Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18070 del 10/02/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18070 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
CARONNI ALESSANDRO

avverso la sentenza

n. il 07.07.1974

n. 1864/2014 della Corte d’appello di Milano del

6.03.2014.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita all’udienza pubblica del 10 febbraio 2015 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Iacoviello Francesco
Mauro che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 10/02/2015

RITENUTO IN FATTO

CARONNI ALESSANDRO ricorre per cassazione avverso la sentenza, indicata in
epigrafe, della Corte d’appello di Milano di conferma della sentenza di condanna emessa
nei suoi confronti dal Tribunale di Sondrio, in composizione monocratica, il 10.10.2013
in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186, 2° comma lett c) e co.
2 bis e 2 sexies del C.d.S..
Con il primo motivo si denuncia la violazione delle disposizioni normative di cui
agli artt. 57 e 354 c.p.p. in quanto l’accertamento sanitario sull’imputato in ordine al

prescrive il richiamato art. 354 c.p.p., il quale, appunto specifica che solo gli ufficiali
possono compiere atti quali quello per cui è processo, ovvero l’accertamento sulla
persona di CARONNI.
Con il secondo motivo si denuncia altra violazione di legge con riferimento agli
artt. 62 bis, 69 e 186 co. 2 e 2 bis. In sostanza si argomenta che, una volta
riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante di cui al
comma 2 bis dell’art. 186 del c.d.s. non è più possibile disporre la revoca della patente
in quanto la sanzione, anche se accessoria, prevista da tale comma non è più
applicabile.
Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione relativamente alla
sussistenza del contestato reato, essendo decorso un intervallo temporale cospicuo tra
la condotta di guida e l’esecuzione dell’accertamento alcolemico.

CONSIDERATO IN DIRITTO
II motivi esposti sono infondati e determinano il rigetto del ricorso.
Quanto al primo motivo si condivide la risposta fornita sul punto dalla Corte
d’appello; in effetti la prova dello stato di ebbrezza alcolica nel caso di specie è stata
effettuata in via autonoma dai sanitari della struttura ospedaliera ove fu ricoverato
l’imputato a seguito dell’incidente stradale in cui era stato coinvolto e non fu richiesta
dalla Polizia Giudiziaria; quindi, non vertendosi nell’ipotesi di cui al secondo comma
dell’art. 354 comma 3 c.p.p., a nulla rileva che l’acquisizione dei relativi risultati sia
stata operata da agenti e non da ufficiali della polizia Giudiziaria, e, comunque, anche
se si vedesse nell’ipotesi richiamata dal ricorrente, la stessa non è sanzionata da
inutilizzabilità.
Con riferimento al secondo motivo si osserva che la L. n. 120 del 2010, art.
33 ha modificato l’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, prevede che le sanzioni di cui al
comma 2, quindi quelle relative sia alla lett. a) che b) e c), sono raddoppiate quando il
guidatore in stato di ebbrezza provoca un incidente, ed è sempre disposto il fermo
amministrativo dell’autovettura. E, nel caso in cui ricorre l’ipotesi di cui alla lettera c)
del comma 2 dell’art. 186 del C.d.S, la patente di guida è sempre revocata. È evidente
che il legislatore ha diversificato le situazioni tra chi conduce semplicemente un veicolo

suo stato di ebbrezza è stato effettuato da agenti di P.G. e non da ufficiali come

in stato di ebbrezza e chi in tale stato provoca un incidente, quest’ultima ipotesi
ritenuta, ovviamente, più grave in quanto più pericolosa socialmente.
Nella fattispecie oggetto di ricorso, il giudice ha correttamente disposto la
sanzione accessoria amministrativa della revoca della patente, ricorrendo l’aggravante
dell’incidente stradale, e vertendosi nell’ipotesi di cui al 2° comma lett. c) art. 186 del
C.d.S., non avendo alcuna rilevanza che la stessa sia stata ritenuta sub valente rispetto
alle concesse attenuanti generiche.
Invero, la comparazione tra circostanze opera infatti soltanto ai fini della
quantificazione della pena, che, come imposto dall’art. 69fr —deve avvenire previa

valutazione delle sole circostanze ritenute prevalenti, ma non consente di escludere la
rilevanza di una circostanza alla cui presenza la legge riconnetta, come nel caso di
specie, determinati effetti sia pure negativi per l’imputato. È infatti pacifico (da ultimo,
sez. 2, 29.5.2009 n. 24862 rv. 244340) che il giudizio di comparazione tra le
circostanze, che conduca all’esclusione dell’operatività dell’aggravante sul piano
sanzionatorio, non fa venir meno la configurazione giuridica del reato aggravato e, di
conseguenza, la perseguibilità d’ufficio eventualmente prevista per lo stesso (in
precedenza, in altre situazioni, N. 4539 del 1978 Rv. 138656, N. 11320 del 1978 Rv.
139992, N. 3318 del 1982 Rv. 152974, N. 10212 del 1999 Rv. 214586, N. 14502 del
1999 Rv. 215542).
Il terzo motivo, peraltro infondato, è inammissibile in quanto non risulta
essere stato oggetto del gravame di merito.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 10 febbraio 2015.

effettuazione del giudizio di comparazione tra attenuanti di segno opposto e con

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