Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18093 del 01/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18093 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARI° EDOARDO N. IL 30/08/1966
avverso la sentenza n. 3715/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
09/06/2004
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Aldo Policastro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Erminio Mazzucco, che ha
concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso;

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Data Udienza: 01/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 9/06/2014, ha

parzialmente riformato con esclusivo riguardo alla confisca dell’autovettura,
omessa in primo grado, la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di
Belluno il 31/05/2013, che aveva dichiarato Ferrario Edoardo colpevole del reato
previsto dall’art. 186, comma 7, d. Igs. 30 aprile 1992, n.285 in relazione
all’art.186, comma 2, lett. c) del medesimo decreto, commesso in data 5

2.000,00 di ammenda con sospensione della patente di guida per un anno.

2.

Ferrario Edoardo ricorre per cassazione censurando la sentenza

impugnata per i seguenti motivi:
a) eccezione di incostituzionalità dell’art. 186, comma 7, cod. strada per la
violazione degli artt.24, 42,111 Cost. in quanto la confisca del veicolo
appartenente ad un terzo ha vulnerato il diritto di colui che non ha preso parte al
processo;
b) violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.- difetto di indizi gravi,
precisi e concordanti – inosservanza dell’art. 530 cod. proc. pen. per non essere
stato provato il rifiuto. Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello non abbia
tenuto in debito conto la palese e incontestata incapacità fisica dell’imputato di
sottoporsi alla prova dell’etilometro. Dal verbale di accertamenti urgenti e dalla
deposizione dell’agente accertatore, si assume, emergeva lo stato di alterazione
e scompenso psico-fisico del ricorrente, per cui era soggettivamente inidoneo ad
espletare la prova, non essendo emerso nella sua condotta nell’imminenza del
fatto il rifiuto di sottoporsi all’accertamento. Secondo il ricorrente, di rifiuto non
si poteva parlare per assenza dell’elemento psicologico, non potendosi
equiparare l’impossibilità di attuare compiutamente l’alcoltest al rifiuto di
sottoporvisi ed essendo tenuti gli agenti a chiedere il consenso all’esame
ematico, solo in caso di rifiuto a tale esame potendo contestare il reato punito
dall’art. 186, comma 7, cod. strada. L’erronea applicazione di legge si ravvisa,
secondo il ricorrente, anche in relazione alla mancanza di prova che il rifiuto sia
stato consapevolmente espresso, avendo tenuto il ricorrente, per fatti
concludenti, sottoponendosi all’esame, un comportamento inconciliabile con il
reato per il quale è stato condannato. La testimonianza dell’agente accertatore
avrebbe ingenerato pallidi sospetti di un atteggiamento fraudolento da parte
dell’imputato, in contraddizione con l’incapacità fisica quale causa del mancato
esito positivo dell’alcoltest risultante dal verbale di accertamenti urgenti;

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novembre 2010, condannandolo alla pena di mesi nove di arresto ed euro

c) vizio di motivazione in ordine alla colpevolezza dell’imputato. Nel ricorso
si deduce che gli elementi dai quali è stato desunto il rifiuto erano contraddittori,
essendo la motivazione non effettiva, in quanto fondata su enumerazione di
elementi indiziari tra loro contrastanti senza un reale vaglio critico, illogica e
contraddittoria, per aver riportato tesi ed antitesi, e fondata su conclusioni
incompatibili con i risultati dell’istruttoria dibattimentale;
d) manifesta illogicità della motivazione in punto di determinazione della
pena, in quanto l’affermazione di gravità del fatto è basata su un presupposto

con carreggiata deserta.

3. Con memoria depositata il 13 marzo 2015 il ricorrente ha svolto motivi
aggiunti deducendo la rilevanza dell’eccezione di incostituzionalità perché il terzo
proprietario del veicolo potrebbe agire contro l’imputato per il danno derivante
dalla confisca dell’autovettura, reiterando le censure attinenti il vizio di
motivazione in merito alla prova del rifiuto e deducendo travisamento dei fatti in
merito alla determinazione della pena, non avendo la Corte territoriale rilevato
che solo due precedenti penali potessero in qualche modo incidere su tale
giudizio, essendo le altre condanne oggetto di condono o estinte per l’esito
positivo dell’affidamento in prova.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché proposto da soggetto
carente d’interesse.
1.1. Hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che
l’interesse richiesto dall’art.568, comma 4, cod.proc.pen. quale condizione
d’ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti
primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se
l’impugnazione sia idonea a costituire, attraverso l’eliminazione di un
provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per
l’impugnante rispetto a quella esistente. Occorre, cioè, che il provvedimento del
giudice sia idoneo a produrre una lesione della sfera giuridica dell’impugnante e
che l’eliminazione o la riforma della decisione gravata renda possibile il
conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole (Sez. U, n.42 del
13/12/1995, Timpani, RV. 203093; Sez.3, n.24272 del 24/03/2010, Abagnale,
Rv. 247685; Sez.1, n.36038 del 21/09/2005, Kibak, Rv.232254; Sez.6, n.26012
del 27/04/2004, Manghisi, Rv. 229977; Sez.6, n.2158 del 15/06/1998, Mazzesi,
Rv.212233).

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erroneo e travisato, non essendo la guida avvenuta alle 14:00 bensì alle 23:45

1.2. Nel caso in esame deve rilevarsi che, in base a quanto emerge dalla
sentenza impugnata, il veicolo Fiat Punto tg. AY255PS – condotto dall’imputato
all’atto del controllo dei Carabinieri – è risultato di proprietà di Mason Giampietro,
che al momento del fatto era a bordo dell’autovettura dal lato passeggero.
1.3. Oltre a richiamare la possibilità per il terzo proprietario del bene
confiscato di far valere il diritto alla restituzione mediante incidente di esecuzione
(Sez. 1, n. 47312 del 11/11/2011, Lazzoi, Rv. 251415), si deve qui in ogni caso
sottolineare che la confisca del veicolo disposta con il provvedimento impugnato

giuridica non è stata lesa, donde l’insussistenza dell’interesse a impugnare (Sez.
3, n.25493 del 22/04/2009, Petrosillo).

2. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso sono infondati.
2.1. Deve premettersi che, nella verifica della consistenza dei rilievi critici
mossi dal ricorrente, la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata
isolatamente, ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione
con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e
giuridiche pienamente concordanti, ditalchè – sulla base di un consolidato
indirizzo della giurisprudenza della Corte di legittimità – deve ritenersi che la
motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo
complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile (Sez. U, n.6682
del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229).
2.2. I giudici di merito hanno correttamente qualificato come rifiuto di
sottoporsi all’accertamento alcolemico la condotta dell’imputato, descritta nella
sentenza di primo grado in termini di e nella sentenza di appello, sulla scorta della deposizione
dell’agente accertatore, come segue: . Nella sentenza impugnata si
è rilevato che il rifiuto era stato attestato anche nel verbale di accertamenti
urgenti e si è ritenuto che, nonostante dal verbale risultasse l’incapacità del
generalizzato di eseguire la prova viste le sue incapacità psico-fisiche, la prova
dichiarativa avesse fugato ogni possibile dubbio in merito alla volontà
dell’imputato di non sottoporsi all’accertamento.
2.3. La Corte ha, dunque, ritenuto, in conformità al giudice di primo grado,
che il comportamento dell’imputato fosse sussumibile nella fattispecie astratta
che prevede la rilevanza penale del rifiuto di sottoporsi all’accertamento del
tasso alcolemico, interpretando come rifiuto la condotta ripetutamente elusiva
del metodo idoneo a consentire la rilevazione. Si tratta di corretta qualificazione
giuridica del fatto espressa con motivazione esente da vizi, non essendo previsto

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riguarda un bene non appartenente al ricorrente e che, pertanto, la sua sfera

che la condotta tipica del reato si debba concretare in un rifiuto verbale. Giova,
in proposito, ricordare che nella giurisprudenza della Corte di legittimità è stata
ritenuta sussumibile nella fattispecie astratta disciplinata dall’art.186, comma 7,
cod. strada anche la condotta ammissiva dello stato di ebbrezza, indirettamente
espressiva del rifiuto di sottoporsi all’accertamento (Sez.4, n.36566 del
18/09/2006, Baruffaldi, Rv. 235371; Sez.4, n.3444 del 12/11/2003, dep. 2004,
Simoncelli, Rv. 229784).
2.4. A ciò deve aggiungersi che la condotta tipica del reato contestato si

all’accertamento alcolimetrico (Sez. 4, n. 5909 del 08/01/2013, Giacone, Rv.
254792) e si distingue nettamente dalla condotta costitutiva del reato di guida in
stato di ebbrezza, rispetto al cui accertamento si può atteggiare, ancorchè non
strutturalmente, in termini di reciproca alternatività allorchè l’attività istruttoria
espletata non consenta di desumere aliunde lo stato di alterazione psico-fisica
penalmente rilevante del guidatore.

3. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente
infondato.
3.1. Con riguardo al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha
confermato la pena di mesi nove di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda
elencando i numerosi precedenti penali gravanti sull’imputato e valutando la
gravità del fatto (il riferimento alle ore 14:00 è un evidente refuso, essendo
pacifico che il fatto si sia verificato intorno alle ore 24:00). La Corte territoriale
non era, peraltro, tenuta ad enunciare in maniera articolata gli elementi
valutativi seguiti nella determinazione della pena, essendo l’obbligo
motivazionale inversamente proporzionale all’entità della sanzione irrogata, né è
possibile in questa sede operare un controllo così rigoroso del criterio adottato
come quello richiesto dal ricorrente, a fronte di una motivazione che, sul punto,
si presenta ampiamente satisfattiva. In ogni caso il giudice, alla luce dei criteri di
determinazione della pena di cui all’art. 133 cod. pen., può considerare
i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, e, pertanto, a maggior ragione
può tener conto dei reati estinti (Sez. 5, n. 39473 del 13/06/2013, Paderni,
Rv.257200). A ciò deve aggiungersi che la valutazione degli elementi sui quali si
fondano la concessione o il diniego delle attenuanti generiche, ovvero il giudizio
di comparazione delle circostanze, nonché in generale la determinazione della
pena, rientrano nei poteri discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio, se
effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art.133 cod.pen., è
censurabile in Cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi, avendo il giudice

sostanzia nella manifestazione di indisponibilità da parte dell’agente a sottoporsi

fornito adeguata e logica motivazione con riferimento alle ragioni giustificative
della conferma della sanzione applicata dal Tribunale.

4. Il ricorso, per le anzidette ragioni, deve essere rigettato; segue, a norma
dell’art.616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 1/04/2015

P.Q.M.

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