Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18091 del 01/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18091 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LIOTTA ANTONIO N. IL 09/10/1975
RESTIVO ANGELA N. IL 22/10/1974
avverso la sentenza n. 816/2010 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
06/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Aldo Policastro, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

CI-213,[a_parte

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Isor vv)

Data Udienza: 01/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza del 6/11/2013, ha

confermato la pronuncia di condanna emessa il 20/05/2010 dal Tribunale di
Cagliari, che aveva dichiarato Liotta Antonino e Restivo Angela colpevoli del
reato di furto aggravato ai sensi degli artt.61 n.5 e 625 n.2 cod. pen., commesso
in Sardara in data 25 gennaio 2008, e la sola Restivo del reato di furto aggravato
ai sensi degli artt.61 n.5, 624 bis e 625 nn.2 e 4 cod. pen., commesso in Sarroch

reclusione ed euro 120,00 di multa (Liotta Antonino) e di un anno e otto mesi di
reclusione ed euro 200,00 di multa (Restivo Angela).

2. Antonino Liotta e Angela Restivo ricorrono per cassazione censurando la
sentenza impugnata per i seguenti motivi:
a) vizio di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 629 cod. pen.
Secondo i ricorrenti la sentenza è viziata dalla evidente inattendibilità delle
individuazioni fotografiche e delle dichiarazioni testimoniali dei ricognitori, come
si desume dai plurimi precedenti difformi del tutto pretermessi nella motivazione.
In particolare, si ritiene erronea l’interpretazione data dalla Corte territoriale al
combinato disposto degli artt. 499 e 500 cod. proc. pen., dai quali si sarebbe
desunta una dicotomia tra contestazioni proprie e contestazioni improprie, con la
conseguenza che le dichiarazioni contenute nella denuncia-querela non
sarebbero utilizzabili ai fini delle contestazioni di cui all’art. 500 cod. proc. pen. I
ricorrenti sostengono che le dichiarazioni di scienza contenute nell’atto di
denuncia-querela siano pienamente utilizzabili ai fini delle contestazioni,
dovendosi distinguere la dichiarazione di scienza contenuta nella denuncia dalla
dichiarazione di volontà nella quale si sostanzia la querela, ancorché si tratti di
dichiarazioni spesso contenute in un unico atto, tanto è vero che l’art. 431 cod.
proc. pen. prevede l’inserimento nel fascicolo del dibattimento dei soli atti relativi
alla procedibilità dell’azione penale, tra i quali la querela, mentre ai sensi
dell’art.433 cod. proc. pen. le denunce restano nel fascicolo del pubblico
ministero e possono essere utilizzate per le contestazioni di cui all’art. 500 cod.
proc. pen. La Corte distrettuale, si assume, avrebbe trascurato gli elementi di
inattendibilità della testimonianza di Murru Francesco a carico di Antonino Liotta
in quanto ritenuti oggetto di contestazioni improprie; sarebbe stato trascurato,
inoltre, l’accertato grave deficit visivo del testimone, all’epoca dell’identificazione
fotografica ottantatreenne, oltre al fatto che l’album fotografico fosse stato posto
a distanza di qualche metro, ritenuta illogicamente dalla Corte misura idonea a
consentirgli di vedere bene. Nessuna rilevanza è stata attribuita al

2

in data 24 gennaio 2008, condannandoli rispettivamente alla pena di 10 mesi di

condizionamento subito dalla persona offesa o al fatto che il testimone abbia
riferito che i responsabili del reato si erano allontanati a bordo di una macchina
piccola, mentre l’auto di Antonino Liotta è una Grande Punto. Con riguardo al
capo di imputazione riconosciuto a carico della sola Restivo, l’incertezza
manifestata dalla persona offesa in sede di individuazione fotografica e in sede di
esame testimoniale a domicilio aveva indotto il giudice di primo grado a disporre
l’assunzione della testimonianza della figlia ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen.,
dalla quale era emerso che il padre le aveva riferito di aver riconosciuto solo

b) vizio di motivazione con particolare riferimento all’art. 438 cod. proc.
pen. I ricorrenti si dolgono del fatto che i giudici di merito, nel rigettare la
richiesta di riduzione di pena conseguente all’istanza di rito abbreviato
condizionato all’integrazione probatoria della formale ricognizione personale di
cui all’art. 213 cod. proc. pen. tempestivamente formulata, non abbiano
provveduto sulla richiesta di riduzione della pena dopo che era emersa la
fondatezza delle ragioni poste a fondamento della scelta del rito alternativo, in
quanto la quasi totalità delle individuazioni fotografiche era risultata
inattendibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione posta con il primo motivo di ricorso è inammissibile.
1.1. Indipendentemente dal valore che si intenda attribuire alla parte
dichiarativa della denuncia, se si tratti di dichiarazione utilizzabile per le
contestazioni ovvero mero scritto in aiuto alla memoria, con le differenze messe
ben in luce da una pronuncia del 2006 (Sez.6, n.10938 del 01/03/2006,
Capuano, Rv. 233735), va rimarcato che la Corte territoriale ha svolto ampia e
satisfattiva analisi di tutti gli argomenti portati dagli appellanti a sostegno
dell’inattendibilità della testimonianza resa dalle vittime dei furti contestati al
capo A) ed al capo L), giungendo mediante un articolato giudizio a ritenerla
attendibile. In particolare, con riguardo alla persona offesa Francesco Murru,
nella sentenza di appello sono stati indicati i riscontri forniti alla narrazione dei
fatti dalla deposizione di una vicina di casa, che aveva descritto l’autovettura a
bordo della quale i ladri erano fuggiti e ne aveva rilevato il numero di targa,
dall’appartenenza del veicolo ad uno degli imputati, dal legame affettivo che
legava quest’ultimo alla donna, entrambi riconosciuti mediante ricognizione
fotografica; con riguardo alla persona offesa Porfidio Casula, la Corte territoriale
ha attribuito rilievo alla puntuale descrizione della fisionomia dell’imputata ed al
riconoscimento fotografico effettuato sia nell’immediatezza del fatto sia,
3

l’uomo;

successivamente, in sede dibattimentale, con ampia descrizione delle modalità
della condotta.
1.2. Soffermandosi sulle discordanze emerse fra quanto dichiarato dal
testimone e quanto emerso dalla querela o denuncia, la Corte ha in ogni caso
spiegato che in presenza di una dichiarazione dibattimentale intrinsecamente
logica, coerente e dettagliata, dette discordanze non potessero essere
sopravvalutate per giungere ad affermare l’inattendibilità del teste, indicando
analiticamente le ragioni sottese al giudizio di intrinseca credibilità dei testi
(pagg.13-16).

1.3. Giova, peraltro, ricordare che la funzione tipica dell’impugnazione è
quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale
critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena
di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod.proc.pen.), devono indicare
specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni
richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto,
innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica
indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il
dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità.
Deve essere sì anch’esso conforme all’art. 581 lett.c) cod.proc.pen. (e quindi
contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando
censura le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, così che
esso sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606,comma 1,
lett. e) cod.proc.pen., deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della
sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per
giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente. In
altri e conclusivi termini, la censura che ometta di confrontarsi con punti decisivi
della motivazione, o parcellizzi la decisione trascurandone passaggi logici
essenziali, difetta di specificità e non supera il vaglio di ammissibilità.

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
2.1. In punto di diritto, va rammentato che, secondo la costante
giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. 1, n. 50891 del 13/11/2013,
Amione, Rv. 257879; Sez. 2, n. 51817 del 06/12/2013, Stanganelli, Rv. 258116;
Sez. 1, n. 31881 del 07/06/2011, Frrokaj, Rv. 250898), i requisiti per

I

l’accoglimento della diminuzione della pena, sono i seguenti: in primo luogo, la4
critica al rigetto da parte del giudice della richiesta di giudizio abbreviato/

4

condizionato va posta con riferimento alla situazione esistente al momento della
proposizione della richiesta stessa, con valutazione ex ante; secondariamente,
l’impugnazione deve indicare, in modo puntuale, sia le ragioni giustificative della
richiesta integrazione probatoria sia la rilevanza della medesima ai fini della
valutazione dei temi di prova riguardanti l’affermazione o l’esclusione della
responsabilità, la qualificazione del titolo di reato e la sussistenza delle
circostanze.
2.2. E’ certamente ammissibile la richiesta di rito abbreviato condizionata

istruttoria conduca, con ragionevole probabilità, ad escludere l’attribuibilità
all’imputato della condotta contestata nel capo d’imputazione. Condizione
esclusa nel caso concreto dai giudici di merito, che hanno evidenziato come la
forza probatoria delle ricognizioni fotografiche rendesse non necessaria tale
integrazione probatoria.
2.3. Come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, il
valore probatorio dell’elemento da acquisire, cui fa riferimento l’art. 438, comma
5, cod. proc. pen., va sussunto nell’oggettiva e sicura utilità e idoneità del
probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti
rilevanti nel giudizio, nell’ambito dell’intero perimetro disegnato per l’oggetto
della prova dalla disposizione generale di cui all’art. 187 cod. proc. pen. La
doverosità dell’ammissione della richiesta integrazione probatoria ne riflette il
connotato di indispensabilità ai fini della decisione e trova il suo limite nella
circostanza che un qualsiasi aspetto di rilievo della res iudicanda non rimanga
privo di solido e decisivo supporto logico-valutativo (Sez. U, n.41461
del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253211; Sez. U, n.44711 del 27/10/2004, Wajib,
Rv. 229173). Ne consegue che, per l’identificazione del carattere di necessità
della integrazione probatoria richiesta, debba farsi riferimento ad un titolo
specifico della prova, più stringente di quello previsto dai tradizionali requisiti di
pertinenza, rilevanza e non superfluità di cui all’art. 190, comma 1, cod. proc.
pen., a norma del quale il giudice può escludere solo le prove vietate dalla legge
e quelle che manifestamente sono superflue e irrilevanti.
2.4. E’ opportuno, in ogni caso, sottolineare che, nel presente ricorso, si è
fatto riferimento all’insufficienza del materiale d’indagine a pervenire
all’accertamento del reato nei confronti di altri imputati o per altre condotte
delittuose in correlazione all’inattendibilità degli esiti delle ricognizioni
fotografiche, ma si tratta di argomentare inconferente rispetto al presente
giudizio, in cui il riconoscimento fotografico effettuato nella fase delle indagini
preliminari dalle vittime dei furti non aveva dato adito a dubbi in merito alla
completezza del materiale istruttorio.

5

all’espletamento della ricognizione personale, ma a condizione che tale attività

3. Conclusivamente, i ricorsi devono essere rigettati ed i ricorrenti
condannati, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali…

Cosìdeciso il 1/04/2015

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