Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18102 del 22/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18102 Anno 2018
Presidente: MICCOLI GRAZIA
Relatore: CALASELICE BARBARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

LUBERTO ALFREDO nato a Catanzaro il 13/03/1958

avverso la sentenza del 24/11/2016 della Corte di appello di Catanzaro

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Barbara Calaselice;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Gabriele
Mazzotta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Catanzaro, con il provvedimento impugnato, ha
confermato la sentenza del Tribunale di Paola con la quale Alfredo Luberto veniva
condannato, per il reato di cui agli artt. 216, comma 1, n. 1 e 2, aggravato ai sensi
dell’art. 219 Legge fall., ritenuta la continuazione tra i fatti giudicati e quelli
oggetto di sentenza di condanna, irrevocabile il 17 ottobre 2013, del Giudice

dieci di reclusione, oltre pene accessorie di legge, nonché al risarcimento dei danni
in favore della parte civile.

2. Avverso l’indicata pronuncia ha proposto tempestivo ricorso per cassazione
l’imputato, tramite il difensore di fiducia, avv. Angelo Pugliese, con il quale
eccepisce violazione di legge quanto all’individuazione della pena irrogata,
riconosciuta la continuazione con precedente giudicato.
2.1 Il ricorrente assume, in primo luogo, che i giudici di merito hanno errato
nel ritenere reato più grave quello giudicato con la sentenza irrevocabile,
motivando detta scelta con la circostanza che si trattasse di pena irrogata con
sentenza coperta da giudicato.
2.2. In secondo luogo il ricorrente assume che, anche a voler ritenere più
grave la violazione decisa con la sentenza irrevocabile, questa non avrebbe dovuto
essere presa in considerazione con riferimento alla pena nella sua entità finale, di
anni cinque di reclusione, in quanto dalla stessa andavano scorporati gli aumenti
operati, ex art. 81 cod. pen., per fatti di appropriazione indebita da ritenere
assorbiti, ex art. 84 cod. pen., nella condanna per bancarotta fraudolenta.

3. Si osserva che il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
3.1. La prima questione proposta va respinta posto che la Corte territoriale
ha correttamente applicato i principi di questa Corte di legittimità secondo i quali,
nel caso di continuazione tra reati in parte decisi con sentenza definitiva ed in
parte sub iudice, la valutazione circa la maggiore gravità delle violazioni, ai fini di
determinare il reato più grave ex art. 187 disp. att. Cod. proc. pen., deve essere
compiuta confrontando la pena irrogata per i fatti già giudicati con quella irroganda
per i reati al vaglio del decidente, attesa la necessità di rispettare le valutazioni in
punto di determinazione della pena già coperte da giudicato e, nello stesso tempo,
di rapportare grandezze omogenee (Sez. 6, n. 36402 del 04/06/2015, Fragnoli,
Rv. 264582; Sez. 2, n. 935 del 23/09/2015, dep. 2016, Vella, Rv. 265733).

2

dell’udienza preliminare del Tribunale di Paola, alla pena di ulteriori anni uno mesi

Applicando tali principi i giudici di merito hanno in definitiva, sulla pena base
di anni cinque di reclusione, irrogata con la sentenza n. 317/2009 che ha definito
il diverso procedimento svolto dinanzi al Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Paola, irrogato l’aumento determinato, per la bancarotta fraudolenta
e documentale sub iudice, in anni uno mesi dieci di reclusione, motivando in modo
non arbitrario, né manifestamente illogico circa la ragione della misura della pena
adottata (pag. 14 e 15 della sentenza di appello). E’ noto poi, che la pronuncia di

n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347), citata nel ricorso, non ha preso
in esame il rapporto tra fatti giudicati con sentenza irrevocabile e reati ancora sub
iudice, come quello di specie, ma ha affermato il principio di diritto secondo il
quale, in tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in
astratto, in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in
rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all’eventuale
giudizio di comparazione fra di esse, assumendo detta linea interpretativa in ordine
a fattispecie relativa a più reati non ancora giudicati con pronunce irrevocabili.

4. La seconda questione posta con il ricorso è inammissibile sotto diversi
profili. Si denuncia vizio di violazione di legge quanto alla illegalità della pena per
avere i giudici di merito posto a base del calcolo quella irrogata con la sentenza
irrevocabile, mentre ai sensi degli artt. 81 e 84 cod. pen., quella concernente gli
aumenti di pena ex art. 81 cod. pen. per i reati di appropriazione indebita,
andrebbe elisa per essere, quelle condotte, già ricomprese nella bancarotta per
distrazione sub iudice. Tale lagnanza riguarda sia il ricorso che i motivi di appello
che concludevano chiedendo l’assoluzione dell’imputato anche ai sensi dell’art.
530, comma 2, cod. proc. pen., nonché in via subordinata l’esclusione
dell’aggravante, la concessione delle generiche e la correzione della disciplina del
reato continuato (cfr. conclusioni dell’atto di appello del 5 ottobre 2015). Nell’atto
di appello si spiega, come nel ricorso per cassazione, che il fatto giudicato con la
sentenza di condanna irrevocabile non sarebbe quello più grave, perché la pena di
anni cinque di reclusione andrebbe ridotta degli aumenti per i reati di
appropriazione indebita, che sono necessariamente da considerare assorbiti nella
bancarotta per distrazione. Quindi si prospetta la questione dell’illegalità della
pena sotto il profilo dell’esatta determinazione dell’entità della pena base, oltre
che sotto il profilo della corretta individuazione del reato più grave tra quelli
giudicati e quelli di bancarotta fraudolenta per distrazione sub iudice.

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questa Corte di legittimità adottata nella sua composizione più autorevole (Sez. U,

Tale deduzione, tuttavia, non è specifica posto che non indica analiticamente
i reati satellite, giudicati con la sentenza irrevocabile, che andrebbero scorporati
dall’entità della pena finale di anni cinque di reclusione per i quali si deduce
l’assorbimento nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione; né si indica
l’ammontare della pena irrogata a tale titolo, tenuto conto, peraltro, che la
motivazione della Corte territoriale, invece, dà atto dell’avvenuto “scorporo” delle
condotte di appropriazione indebita, ai fini della determinazione dell’aumento da

limitatamente alla diversa condotta di bancarotta documentale, parimenti
contestata (cfr. pag. 14 della sentenza di secondo grado, che richiama quella di
primo grado, folli 45 e sgg.); con la conseguenza che le condotte di bancarotta
fraudolenta per distrazione, giudicate quali appropriazione indebita non hanno
avuto alcuna incidenza sull’ammontare dell’aumento disposto ai sensi dell’art. 81
cod. pen.
Si osserva, in ogni caso, che le condotte distrattive, contestate
nell’imputazione di bancarotta fraudolenta nel presente procedimento, sono
molteplici e poste in essere in tempi diversi. Si tratta, infatti, di dissimulazione di
cessione di credito a favore del gruppo Marafioti, con distrazione di fondi, a favore
della Fondazione Papa Giovanni XXIII, reiterate mediante utilizzo di diverse fatture
relative ad operazioni inesistenti, nonché protrattesi con distrazione di fondi
utilizzati per scopi diversi da quelli statuiti, o per acquisti di beni diversi da quelli
contabilizzati, ovvero mediante utilizzo di fatture di acquisto o prestazione di
servizi pur contabilizzate dall’Istituto, ma mai resi nella disponibilità della
Fondazione.
Orbene va rilevato in via generale che, secondo il recente orientamento di
questa Corte di legittimità, i reati di appropriazione indebita e bancarotta
patrimoniale, pur essendo fattispecie tra loro strutturalmente diverse, contemplano
elementi costitutivi che danno luogo ad un reato complesso ex art. 84 cod. pen. (Sez.
5, n. 48743 del 29/10/2014, Flecchia, Rv. 261301; Sez. 5, n. 37298 del 09/07/2010,
Lombardo, Rv. 248640). Si assume, inoltre, che le due fattispecie sono strutturalmente
diverse, integrando, se consumate contestualmente, un reato complesso con
assorbimento del delitto d’appropriazione indebita in quello di bancarotta fraudolenta,
ma se realizzate in tempi diversi, un reato progressivo, con conseguente
applicazione, nel caso di specie, dell’art. 170 cod. pen. (Sez. 5, n. 2295 del
03/07/2015 del 2016, Marafioti, Rv. 266018; Sez. 5, n. 4404 del 18/11/2008,
Ricci e altri, Rv. 241887; Sez. 5, n. 37567 del 04/04/2003, Sivieri, Rv. 228297).

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operare ex art. 81 cod. pen. Sicché tale aumento risulta, nella specie, già irrogato

E’ noto, poi, che non viene considerato configurabile, da questa Corte di
legittimità, il concorso formale dei reati di bancarotta fraudolenta ed
appropriazione indebita soltanto ove vi sia perfetta identità della cosa su cui si
sono concentrate le rispettive attività criminose e simultaneità delle attività stesse,
poste in essere al riguardo dal singolo imprenditore o dall’amministratore di una
società, poi fallita, che per effetto del susseguente fallimento vengono ad essere
qualificati come attività illecite e penalmente perseguibili, unica risultando, inoltre,

distratti, integrando un siffatto comportamento una sola ipotesi criminosa e
precisamente quella di bancarotta fraudolenta (Sez. 5, n. 37298 del 09/07/2010,
Lombardo, Rv. 248640 Sez. 5, n. 37567 del 04/04/2003, Sivieri, Rv. 228297).
Sicché, anche tenendo presente tale indirizzo, la questione posta non è
specifica, posto che non indica se non in modo generico, quali condotte già
giudicate dovrebbero essere reputate del tutto corrispondenti e sovrapponibili a
quelle sub iudice.
Si osserva, infine, che il vizio così come lamentato, lungi dall’essere incidente,
come dedotto, soltanto sull’illegalità della pena, presupporrebbe, per tutto quanto
sin qui esposto, l’accertamento nel merito del dedotto assorbimento; sicché si
tratta di violazione di legge che sotto tale profilo, andava prospettata alla Corte
territoriale e che, quindi, risulta inammissibile anche ai sensi dell’art. 606, comma
3, cod. proc. pen.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso il 22/02/2018

Il Consigliere estens

Presid te

Barbara Calaselice

razià Mic oli

Depositato in Cancelleria
Roma, lì

la destinazione data dal soggetto attivo ai beni da lui appresi indebitamente e

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