Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18108 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18108 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
KUSHTAJ MARIGLEN (ALIAS SHAHAJ MARIUS )N. IL 15.03.1983

avverso la ordinanza del TRIBUNALE DELLA LIBERTA’ DI FIRENZE in data 20.01.2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, udite le
conclusioni del PG in persona del dott. Giulio Romano che ha chiesto il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1.

2.

3.

Con l’impugnata ordinanza il Tribunale della Libertà di Firenze ha confermato
l’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa
nei confronti di Kushtaj Mariglen (e Mehmeti Klaudio non ricorrente in questa sede)
dal GIP presso il Tribunale di Firenze in data 17 dicembre 2013.
Il Kushtaj è indagato del reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990,
nonché di due reati fine di cui ai capi 2A e 2F.
Avverso tale decisione ricorre il Kustaj a mezzo del proprio difensore, censurando
l’impugnata ordinanza in punto di sussistenza dei gravi indizi ex art. 273 cod. proc.
pen. con riguardo al reato associativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Secondo quanto evidenziato nell’ordinanza impugnata, il procedimento muove dagli
esiti di una complessa attività d’indagine svolta attraverso intercettazioni telefoniche
e ambientali, i cui esiti erano anche riscontrati da una serie di arresti operati nella
flagranza del reato di spaccio e dal sequestro di sostanza stupefacente. Il compendio
indiziario ricavato è stato, quindi, ritenuto fortemente indicativo dell’esistenza di una
stabile struttura deputata al traffico e alla commercializzazione di ingenti quantitativi
di stupefacenti del tipo marijuana e cocaina. Del sodalizio in questione, secondo

Data Udienza: 20/05/2014

l’ipotesi accusatoria, faceva parte anche l’odierno ricorrente individuato come uno dei
capi del sodalizio stesso dedito a contattare in Albania i fornitori di stupefacente ed
alla fornitura di partite di droga ai referenti in Italia. Prendendo in esame i motivi di
gravame, che investivano in particolare la sussistenza di gravi indizi in ordine al
reato associativo contestato, il Tribunale della libertà confermava integralmente le
valutazioni operate dal primo giudice.
Giova rammentare al riguardo che, secondo costante insegnamento di questa S.C.,
per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti de
libertate, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi
materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ di
rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze
cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito
rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale
del riesame. Il controllo di legittimità è, quindi, circoscritto all’esame del contenuto
dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno
determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6, n. 2146 del
25/05/1995, Tontoli ed altro, Rv. 201840).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle
esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., è, quindi, rilevabile in cassazione
soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o
manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento
impugnato.
Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda ne’ la ricostruzione dei fatti, ne’
l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e
concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che, pur
investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione di circostanze esaminate dal gìudice di merito (cfr. ex multis Sez.
1, n. 1769 del 23/03/1995, Ciraolo, Rv. 201177). Ne discende che, ove venga
denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, essendo in via esclusiva demandato al giudice di merito “la valutazione
del peso probatorio” degli stessi, alla Corte di cassazione spetta solo il compito “… di
verificare.., se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che
l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie” (Sez. 4, n. 22500 del
03/05/2007, Terranova, Rv. 237012). È appena il caso poi di sottolineare come gli
elementi istruttori in sede cautelare chiedono d’essere valutati nella fluida
prospettiva della gravità indiziaria riferita alla riconducibilità all’indagato delle
fattispecie criminose agli stessi ascritte, la cui funzione (fungi dal dover attestare in
termini di piena certezza probatoria la responsabilità penale dell’indagato) non può
che limitarsi al riscontro di una rilevante probabilità di fondatezza delle ipotesi
criminose prospettate in sede d’accusa.
Nel caso di specie l’ordinanza impugnata ha giustificato la propria valutazione degli
elementi indiziari con motivazione dotata di logica coerenza e linearità
argomentativa, che come tale, per le ragioni dette, si sottrae a censure nella
presente sede di legittimità.
I giudici del merito hanno invero riscontrato le ipotesi accusatorie sulla base di una
analitica ed esaustiva valutazione degli elementi di indagine, rappresentati
essenzialmente, ma non solo, per quel che riguarda la specifica posizione
dell’odierno ricorrente, dagli esiti delle captazioni dei colloqui telefonici.
L’alta valenza indiziaria delle chiare e alquanto esplicite indicazioni ricavabili dalle
conversazioni non appare revocabile in dubbio e del resto non lo è nemmeno dal
ricorrente che appunta le doglianze sostanzialmente sul solo rilievo della mancanza di
altre emergenze istruttorie.
Tale rilievo tuttavia si appalesa inidoneo a inficiare l’efficacia dimostrativa attribuibile,
specie nella presente fase cautelare, alle dichiarazioni predette, non potendosi in

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La
Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore
dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94
comma 1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso nella camera di consiglio del 20 maggio 2014
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

particolare dubitare della loro intrinseca attendibilità – stante la spontaneità delle
stesse – e della irrilevanza della mancanza di riscontri esterni. A tal riguardo devesi
rammentare che, secondo pacifico indirizzo della giurisprudenza di questa S.C. gli
indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono infatti costituire fonte
diretta di prova della colpevolezza dell’imputato – e indipendentemente se sia lui
stesso il conversante – e non devono necessariamente trovare riscontro in altri
elementi esterni, qualora siano: a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e
quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non
suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non
contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi (Sez. 4, n. 22391
del 02/04/2003, Qehalliu Luan, Rv. 224962).
A fronte di un tale impianto motivazionale, le censure in questa sede mosse dal
ricorrente, meramente reiterative di quelle già prese in esame nell’ordinanza
impugnata, si appalesano generiche e non si confrontano compiutamente con le
contrarie argomentazioni svolte nell’ordinanza impugnata, risolvendosi nella spesso
apodittica e autoreferenziale contrapposizione di mere affermazioni di segno opposto,
avulse da specifici riferimenti ai passaggi motivazionali censurati e da esaustiva
illustrazione delle ragioni di critica ad essi riferite.
4. In ragione delle considerazioni che precedono deve pertanto pervenirsi al rigetto del
ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito
dall’art. 94 comma 1 ter disp. att. c.p.p.

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