Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18107 del 01/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18107 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MINIC BOZIDAR N. IL 12/05/1949
avverso l’ordinanza n. 3923/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del
19/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
lettegef4i4e-le conclusioni del PG Dott. f-AAr 1/41‘’ C-Cr D kek.4.7e.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 01/04/2014

Ricorrente MINIC BOZIDAR

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 19 novembre 2012, la Corte d’appello di GENOVA rigettava la
domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da

MINIC BOZIDAR

commesso in concorso, ai danno dei coniugi Costantini / Bresci dal quale fu
assolto con sentenza del Tribunale di Genova, confermata dalla Corte d’appello
di Genova.
La Corte d’appello ha ritenuto di desumere la ricorrenza degli estremi
colpa grave ostativa all’accoglimento

della

dell’istanza, quantomeno sinergica

all’emissione dell’ordinanza restrittiva della libertà personale, dalla condotta
dell’istante,connotata da menzogne e da reticenze in luogo di un immediato
chiarimento della propria posizione a fronte, da un lato, degli stretti contatti
intrattenuti con personaggi gravitanti nel traffico di illecito di opere d’arte e,
dall’altro, dagli ambigui incontri e frequentazioni con il correo Ottaggio e con il
Grovale, medico di base delle parti offese e frequentatore della loro abitazione (
ove erano custoditi oggetti e quadri di valore ) il quale, pur dichiarandosi
estraneo ai fatti, fu la fonte di sospette propalazioni verosimilmente volte ad
“indirizzare” gli esecutori materiali della rapina, peraltro rimasti ignoti.
Propone personalmente ricorso per cassazione il MINIC articolando un unico
motivo di annullamento per violazione dell’art. 314 cod.proc.pen. e per il vizio di
illogicità della motivazione, così sintetizzato.
Sostiene il ricorrente che il Giudice della riparazione avrebbe sottoposto ad
un’illegittima rivisitazione quanto accertato nel giudizio di merito, non
limitandosi a valutare se il comportamento doloso o gravemente colposo del
richiedente avesse costituito quantomeno concausa dell’applicazione della
custodia cautelare con particolare riferimento all’incontro avvenuto nel
pomeriggio del 16 febbraio 2007, all’interno di un appartamento sito in vico
Casana a Genova dove il Govale fu condotto da Ottaggio e dove poi si recò
anche il Minic. Assume il ricorrente che, secondo il Giudice della cognizione, la
frase pronunziata dal Minic, rivolgendosi al Govale dopo aver riconosciuto un
carabiniere nei pressi del portone: ” stronzo! Io in galera per te non ci voglio
andare ” non poteva intendersi esclusivamente come un’implicita confessione
degli imputati quali compartecipi della rapina, posto che in atti erano emersi
precedenti legami tra i tre per vicende giudiziarie connesse alla ricettazione di
opere d’arte di provenienza furtiva.

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x

dall’ 1 giugno 2007 al 5 febbraio 2009 quale imputato del delitto di rapina

Il Procuratore Generale presso questa Corte, con la requisitoria scritta in atti, ha
concluso per il rigetto del ricorso, evidenziata in particolare
motivazione del provvedimento impugnato

l’esaustiva

laddove si è sottolineata la

sussistenza di ambigue frequentazioni del Minic con personaggi coinvolti nel
traffico illecito di opere d’arte oltrechè con pregiudicati per reati contro il
patrimonio.
Il Ministero resistente, come rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato, con memoria depositata il 15 marzo 2014, ha richiesto il

Considerato in diritto

Il ricorso va giudicato inammissibile.
Si rileva come l’atto risulti invero interamente redatto e sottoscritto
personalmente ed esclusivamente dalla parte interessata Minic BOZIDAR,
recando unicamente in calce la ” conferma ” della nomina quale difensore e
procuratore speciale dell’avv. Alessandro Famularo del Foro di Genova, ”
delegando lo stesso al deposito del suesteso ricorso “.

In calce, di seguito alla

suddetta nomina, risulta apposta la firma del legale unicamente “per autentica ”
di quella del ricorrente.
Non ignora il Collegio che, in linea di principio,alla stregua di consolidato e
prevalente insegnamento della giurisprudenza di questa Corte,dal quale non
intende discostarsi ( cfr.

ex multis: S.U. ord. n. 34535 / 2001; S. U. ord.

n.19/2000; Sez. 4 n. 41636/ 2010; Sez. 3 n.13197/2008; Sez. 4 n.38003/2002;
Sez. 4 n.506/1996), il ricorso di cui al combinato disposto degli artt. 315 e
646 cod. proc. pen. può esser esclusivamente proposto da difensore iscritto
nell’albo speciale della Corte di cassazione, come previsto dall’art. 613 dello
stesso codice, essendo riconosciuta al solo imputato la deroga a tale chiaro
precetto, a norma dell’ art. 571, comma 10 codice di rito.
Ancorchè non rivesta alcuna rilevanza, ai fini dell’osservanza delle disposizioni
regolanti l’jus postulandi il fatto che, nello specifico caso, il ricorso contenga in
calce la ” conferma ” della nomina dell’avv. Alessandro Famularo ( di fatto
unicamente delegato al deposito dell’atto di impugnazione ) giacchè è
palesemente dimostrato, dalla sottoscrizione e dalla formale redazione dell’atto,
che la paternità del ricorso risale esclusivamente al solo interessato,giova
tuttavia comunque annotare che il nominato difensore non risulta iscritto
nell’albo speciale per la Corte di cassazione.
Precluso resta quindi l’esame del merito del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché della una somma in euro 500,00 a

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rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione, trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente stesso
(cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000).
In applicazione del principio della soccombenza il ricorrente va altresì
condannato alla rifusione delle spese di questo giudizio, in favore del Ministero
resistente, come liquidate in dispositivo.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle
ammende nonché alla rifusione , in favore del Ministero delle Finanze, delle
spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 1000,00.
Così deciso in Roma,lì 1 aprile 2014.

PQM

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