen., ha escluso la facoltà
dell’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione, è però infondato.
1. La doglianza che si riferisce all’irrilevanza della condanna irrevocabile
pronunciata per il delitto di cui all’art. 14, comma 2, I. n. 230 del 1998, commesso
in data 16 dicembre 1999, è destituita di fondamento atteso che, a seguito
dell’istituzione del servizio militare professionale, realizzata dalla L. n. 331 del
2000, non è stato abrogato il reato di rifiuto del servizio militare per motivi di
coscienza, di cui al previgente art. 14, comma secondo, L. n. 230 del 1998,
2

equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la ritenuta recidiva reiterata

essendo tale condotta sussumibile nella nuova fattispecie di cui all’art. 2110 del
D.Lgs. n. 66 del 2010, essendo il nuovo testo normativo sovrapponibile al
precedente ed essendo la pena prevista (reclusione da sei mesi a due anni) rimasta
immutata (Sez. 1, n. 21791 del 08/11/2016 – dep. 05/05/2017, Ferrante, Rv.
270580).
Del resto, anche anteriormente al varo del d.lgs. n° 66 del 2010, denominato
codice dell’ordinamento militare (entrato in vigore il 10 ottobre 2010), la

sospensione della chiamata obbligatoria alla leva, introdotta con L. n. 331 del 2000
e successive integrazioni, non ha abolito il servizio di leva militare obbligatoria,
ma ne ha limitato l’operatività a specifiche situazioni e a casi eccezionali riferiti
anche al tempo di pace, sicchè il reato di rifiuto del servizio militare per motivi di
coscienza non è stato abrogato, ma è stato modificato il contenuto del precetto,
che non ricomprende più la condotta penalmente sanzionata dalle precedenti
disposizioni legislative, con la conseguenza che per i fatti anteriormente commessi
deve farsi applicazione delle nuove più favorevoli disposizioni, per le quali la
condotta di rifiuto non è più reato. (Sez. 5, n. 6185 del 10/11/2010 – dep.
18/02/2011, Spadea, Rv. 249251; Sez. 1, n. 10424 del 24/02/2010, Negro, Rv.
246396; Sez. 1, n. 43709 del 06/11/2007, Almavera, Rv. 238685). Donde si è
concluso che:<< alla fattispecie di reato in esame, non essendo stata abolita, si applica il quarto e non il secondo comma dell'art. 2, cod. pen., secondo cui "se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile» (Sez. 1, n. 16228 del 02/05/2006, Brusaferri, Rv. 233446). 2. Non coglie nel segno neppure il rilievo censorio che attinge la condanna per la contravvenzione di cui all'art. 186, comma 2, d.lgs. n. 285/1992, posto che se è illegittima, dopo l'entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, l'applicazione dell'aumento di pena per recidiva in caso di condanna per reato contravvenzionale, (Sez. 1, n. 19976 del 29/04/2010 - dep. 26/05/2010, Colella, Rv. 24764701), tuttavia tale profilo non è suscettibile di dispiegare alcun effetto invalidante sulla statuizione impugnata, atteso che, ai fini dell'aggravamento della pena edittale quale effetto dell'istituto di cui all'art. 99, comma 4, cod. pen. che solo rileva nel giudizio di bilanciamento di circostanze del reato di segno opposto -, sussiste comunque la recidiva reiterata, non essendo stata contestata la condanna per il delitto di cui all'art. 368 cod. pen.. 3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 3 maggioritaria giurisprudenza di legittimità aveva affermato che: <

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