Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18079 del 18/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18079 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARENA SALVATORE N. IL 07/11/1973
avverso la sentenza n. 395/2012 CORTE APPELLO di TRENTO, del
18/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. U LA&
che ha concluso per

Udito, per

civile, l’Avv

Udit i difeior Avv.

Data Udienza: 18/03/2015

Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Trento, con sentenza in data 18 dicembre 2013,
confermava la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Rovereto il 7.06.2012,
nei confronti di Arena Salvatore, rispetto al reato di cui all’art. 449 cod. pen., in
relazione all’art. 443 cod. pen. Al prevenuto si contesta di avere cagionato
l’incendio del tetto in legno sovrastante l’appartamento di Brigà Manuel e Perini
Laura, incendio che aveva interessato anche altre parti del tetto e che aveva

viene indicato come esecutore dei lavori di realizzazione della canna fumaria, posta
a servizio di una stufa a legno.
La Corte di Appello riferisce che la canna fumaria era stata realizzata nel
2008; e che il primo giudice, nell’affermare la penale responsabilità dell’imputato
per l’incendio, come in concreto verificatosi, aveva evidenziato che il collegamento
tra il canale di fumo della stufa a legna e il camino era stato realizzato, nel 2010,
dal proprietario Brigà, mediante un innesto inadeguato; e che tale circostanza non
escludeva la corresponsabilità dell’Arena, nello sviluppo dell’incendio, tenuto conto
delle accertate violazioni in cui era incorso l’Arena nella realizzazione della canna
fumaria. Soffermandosi sullo specifico motivo di doglianza, dedotto dall’imputato, la
Corte territoriale evidenziava che la perizia espletata in corso di giudizio descriveva
le due parti dell’impianto, consistenti nella canna fumaria, realizzata dall’Arena; e
nel canale da fumo, posto in opera dal Brigà, mediante un tubo di acciaio non
adeguato a raggiungere il punto terminale di accoppiamento nella svasatura del
canale da fumo. Sul punto, il Collegio rilevava che non vi era prova che il camino
fosse stato realizzato in due fasi; che il camino, esaminato dal perito, si trovava
nella esatta condizione in cui lo aveva costruito l’Arena; e che l’imputato era a
conoscenza del fatto che il manufatto era destinato a convogliare fumi caldi. Sulla
scorta di tali rilievi, la Corte territoriale affermava che doveva escludersi la
consapevolezza del Brigà circa l’inidoneità del camino e che l’incendio era stato
causato dalla inadeguatezza dell’opera realizzata dall’Arena.
2.

Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Trento ha

proposto ricorso per cassazione l’imputato Arena Salvatore, a mezzo del difensore.
L’esponente deduce violazione di legge e carenza motivazionale.
In primo luogo, la parte reitera il motivo di doglianza, volto a rilevare il
difetto di prova circa il fatto che i lavori relativi al camino siano stati eseguiti
dall’Arena, il quale era stato incaricato dal Brigà di riparare gli infissi dell’abitazione
di cui si tratta.
Sotto altro aspetto, il ricorrente osserva che la motivazione posta a
fondamento della sentenza impugnata risulta inficiata da una insanabile
contraddizione. Al riguardo, la parte rileva che la Corte territoriale ha affermato che
2

provocato ingenti danni pure agli appartamenti dei vicini. Segnatamente, Arena

il collegamento tra la stufa a legna ed il camino è avvenuto nel 2010, cioè a dire a
due anni di distanza dalla realizzazione del camino medesimo; e sottolinea che la
Corte territoriale ha pure considerato che Brigà ebbe a posizionare il materiale
refrattario, con funzione isolante, all’interno del camino, nel momento in cui
effettuò il collegamento tra la stufa a legna e la canna fumaria. Ciò posto, il
ricorrente osserva che, contraddittoriamente, la Corte di Appello attribuisce la
costruzione del camino al solo ricorrente, pure rilevando che la posa in opera del

Sulla scorta di tali rilievi, il deducente osserva che Brigà era a conoscenza del
fatto che il camino non era idoneo a convogliare fumi caldi; e che, non di meno,
Brigà ebbe ad effettuare il collegamento con la stufa a legna, pure con modalità
inidonee.

Considerato in diritto
1. Precedendo all’esame del primo motivo di ricorso, giova richiamare il
consolidato orientamento della Suprema Corte, in base al quale il vizio logico della
motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione
impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella
motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze
processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità “deve essere limitato
soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza
spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del
merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali” (in tal senso, “ex plurimis”, Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep.
10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato
altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali, hanno precisato che esula dai
poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti
a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997,
dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la
modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio
2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può
esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di
legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o
valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006,
dep. 23.05.2006, Rv. 234109).
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materiale refrattario è stata realizzata dal Brigà.

Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (ex nnultis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del
23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in
data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
Tanto chiarito, si rileva che le censure affidate al primo motivo di ricorso si
pongono ai limiti della inammissibilità. Invero, la Corte di Appello ha chiarito,

emergenze probatorie, acquisite agli atti, evidenziavano che Arena aveva realizzato,
oltre ad altre opere, anche la canna fumaria di cui si tratta, su incarico del Brigà,
nel corso del 2008. La Corte, al riguardo, ha chiarito che le incongruenze, sui tempi
di esecuzione dei lavori, emergenti dal racconto del Brigà, non valevano ad
indubbiare la narrazione del medesimo dichiarante, che in tutte le sedi in cui era
stato sentito, aveva indicato l’Arena come autore dei lavori.
2. Dando corso all’esame del secondo profilo di doglianza, si evidenzia che,
proprio applicando i principi di diritto sopra richiamati, circa l’ambito dello scrutinio
di legittimità, rispetto al vizio motivazionale, sussistono i presupposti per rilevare
che la motivazione posta a fondamento della sentenza impugnata risulta carente
rispetto al tema della riferibilità causale dell’evento e pure vulnerata da
contraddizioni di ordine logico.
Ed invero, la Corte di Appello, dopo aver considerato che lo stesso perito
aveva evidenziato, nel descrivere le caratteristiche strutturali del manufatto, che
l’impianto era fisicamente scomponibile in due parti: la canna fumaria, realizzata
dall’Arena nel 2008; e il “canale da fumo”, posto in opera dal Brigà nel 2010,
utilizzando un tubo di acciaio inox non adeguato allo scopo e posizionando
materiale inerte con funzione isolante, ha assertivamente affermato che non vi è
traccia, negli accertamenti eseguiti, della realizzazione della camino in due fasi e
che il camino, al momento del sopralluogo svolto all’indomani dell’incendio, si
trovava nella esatta condizione in cui lo aveva lasciato l’Arena. Oltre a ciò, la Corte
territoriale ha apoditticamente affermato che la posa in opera di materiale inerte,
da parte del Brigà, nel momento in cui ebbe a realizzare, in economia, il
collegamento al camino della stufa a legna, non era indicativa della possibile
consapevolezza, da parte dell’originario committente, della inadeguatezza della
canna fumaria, come realizzata dall’artigiano, a convogliare fumi caldi.
Le rilevate discrasie, nell’apparato motivazionale sviluppato dalla Corte di
Appello, risultano di speciale rilevanza, nel caso di specie, atteso che al giudice del
gravame di merito era stato chiesto di verificare se la condotta imprudente posta in
essere dal Brigà, dopo l’esecuzione del camino da parte dell’odierno imputato,

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sviluppando un percorso argomentativo non manifestamente illogico, che le

potesse valere ad interrompere il nesso causale, tra l’attività dell’Arena e la
verificazione dell’incendio.
Come noto, la giurisprudenza di legittimità, in riferimento all’incidenza della
condotta colposa sopravvenuta, tale da interrompere il nesso di causalità, ha
ritenuto che, ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale
tra la condotta e l’evento (ex art. 41, comma 2, cod. pen.), la nozione di causa
sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento non si riferisce solo al caso

pressoché inutile, in quanto all’esclusione del rapporto causale si perverrebbe
comunque sulla base del principio condizionalistico o dell’equivalenza delle cause di
cui all’articolo 41 comma 1, cod. pen.; e che la predetta norma deve applicarsi nel
caso di un processo non completamente avulso dall’antecedente, ma caratterizzato
da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo
ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto
imprevedibili a seguito della causa presupposta (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 20272
del 16/05/2006, dep. 14/06/2006, Rv. 234596).
Orbene, nel caso di specie, la Corte di Appello ha omesso di scrutinare il
materiale probatorio, con riguardo al dedotto profilo, relativo alla possibile
incidenza – rispetto alla riferibilità causale dell’evento alla condotta dell’imputato del comportamento, successivamente posto in essere dal committente; e ciò, pur
avendo dato atto dei profili di colpa, a carico del Brigà, emergenti dalle modalità di
collegamento tra il canale da fumo della stufa a legna ed il camino, riscontrati dal
perito.
3. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio
ad altra Sezione della Corte di Appello di Trento, per nuovo giudizio, alla luce dei
principi di diritto sopra richiamati.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di
Trento per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma in data 18 marzo 2015.

di un processo causale del tutto autonomo, giacché, allora, la disposizione sarebbe

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