Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18079 del 15/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18079 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMI WILLIAM nato il 13/02/1985 a POLISTENA

avverso l’ordinanza del 31/12/2016 del TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere EMILIA ANNA GIORDANO;
sentite le conclusioni del PG LUCA TAMPIERI che conclude per il rigetto del
ricorso;
udito il difensore di fiducia del ricorrente, avvocato CONTESTABILE GUIDO del
foro di PALMI, che insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 15/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Reggio Calabria ha respinto la richiesta di riesame proposta
avverso l’ordinanza del 24 novembre 2016 con la quale veniva applicata la
misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di William Comi per il
reato di cui agli artt. 416 bis, commi 1,2,3,4,5 e 6 cod. pen.. Il Comi è stato
ritenuto responsabile del reato di partecipazione della cosca ChindamoFerrentino, operante in Laureana di Borrello, zone limitrofe e propaggini in

deputato, nell’interesse del sodalizio criminale, alla vendita al dettaglio di
cocaina, marijuana ed hashish nel territorio di Galatro, dall’anno 2013 con
condotte perduranti.

2.Dopo aver illustrato la genesi dell’indagine e gli elementi comprovanti
l’attuale operatività nel territorio di Laureana di Borrello della cosca ChindamoFerrentino, contrapposta a quella dei Lamari ed in grado di esercitare un
controllo serrato del territorio con metodo mafioso e di garantirsi il predominio
economico con il traffico degli stupefacenti e l’infiltrazione nel settore degli
appalti pubblici grazie ai rapporti con amministratori e politici locali, il Tribunale
ha dato atto del coinvolgimento del ricorrente nel traffico di stupefacenti, gestito
dalla cosca egemone, facente capo a Marco Ferrentino, risultante da
intercettazioni ambientali e videoriprese che documentavano l’ incontro del 23
dicembre 2015 tra il Comi, il socio di questi, Albino Marafioti, Marco e Alessio
Ferrentino, incontro previamente comunicato ad altro sodale del gruppo,
Giuseppe Pititto, e volto alla soluzione di questioni relative al traffico di
stupefacenti. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, presunte
per legge, per la gravità dei fatti e l’assenza di elementi indicativi di una cesura
del vincolo associativo.

3.Con i motivi di ricorso denuncia:
3.1 violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancanza di
motivazione sulle doglianze difensive esplicitate in sede di riesame avuto
riguardo alla struttura motivazionale dell’ordinanza che, in difetto del vaglio
critico dell’ordinanza genetica, rimanda alle argomentazioni svolte dal giudice per
le indagini preliminari sulla condotta partecipativa del ricorrente, che andava
esaminata in posizione dinamico-funzionale, avuto riguardo all’effettivo
contributo partecipativo alle attività associative, e, viceversa, tratta, con
argomentazioni illogiche ed autoreferenziali, dall’asserita gestione del traffico di
stupefacenti in Galatro, zona limitrofa a quella della ndrina di Laureana di

1

Voghera, con compiti operativi nel settore di smercio degli stupefacenti, essendo

Borrello ovvero dall’aver fatto riferimento al capocosca per problematiche
connesse alla prima, illogicamente leggendo il contenuto delle conversazioni del
23 e 31 dicembre 2015. Non è idoneo, infatti, ad argomentare sulla

intraneità

del ricorrente al reato associativo il contenuto di tale ultima conversazione
poiché non vi è alcun riferimento a vicende riconducibili alla presunta cosca di
appartenenza; ed è illogico il riferimento al timore di essere visti in compagnia di
Vincenzo Lamari, ai fini della ricostruzione del rapporto associativo con la cosca
Chindamo-Ferrentino. Conclusivamente, secondo il ricorrente, la partecipazione

osmosi, tratta dal coinvolgimento nei reati di spaccio di sostanze stupefacenti
trasponendo altresì gli effetti di condotta necessariamente istantanea in un
delitto di natura permanente, quale il reato associativo, in carenza della
descrizione del
cd.

dote

ruolo

che l’indagato avrebbe svolto, non essendone precisata la

ovvero la carica rivestita nel sodalizio né la competenza che il medesimo

avrebbe avuto in relazione all’attività di vendita degli stupefacenti e che non può
trarsi dalla mera partecipazione ai reati cd. fine poiché il contributo partecipativo
deve risultare funzionale all’associazione ed alle sue dinamiche operative. Il
Tribunale ha trascurato, infine, una significativa censura contenuto nella richiesta
di riesame che, cioè, se davvero il ricorrente fosse stato un soggetto

intraneo

all’associazione non avrebbe avuto alcuna necessità di rivolgersi al Dimasi, al
fine di conferire con il Ferrentino, e non ha risposto al quesito della difesa, se sia
immaginabile che due sodali della cosca Chindamo-Ferrentino mantengano
rapporti con un preteso esponente della cosca opposta, Enzo Lamari;
3.2. vizio di violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza di
esigenze cautelari, fondata sulla mera sussistenza del reato associativo, senza
alcuna valutazione a carico del ricorrente di condotte indicative del persistente
pericolo di reiterazione del reato diverse da quelle, risalenti nel tempo, sottese
alla fattispecie associativa che gli viene contestata né in merito al perdurare
della condotta di presunta adesione al gruppo associativo. Neppure il Tribunale
ha motivato sulla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, limitandosi a
richiamare la gravità del fatto reato, esigenze che, rispetto ad una condotta
risalente nel tempo, devono necessariamente essere aggiornate all’attualità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.

2. Sono generiche e manifestamente infondate le censure difensive nella
parte in cui deducono il vizio di carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata

2

2i)

dell’indagato al reato associativo viene ricostruita erroneamente perché, per

che, secondo la prospettazione del ricorrente, non ha esaminato le deduzioni
proposte con la richiesta di riesame limitandosi ad un’acritica condivisione della
ricostruzione contenuta nell’ordinanza genetica. Le argomentazioni difensive, che
si dilungano nella ripetizione di massime giurisprudenziali sulla nozione di
omissione ovvero carenza di motivazione, non si confrontano con la motivazione
del provvedimento in esame che, dopo avere riportato gli elementi indiziari
emersi a carico del Comi (cioè il contenuto delle intercettazioni ambientali), nel
paragrafo dedicato all’analisi del quadro indiziario (v. pagg. 55 e ss.), muove

intercettazioni che denotano le attività svolte dal Comi nell’acquisto e cessione
degli stupefacenti, proprio quelle informazioni che, in ragionato confronto critico
con le deduzioni difensive, rimandano, alla partecipazione associativa
dell’indagato alla cosca Chindamo-Ferrentino ed enunciando, con adeguatezza e
logicità, quali circostanze ed emergenze processuali si siano rese determinanti
per la formazione del convincimento e l’iter logico seguito per addivenire alla
decisione adottata, secondo un percorso argomentativo che non lascia spazio ad
una valida alternativa, anche rispetto ad aspetti delle deduzioni difensive che,
pur non essendo stati espressamente valutati, devono pertanto ritenersi
implicitamente disattesi.

3. Non hanno fondamento i rilievi difensivi che attaccano la logicità delle
argomentazioni attraverso le quali viene esaminato il ruolo e l’apporto del Comi
nel contesto associativo. Le argomentazioni sviluppate dai giudici della cautela
non possono, in vero, essere lette in maniera puntiforme ma devono
necessariamente essere correlate alle caratteristiche del sodalizio criminoso
Chindamo-Ferrentino descritte nelle pagine dell’ordinanza che hanno ricostruito,
anche sulla scorta delle dichiarazioni rese da Roberto Furuli e Nicola Lentini,
l’esistenza e la persistente operatività nel settore del traffico degli stupefacenti
della cosca e il ruolo svolto da Marco Ferrentino. Secondo la ricostruzione dei
giudici della cautela, donando il modus operandi tipico della cosca nel territorio
di Voghera ma non disdegnando frequenti rientri in Laureana di Borrello per
seguire le attività del gruppo nella sua terra di origine, Marco Ferrentino ha
incentrato la principale fonte di guadagno della consorteria sul traffico di
sostanze stupefacenti ben attento a non urtare gli equilibri con altre
organizzazioni territoriali della

ndrangheta,

anche se in netta ed aperta

contrapposizione con la cosca dei Lamari, essa pure operante nel territorio di
Laureana di Borrello (cfr. pag. 5). I giudici della cautela hanno descritto oltre alle
attività del sodalizio che si estrinsecano nel rigido controllo, attuato con metodo
mafioso, delle attività lecite e/o illecite che si svolgono sul territorio, quelle

3

dalla illustrazione della memoria difensiva selezionando, dal contenuto delle

inerenti al traffico degli stupefacenti utilizzando, in questo settore, sia propri
canali di importazione di stupefacenti che canali di vendita al dettaglio, con una
spartizione, anche fisica, del territorio di smercio e grazie all’apporto di affiliati
che, come Giuseppe Pititto, sono deputati al mantenimento dei rapporti fra i
sodali e a coltivare alleanze, anche con altre articolazioni ndranghetiste.

4. E lo smercio di sostanze stupefacenti costituisce il settore nel quale è
operativo l’odierno ricorrente. L’ordinanza impugnata, dopo avere dato atto della
recente esecuzione a suo carico di un decreto di fermo, emesso in separato

procedimento, nel quale è sottoposto ad indagini per numerosi episodi di
cessione di sostanze stupefacenti, con la contestazione dell’art. 7 del d.l. n.
152/1991, convertito, con modificazioni, nella legge 203/1991, ha esaminato le
conversazioni nelle quali il Comi è diretto interlocutore e che ne attestano come
egli sia dedito, in sinergia con Albino Marafioti, allo smercio di stupefacenti nel
piccolo centro di Galatro, nell’interesse della cosca Chindamo —Ferrentino. Dense
di significato, ai fini del collegamento con il capo-cosca, Marco Ferrentino, sono
state ritenute le conversazioni del 31 dicembre 2015 e quella del 23 dicembre
2015. Dalla prima emerge che, conversando con il Marafioti, il Comi lamentava
come fosse stato loro affidata l’attività spaccio nel piccolo centro di Galatro, che
non si prestava ad ingenti guadagni “criticando” la gestione del Ferrentino, in
quel periodo presente in Calabria e capace di gestire grossi traffici, perché aveva
scelto come alleati, anche se in posizione di vassallagio, le consorterie operanti
nel territorio ionico; dalla conversazione del 23 dicembre emerge, poi, che, in
presenza di problematiche relative al pagamento di una partita di droga per un
malinteso creatosi con Alessio Ferrentino, classe 1978 e Gerardo Ozimo, il Corni
ed il Marafioti, con la mediazione di Giuseppe Pititto con il quale il Corni era in
costante contatto telefonico, si erano recati a Laureana di Borrello per parlare
con Marco Ferrentino, che avevano poi effettivamente incontrato, secondo il
monitoraggio effettuato dagli inquirenti, in presenza anche di Alessio Ferrentino.
Anche in altra circostanza — conversazione intercettata il 5 marzo 2016- e
sempre con riferimento al ruolo del Ferrentino di cui attendeva l’imminente
arrivo in Calabria, il Comi parlava con Giuseppe Dimasi.

5. Ritiene il Collegio che, facendo corretta applicazione di canoni di inferenza
logica, i giudici a quibus hanno ritenuto riconducibile l’attività di spaccio svolta
dal ricorrente al sodalizio Chindamo-Ferrentino sulla scorta della conversazione
nella quale questi lamenta con il socio la marginalità dei guadagni per lo spaccio
in Galatro, rispetto a quelli assicurati da altre piazze di spaccio, evidentemente
non raggiungibili avuto riguardo alla divisione del territorio che regola le attività

4

2),

di vendita ancorandole a specifiche zone, conversazione nella quale il Comi si
mostra ben a conoscenza sia delle regole interne del gruppo, che rispetta, anche
se onerose, sia delle dinamiche dell’associazione capeggiata da Marco Ferrentino,
con riguardo ai rapporti creati con le ndrine operanti sullo Ionio. Tali risultanze
sono viepiù significative al raffronto con l’incontro che il ricorrente ha avuto con
Marco Ferrentino il 23 dicembre 2015 e inteso a dirimere un contrasto insorto
nell’attività di spaccio. Che proprio questa sia la ragione dell’incontro – che gli
inquirenti hanno ripreso ma non intercettato – rinviene dal contenuto dei colloqui

Comi e del Marafioti di definire la vicenda di un debito relativo allo smercio di
sostanze stupefacenti e dai commenti del Comi a chiosa dell’incontro, nei quali
lamenta l’indulgenza di Marco Ferrentino verso Alessio Ferrentino. Correttamente
il Tribunale del riesame ha ritenuto che non c’era altra ragione di rivolgersi a
Marco Ferrentino se non quella di comporre un contrasto fra affiliati insorto sul
comune terreno dello smercio di stupefacenti, conclusione avvalorata dal
coinvolgimento, quale promotore dell’incontro, di Giuseppe Pititto, con il quale il
Comi aveva contatti ricorrenti (cfr. pag. 55 ordinanza). E, parimenti, il Tribunale
ha interpretato come segno di condivisione delle dinamiche associative, le
preoccupazioni esternate dal Comi in seguito all’incontro al bar con Vincenzo
Lamari, preoccupazione che si fonda sulla conoscenza della netta
contrapposizione che connota i rapporti tra i due gruppi e che, secondo
l’ordinanza impugnata, è giustificata solo dalla

esclusiva che necessariamente

contrassegna i rapporti del ricorrente con la cosca Chindamo-Ferrentino che può
essere incrinata non dalla condivisione dei affari con il Lamari, che neppure la
difesa ha documentato, ma anche da casuali contatti che possono esporre a
sospetto di avvicinamento ad altri clan.

6. La coordinata lettura di tali elementi, secondo le ragionevoli conclusioni
dei giudici a quibus, conduce a ritenere comprovato l’inserimento del Comi nella
compagine associativa che fa capo a Marco Ferrentino ed il suo fattivo contributo
fornito all’operatività del gruppo in uno dei settori di interesse del clan e cioè lo
smercio di sostanze stupefacenti. Il rapporto di affiliazione e l’inserimento del
Comi nel sodalizio criminoso, secondo le ragionevoli considerazioni svolte
nell’ordinanza impugnata, non sono smentiti dalla circostanza che il Comi si sia
avvalso del Pititto per contattare Marco Ferrentino, in occasione dell’incontro del
23 dicembre poiché tale mediazione non è affatto indice di scarsa familiarità con
il capocosca ma perfettamente risponde a criteri di ordinaria prudenza tenuta
dagli accoliti di un sodalizio mafioso per non farsi scoprire. E tale argomento, ad
avviso del Collegio, esclude che possa attribuirsi rilievo al mancato esame da

5

intercettati precedenti e successivi all’incontro e dai quali emerge l’esigenza del

parte del Collegio del riesame delle deduzioni difensive che investivano il
contenuto della conversazione del 5 marzo 2016, intervenuta tra il ricorrente e
Giuseppe Demasi. A ben vedere il ricorso ad intermediari nei rapporti tra il
capocosca e il ricorrente, valendosi del Pititto, non esclude affatto, secondo le
logiche argomentazioni del riesame, che il Comi fosse un affiliato poiché il
rapporto di affiliazione e la relativa investitura non implicano un rapporto diretto
ed esclusivo con il capo perché, al contrario, proprio la segmentazione dei
rapporti costituisce un ordinario sistema di elusione di controlli degli inquirenti.

situazione perfettamente sovrapponibile a quella esaminata, e, cioè avvalersi
della intermediazione del Dimasi, non integra una carenza motivazionale tale da
inficiare la correttezza dell’apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata
risolvendosi nel mancato esame di una rilevante questione, tale da sovvertire
l’apparato argomentativo posto a fondamento della decisione.

7. Inammissibile, per genericità é la censura in punto di esigenze cautelari,
avuto riguardo alla valorizzata gravità e rilevanza delle condotte ascritte al
ricorrente per l’operatività della cosca, alla commissione delle stesse sino ad
epoca recente, giustificative della prognosi negativa formulata in assenza di
elementi di frattura e di presa di distanza dall’associazione.

8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna di William Comi al pagamento
delle spese processuali. La cancelleria eseguirà le comunicazioni di rito.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Cosi deciso il 15 marzo 2018

Ne consegue che il mancato esame della censura difensiva che investe una

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