Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18098 del 01/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18098 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Crapella Pietro n. il 9/8/1967
avverso la sentenza n. 1198/2013 pronunciata dalla Corte d’appello di
Milano il 17/4/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 1/4/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. A. Policastro, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 01/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 17/04/2014, la corte d’appello di Milano ha
integralmente confermato la sentenza in data 3/12/2012 con la quale il tribunale
di Sondrio ha condannato Pietro Crapella alla pena di quattro mesi di reclusione
in relazione al reato di omicidio colposo commesso, in violazione delle norme
sulla disciplina della circoscrizione stradale, ai danni di Enza Barletta, in
Montagna in Valtellina, il 17/7/2010.
All’imputato era stata originariamente contestata la violazione dei

indicate nel capo di imputazione, poiché, in occasione del fatto per cui è giudizio,
procedendo alla guida del proprio motoveicolo Ape Piaggio, sulla strada
panoramica dei castelli con direzione Trevisio, giunto in Montagna Valtellina, nei
pressi dell’intersezione stradale a sinistra con la via Ponte Prada, non prestando
la dovuta attenzione alla guida, alla strada e creando pericolo e/o intralcio alla
circolazione, intraprendeva una manovra di svolta a sinistra in direzione della
predetta strada comunale, senza controllare adeguatamente che non
sopraggiungessero veicoli alle proprie spalle, con la conseguenza che, mentre
stava effettuando la conversione e si trovava già nell’opposta corsia di marcia, la
parte laterale sinistra del suo veicolo veniva urtata dalla parte anteriore laterale
destra del motociclo Honda condotto da Dario Vitalini, con a bordo Enza Barletta,
che stava sopraggiungendo da tergo e che aveva intrapreso una manovra non
consentita di sorpasso in prossimità e corrispondenza dell’intersezione stradale
regolarmente segnalata dalla cartellonistica verticale e dalla segnaletica
orizzontale.
A causa delle condotte dei conducenti, i due motoveicoli entravano in
collisione nella corsia opposta a quella originariamente percorsa da entrambi, al
centro della stessa, con conseguente perdita di controllo da parte del conducente
del motociclo Honda, che rovinava sul manto stradale, mentre la passeggera
Enza Barletta riportava gravissime lesioni personali che ne determinavano il
decesso.

2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato sulla base di quattro motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza
d’appello per violazione di legge, avuto riguardo all’avvenuta notificazione
all’imputato dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione dell’appello
dinanzi alla corte territoriale presso il proprio difensore di fiducia (ai sensi
dell’art. 157, co. 8-bis, c.p.p.), pur avendo regolarmente eletto domicilio in altro
luogo.

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tradizionali parametri della colpa generica, nonché delle norme di colpa specifica

3. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per
violazione di legge e vizio di motivazione, avendo i giudici di merito omesso di
approfondire la circostanza consistita nella mancata predisposizione, da parte
dell’amministrazione pubblica competente, di una barriera di protezione a
margine della strada percorsa dal motociclo sulla quale viaggiava la vittima; con
la conseguenza che, mentre il conducente del motociclo, a seguito della caduta,
si era fermato in un punto ove il guard rad giunge sino a terra riportando lesioni

di un’adeguata rete di protezione.
Al riguardo, i giudici di merito, limitandosi ad asserire l’ininfluenza della
circostanza ai fini della responsabilità dell’imputato (attesa la limitata funzione
del guard rail di contenere i veicoli uscenti dalla carreggiata), ha erroneamente
ritenuto superfluo accertare se il gestore della strada avesse ottemperato
all’obbligo di eliminare, adottando le dovute cautele, tutte le fonti di pericolo per
gli utenti della strada, con il conseguente mancato accertamento della relativa
eventuale responsabilità per il decesso della Barletta.

4. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge e del
vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, per avere i
giudici del merito omesso di ascrivere un adeguato rilievo, ai fini dell’interruzione
del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e il decesso della Barletta, alla
condotta di guida tenuta dal conducente il motoveicolo Honda, avendo
quest’ultimo, nell’occasione in esame, tentato di eseguire una manovra di
sorpasso in un punto della strada ove tale manovra era vietata, oltre che
pericolosa a causa della presenza dell’intersezione, con la conseguente esclusiva
responsabilità dello stesso per la causazione dell’evento lesivo nella specie
verificatosi, in ragione dell’assoluta eccezionalità e abnormità di tale condotta.

5. Con il quarto e ultimo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata
per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale
erroneamente ritenuto sussistente l’elemento soggettivo della colpa in capo
all’imputato, nonostante l’assoluta e oggettiva imprevedibilità dell’abnorme
condotta di guida del conducente il motoveicolo Honda.

CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Il primo motivo d’impugnazione proposto dal ricorrente è fondato.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità – sanzionato dal
conforme

pronunciamento

delle

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sezioni

unite

deve

di lieve entità, la Barletta ebbe a precipitare nell’alveo sottostante, per assenza

ritenersi nulla la notificazione eseguita a norma dell’art. 157, co.

8-bis, c.p.p.

presso il difensore di fiducia, qualora l’imputato (come nella specie puntualmente
avvenuto) abbia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni, essendo
l’operatività dell’art. 157, co. 8-bis, c.p.p. strettamente subordinata all’assenza
di una dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’imputato.
Tale vizio ha natura di nullità di ordine generale a regime intermedio che
può ritenersi sanata nei soli casi in cui risulti provato che la notificazione nulla
non abbia impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il

dedotta, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184, co. 1, alle
sanatorie generali di cui all’art. 183, alle regole di deducibilità di cui all’art. 182,
oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 c.p.p. (v. Sez. Un., Sentenza
n. 19602 del 27/03/2008, Rv. 239396).
Ciò posto, nel caso di specie, il decreto di citazione per la celebrazione del
giudizio d’appello è stato notificato all’imputato unicamente presso lo studio dei
relativo difensori di fiducia (avv.ti Vincenzo Villante e Chiara Villante), in Brescia,
via Solferino 23, ai sensi dell’art. 157, co.

8-bis, c.p.p., là dove l’imputato

(rimasto contumace in appello, senza aver rinunciato a comparire) aveva in
precedenza ritualmente eletto domicilio in Montagna in Valtellina, via
Panoramica, 839, dove tutti i pregressi atti del giudizio gli erano stati
ritualmente notificati.
La notificazione del decreto di citazione per il giudizio d’appello effettuata
all’imputato ai sensi dell’art. 157, co. 8-bis, c.p.p., in presenza di una rituale
elezione di domicilio, è da ritenersi pertanto affetta da nullità generale a regime
intermedio, ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.p..
Al riguardo, vale evidenziare come il difensore dell’imputato abbia
provveduto tempestivamente ad eccepire detta nullità, rilevandone
espressamente il ricorso all’udienza di discussione dell’appello del 17/4/2014
(cfr. il relativo verbale in atti).
Nessuna rilevanza, sul punto, può essere riconosciuta all’asserzione con la
quale la corte d’appello (con ordinanza pronunciata alla richiamata udienza del
17/4/2014) ha disatteso detta eccezione (per non avere l’interessato dimostrato
in concreto il pregiudizio arrecato ai propri diritti di difesa), valendo nella specie
il diverso e opposto principio (ribadito dalla richiamata sentenza delle Sezioni
unite di questa Corte) secondo cui la ridetta nullità può ritenersi sanata là dove,
a fronte della nullità della vocatio in iudicium dell’imputato, risulti (non già che lo
stesso abbia trascurato di comprovare il pregiudizio subito, bensì piuttosto) che
sia rimasto oggettivamente comprovato che detta nullità non abbia impedito

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diritto di difesa, nonché nei casi in cui la stessa non sia stata tempestivamente

all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa
(cfr. Sez. Un., Sentenza n. 19602 del 27/03/2008, Rv. 239396, cit.).
L’omessa specifica identificazione di tale prova (dell’avvenuta conoscenza
dell’esistenza dell’atto o dell’esercizio del diritto di difesa da parte dell’imputato),
comporta l’accertamento della nullità del decreto di citazione del Crapella per il
giudizio d’appello e, conseguentemente, di tutti i successivi atti del processo e
della sentenza in questa sede impugnata.

censure avanzate in questa sede dall’imputato – segue l’annullamento della
sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Milano per l’ulteriore corso.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia alla
Corte d’appello di Milano per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1.4.2015.

7. All’accoglimento del primo motivo di ricorso – assorbite le restanti

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