Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18072 del 12/10/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18072 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: SILVESTRI PIETRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da Serrati Antonio, nato a Squinzano (Le) il 14/08/1974

avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Lecce il 24/04/2017

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. Fulvio Baldi, che ha
chiesto che il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

La Corte di Appello di Lecce ha rigettato la richiesta, presentata

nell’interesse di Serratì Antonio, di restituzione nel termine per proporre appello
avverso la sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso
Tribunale il 23/06/2016.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, deducendo
l’errata applicazione dell’art. 175 cod. proc. pen.
Sostiene l’avv. Maurizio Scardia: a) di essere stato nominato difensore
dall’imputato il 30/08/2016, dopo la conclusione del giudizio di primo grado; b)
di essere stato ricoverato in ospedale e di essere stato dimesso il 13/6/2016,
dopo essere stato sottoposto ad un intervento chirurgico ad un’anca; c) di essere

Data Udienza: 12/10/2017

stato impossibilitato ad allontanarsi dal proprio domicilio per cinque mesi,
avendo dovuto procedere al recupero della funzionalità dell’arto; d) di aver
potuto riprendere regolarmente l’attività professionale solo dal mese di
novembre del 2016.

3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. La giurisprudenza della Corte di cassazione è consolidata nel ritenere
che, ai fini della restituzione nel termine di cui all’art. 175 cod. proc. pen., la

umano, un soggetto non possa adempiere ad una certa attività malgrado ogni
sforzo.
Quanto alla specifica questione del se un impedimento del difensore possa
costituire un caso di forza maggiore rilevante al fine della restituzione nel
termine ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., vi è nella giurisprudenza di
legittimità, una tendenza ad escludere che l’impossibilità per il difensore di
presentare gravame nei termini possa assumere rilievo ed integrare gli estremi
del caso fortuito o della forza maggiore, sia perché l’attribuzione di delega al
difensore “non sottrae all’imputato l’analogo potere” di proporre in proprio il
gravame, sia perché “il difensore, ancorché ammalato, può porre in essere altra
attività necessaria per il rispetto dei termini” (Sez. 4, sent. n. 1447 del
10/5/1999, Vittori, Rv. 213820)
In particolare, si è sostenuto che non costituisce forza maggiore, e quindi non
legittima la richiesta di restituzione nel termine per l’impugnazione della
sentenza, il mancato o inesatto adempimento dell’incarico da parte del difensore
di fiducia, qualunque sia la causa dell’inadempimento, e quindi anche nel caso in
cui essa sia ascrivibile ad un grave stato morboso che abbia indotto il difensore
all’abbandono dell’attività, perchè in ogni caso incombe sull’imputato l’onere di
vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito al difensore (Sez. 2, n.
12922 del 09/03/2007, Renzo, Rv. 236389).
3.2. A tale indirizzo si contrappone un diverso orientamento secondo cui, in
astratto, la forza maggiore che giustifica la restituzione in termini, è invocabile
anche dal difensore e, tuttavia, si precisa, essa oltre che ad essere, come per le
altre parti del processo, invincibile, deve presentare natura tale da non
permettere a chi ne è raggiunto di avvalersi dei mezzi e degli strumenti che il
codice di rito pone a disposizione per compiere non personalmente una
determinata attività processuale.
Ne consegue, secondo l’impostazione in parola, che il difensore, che richiede
la restituzione nel termine per proporre impugnazione, deve allegare – e
documentare – l’esistenza di un evento così grave da impedirgli di presentare
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forza maggiore sussiste quando, per l’insorgenza di un accadimento naturale o

l’atto di impugnazione nella cancelleria del luogo in cui si trova oppure a mezzo
del servizio postale o di nominare un sostituto che segua le sue direttive (Sez. 3,
n. 1716 del 16/04/1997, Monaco, Rv. 208045; Sez. 5, n. 2103 dell’01/05/1999,
Macrì, Rv. 214178; Sez. 1, n. 16763 del 07/04/2010, Incarnato, RV. 246927).

4. Pur volendo recepire tale ultimo indirizzo giurisprudenziale, nel caso di
specie, la Corte di appello ha correttamente evidenziato come il difensore si
fosse sottoposto ad un’operazione chirurgica ad un’anca nel mese di giugno del

cui, nell’agosto del 2016, fu conferito l’incarico difensivo, l’Avv. Scardia era stato
dimesso da più di un mese, ed era presso la propria abitazione, impegnato in
una terapia di riabilitazione.
Il difensore dell’imputato non si trovava dunque in una situazione tale da
impedirgli in modo assoluto di esercitare le proprie prerogative, ben avendo
potuto materialmente recuperare, in qualsiasi modo, la disponibilità del fascicolo
processuale, predisporre l’atto di impugnazione tempestivamente e, magari
avvalendosi di un incaricato o di un sostituto, presentare l’atto di appello.

5. Ne deriva l’inammissibilità del ricorso.
Alla dichiarazione d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che si stima equo determinare nella misura di 2.000,00 (duemila)
Euro.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2017.

2016 e fosse stato dimesso dall’ospedale il 13/06/2016; dunque al momento in

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