Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18112 del 26/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18112 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SCORDAMAGLIA IRENE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RUSSOTTO SALVATORE nato il 24/10/1969 a VERCELLI

avverso la sentenza del 04/10/2016 del TRIBUNALE di VERCELLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIA
FRANCESCA LOY
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore
L’avv. SCHEDA espone le ragioni a sostegno della richiesta di reiezione del
ricorso come da conclusioni che deposita unitamente alla nota spese.
L’avv. THERMES si riporta al ricorso e ne chiede l’accoglimento.

Data Udienza: 26/03/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ricorre Russotto Salvatore avverso la sentenza del Tribunale di Vercelli del
4 ottobre 2016, con la quale è stata confermata la sentenza del Giudice di pace

condanna del Russotto alla pena di giustizia per il delitto di percosse commesso
nei confronti di Braghin Stefano.
2. L’atto di impugnativa è affidato a cinque motivi enunciati nei limiti imposti
dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Il primo motivo denuncia il vizio di violazione di legge, in relazione agli
artt. 197,

197-bis e 371 comma 2, lett. b) cod. proc. pen., con riguardo

all’ordinanza in data 4 ottobre 2016, con la quale era stata esclusa l’ammissione
della testimonianza di Russotto Rosa, imputata del reato collegato di cui all’art.
594 cod. pen., perché successivamente prosciolta, con la stessa sentenza
impugnata, per intervenuta ‘aboliti° criminis’.
2.2. Il secondo motivo denuncia il vizio di mancata acquisizione di una prova
decisiva, con riguardo all’ordinanza del 4 ottobre 2016, con la quale era stata
esclusa l’acquisizione agli atti del processo di appello dei verbali di prova di altro
processo celebratosi nei confronti del Braghin per le lesioni personali cagionate al
ricorrente e di una richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero in
riferimento agli stessi fatti oggetto di regiudicanda, sul rilievo che, diversamente
da quanto opinato dal giudice censurato, si trattava di prove attinenti agli stessi
fatti e, perciò, decisive.
2.3. Il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione
all’argomentazione sviluppata nell’ordinanza del 4 ottobre 2016 per escludere
l’acquisizione del parere medico legale a firma del Dottor Roberto Messina, posto
che il giudice censurato aveva omesso, comunque, di valutare la consulenza
tecnica di ufficio del Bertone già depositata in atti.
2.4. Il quarto motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione all’ordinanza
del 4 ottobre 2016 sul rilievo che la giustificazione addotta dal giudice di appello
secondo la quale il parere del Dottor Roberto Messina non costituirebbe una prova
sopravvenuta ma una prova nuova, che non ricade sotto il regime della
rinnovazione obbligatoria ex art. 603, comma 2, cod.proc.pen. ma della
rinnovazione discrezionale di cui all’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., non
avrebbe tenuto conto della decisività del contributo chiarificatore dell’esperto.
2

della stessa città, emessa in data 28 gennaio 2015, nella parte relativa alla

2.5. Il quinto motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione al contenuto
delle dichiarazioni dei testi Braghin e Abbrescia.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Manifestamente infondato è il motivo di ricorso che si dirige sulla mancata
ammissione della testimonianza della imputata di reato collegato Russotto Rosa,
atteso che l’audizione della stessa in tale veste sarebbe stata possibile, ai sensi
degli artt. 197 e 197-bis cod. proc. pen., solo nell’ipotesi in cui nei confronti della

lett. b), cod. proc. pen., fosse stata pronunciata sentenza irrevocabile di
proscioglimento prima dell’ordinanza in data 4 ottobre 2016 e non, invece, con la
sentenza impugnata.
3.2. Manifestamente infondato è il rilievo censorio che si riferisce alla mancata
acquisizione dei verbali delle prove assunte nel processo che vedeva imputato il
Braghin nei confronti di Russotto per il delitto di lesioni personali. Correttamente
il giudice dell’appello ne ha negato il rilievo nel processo a carico del Russotto per
il delitto di percosse in considerazione della diversità del fatto: l’identità del fatto
sussiste, infatti, soltanto quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella
configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta,
evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di
persona (Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016 – dep. 14/03/2017, P.C. in proc.
Bordogna e altri, Rv. 270387). Connotazione, quella evocata, che, all’evidenza,
non ricorre nel caso censito, tenuto conto della diversità delle persone
dell’imputato e della persona offesa, della condotta e dell’evento. Né coglie nel
segno la doglianza avente ad oggetto della mancata acquisizione della richiesta di
archiviazione presentata nel procedimento a carico del Russotto dal Pubblico
Ministero, perché superato tale provvedimento dalla citazione a giudizio
dell’imputato e dalla condanna in primo grado.
3.3. Manifestamente infondati sono i motivi articolati con il terzo e il quarto
motivo di ricorso. Invero la mancata acquisizione del parere medico legale reso
dal Dottor Messina in data successiva alla sentenza di primo grado non rientra nel
novero delle prove sopravvenute – tali dovendosi intendere quelle che
sopraggiungono autonomamente, senza alcuno svolgimento di attività d’indagine,
o che vengono reperite dopo l’espletamento di un’opera di ricerca, la quale dia i
suoi risultati in un momento successiva alla decisione. (Sez. 3, n. 47963 del
13/09/2016, Rv. 268656) -, ma in quello delle prove nuove, perché già conosciute
o conoscibili all’epoca del dibattimento di primo grado. Avendo il giudice di appello
argomentato – in adesione alla costante linea ermeneutica espressa da questa
Corte di legittimità in ordine ai presupposti della rinnovazione dell’istruttoria
3

imputata del reato collegato, di cui all’art. 594 cod. pen., ex art. 371, comma 2,

dibattimentale in grado di appello ai sensi dell’art. 603, comma 1, cod. pen. (Sez.
5, n. 43464 del 09/05/2002, Pinto ed altri, Rv. 223541 – quanto al non trovarsi
nella situazione di non poter decidere allo stato degli atti, la statuizione circa il
rigetto del supplemento istruttorio è immune da censure.
Non merita considerazione neppure la doglianza che si riferisce alla mancata
menzione in sentenza dell’accertamento peritale medico legale del Dottor Bertone.
E’ jus receptum, infatti, che, in tema di difetto di motivazione, il giudice di merito

probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce quelli che,
in base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere,
purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Sotto tale profilo, dunque, la
censura di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti,
costituisce una censura del merito della decisione, in quanto tende,
implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario,
sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri (Sez. 5,
n. 2459 del 17/04/2000, Garasto L, Rv. 216367).
3.4. Privo di pregio è, infine, il motivo di ricorso che tende ad evidenziare le
contraddizioni nelle testimonianze a carico e i contrasti tra di esse esistenti. Per
pacifica giurisprudenza di legittimità, non può, infatti, formare oggetto di ricorso
per cassazione la valutazione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti
versioni ed interpretazioni dei fatti e l’indagine sull’attendibilità dei testimoni, salvo
il controllo sulla congruità e logicità della motivazione che, nella fattispecie, appare
coerente e logica (Sez. 4, n. 8090 del 25/05/1981, Amoruso, Rv. 150282). Infatti
il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto
insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere
al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni
elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità
degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o
illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della Corte Suprema (Sez. 2, n. 20806
del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362).
4. Le suesposte considerazioni impongono la dichiarazione di inammissibilità
del ricorso cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle
ammende, nonché alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della
parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 oltre accessori di legge.

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non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende, nonché alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della
parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 oltre accessori di legge.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Irene Scordamaglia

Gerardo Sabeone

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Depositato in
Roma, lì

Cancelleria

Così deciso il 26/03/2018.

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