Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18062 del 23/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18062 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Di Marco Celestino, nato ad Avezzano il 27/01/1971

avverso la sentenza in data 13/03/2012 della Corte d’appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata con rideterminazione della pena in questa sede;
udito, per il ricorrente, l’avvocato Barbara Lucianetti, quale sostituto processuale
dell’avvocato Gianluca Presutti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 13 febbraio 2012, la Corte di appello di
Napoli, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Napoli, ha
confermato la dichiarazione di penale responsabilità di Celestino Di Marco per il

Data Udienza: 23/03/2018

reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente di tipo eroina, a norma
dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, commesso il 19 gennaio 2007, e,
esclusa la recidiva, ha ridotto la pena a tre anni e sei mesi reclusione ed euro
6.000,00 di multa.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di
appello indicata in epigrafe l’avvocato Gianluca Presutti, quale difensore di
fiducia di Celestino Di Marco, articolando un unico motivo, preceduto da una

2.1. Nella premessa si rappresenta che la sentenza impugnata non è stata
mai notificata all’imputato, dichiarato contumace, bensì al suo difensore ritenuto
erroneamente domiciliatario, e che, per questa ragione, la Corte d’appello di
Napoli, con ordinanza del 23 febbraio 2017, depositata il 24 febbraio 2017, ha
rimesso nei termini per impugnare l’imputato, a norma dell’art. 175 cod. proc.
pen., disponendone l’immediata scarcerazione.
2.2. Con l’unico motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento alla
nuova formulazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per effetto del
d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, e
poi del d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge 16 maggio 2014, n. 79,
nonché in riferimento all’art. 133 cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett.
b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla determinazione della pena.
Si deduce che, in conseguenza delle modifiche normative successive alla
pronuncia della sentenza di appello, la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. n. 309 del 1990 è divenuta reato autonomo, per il quale è prevista una
cornice edittale diversa – in particolare, la reclusione non è più da uno a cinque
anni, ma da sei mesi a quattro anni -, e che la pena precedentemente irrogata
deve ritenersi illegale anche quando rientra nell’ambito della nuova cornice
edittale. Si aggiunge che, «ferma restando ogni questione preliminare in ordine
all’intervenuta prescrizione», la pena è in ogni caso sproporzionata per la
«modesta quantità di principio attivo» della sostanza rinvenuta, come
riconosciuto da entrambi i giudici di merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.

2. Il ricorrente denuncia, innanzitutto, che, ferma restando la fattispecie
ritenuta di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, la pena inflitta deve
ritenersi illegale perché determinata sulla base di parametri edittali diversi e più
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premessa sulla tempestività dell’impugnazione.

severi di quelli sopravvenuti nelle more del giudizio di cassazione: precisamente,
si rileva che deve tenersi conto delle modifiche sanzionatorie intervenute

in

melius per l’imputato dopo la pronuncia della sentenza impugnata, recate
dapprima dal d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio
2014, n. 10, e poi dal d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge 16
maggio 2014, n. 79.
La critica coglie nel segno.
Invero, anche con specifico riferimento alla disciplina in materia di

legge n. 79 del 2014, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la
sopravvenienza normativa incidente sul trattamento sanzionatorio di un reato,
intervenuta in sede di legittimità, impone l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata per la rimodulazione del trattamento sanzionatorio, anche
qualora in concreto la pena inflitta risulti compresa all’interno della nuova forbice
edittale, in quanto la commisurazione in concreto della pena è operazione
condizionata dalla pena prevista in astratto, talché la valutazione giudiziale può
cambiare per effetto del mutamento dei limiti edittali previsti dalla legge (cfr.
Sez. 2, n. 2702 del 18/11/2015, dep. 2016, Nuti, Rv. 265822, ma anche Sez. 6,
n. 10169 del 10/02/2016, Tamburini, Rv. 266514).

3. La rilevata illegittimità sopravvenuta, imponendo la rideterminazione del
trattamento sanzionatorio alla luce dei nuovi e più miti parametri edittali, rende
superfluo l’esame della censura relativa alla violazione dei criteri di cui all’art.
133 cod. pen.
La rideterminazione della pena, tuttavia, non può essere effettuata in
questa sede posta la necessità di un compiuto apprezzamento di tutti i profili
rilevanti, ivi compresi quelli concernenti la personalità dell’imputato. E’ pertanto
necessario pronunciare annullamento con rinvio per nuovo giudizio ad altra
sezione della Corte d’appello di Napoli.

4. Stante l’accenno contenuto nel ricorso, deve precisarsi che, nonostante la
fondatezza dell’impugnazione esaminata, non sono maturati i termini di
prescrizione del reato alla data della presente sentenza.
In effetti, posto che il ricorso è stato proposto dopo restituzione nel termine
concessa per mancata effettiva conoscenza della sentenza di appello da parte
dell’imputato, non deve tenersi conto, ai fini della prescrizione del reato, del
tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale e la
notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la
restituzione, atteso quanto previsto dall’art. 175, comma 8, cod. proc. pen. Nel
3

stupefacenti dettata dal di. n. 36 del 2016, convertito con modificazioni dalla

caso di specie, la sentenza impugnata è stata notificata all’imputato mediante
estratto contumaciale a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. in data 30
marzo 2012, e l’ordinanza di restituzione nel termine è stata pronunciata il 23
febbraio 2017 e depositata il 24 febbraio 2017; di conseguenza, non deve tenersi
conto ai fini della prescrizione del reato, del periodo compreso tra il 30 marzo
2012 e (almeno) il 24 febbraio 2017. Siccome poi il reato è stato commesso il 19
gennaio 2007, alla data della presente pronuncia, “sterilizzato” l’arco di tempo
appena indicato, non erano ancora decorsi i sette anni e sei mesi necessari a

L’annullamento disposto esclusivamente ai fini della rideterminazione del
trattamento sanzionatorio rende definitivo l’accertamento in ordine alla
responsabilità del ricorrente per il fatto ascrittogli.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e
rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di
Napoli.
Inammissibilità nel resto del ricorso e definitività della responsabilità del
ricorrente per il fatto ascrittogli.
Così deciso in data 23 marzo 2018

prescrivere il reato.

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