Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18058 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18058 Anno 2018
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI LECCE
dalla parte civile CHIFFI MARIA FRANCESCA, nata il 05/03/1964 a
CASTRIGNANO DEL CAPO
dalla parte civile CHIFFI GIUSEPPA, nata il 01/08/1970 a CASTRIGNANO DEL
CAPO
nel procedimento a carico di:

TAURINO MARIA ROSARIA, nata il 06/10/1968 a LECCE
avverso la sentenza del 23/01/2017 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DE AMICIS
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI, che
ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Udito il difensore, avvocato ISOLDI ANTONIO, in sostituzione dell’avvocato
FASANO FRANCESCO, in difesa della parte civile CHIFFI GIUSEPPA e in
sostituzione dell’avvocato CHIRIATFI STEFANO, in difesa della parte civile CHIFFI
MARIA FRANCESCA, che conclude per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 25/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 gennaio 2017 la Corte di appello di Lecce ha assolto Taurino
Maria Rosaria perché il fatto non sussiste ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen.,
così riformando la decisione assunta all’esito del giudizio abbreviato svoltosi in primo
grado, che l’aveva dichiarata colpevole del reato di millantato credito continuato in danno
delle sorelle Chiffi Maria Francesca e Chiffi Giuseppa, condannandola alla pena di anno
uno e mesi quattro di reclusione, oltre al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili,
per essersi fatta consegnare dalle predette somme di denaro di importo compreso fra

dell’A.S.L., con il pretesto di comprare il favore di pubblici ufficiali ed esponenti politici
locali di rilievo.

2. Il P.G. presso la Corte di appello di Lecce ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo vizi della motivazione e violazioni di legge ex art. 192 cod. proc. pen. in punto
di accertamento della penale responsabilità, con riferimento all’erronea valutazione di
inattendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, le quali, contrariamente a quanto
affermato nella decisione di primo grado, avrebbero evitato, secondo la apodittica
spiegazione contenuta nella decisione impugnata, di coinvolgere la sorella Chiffi Cosima
nella condotta illecita addebitata alla Taurino, ritagliandole un ruolo marginale,
probabilmente per sostenere le dichiarazioni della congiunta che, nel procedimento
avviato nei suoi confronti, si era difesa sostenendo di aver agito su incarico e
determinazione della stessa Taurino, senza essere consapevole di contribuire ad
un’attività illecita fino al punto di convincere le sorelle al versamento di somme di denaro
necessarie, secondo la Taurino, per la loro assunzione.
Ulteriori illogicità vengono prospettate nei passaggi motivazionali ove la Corte
d’appello attribuisce un ruolo necessariamente determinante alla condotta di Chiffi
Cosima, quando il suo intervento nella vicenda non consentiva di escludere, per quanto
riferito dalle stesse persone offese, un ruolo altrettanto determinante in capo alla Taurino,
ovvero là dove non si tiene conto della reazione manifestata dalle parti civili una volta
venute a conoscenza dell’ingiustizia subita, anche per colpa del comportamento posto in
essere dalla loro congiunta.
Si pone in rilievo, ancora, il fatto che il Tribunale era pervenuto alla conclusione circa
l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese solo all’esito del relativo esame,
e che, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, la documentazione
bancaria acquisita agli atti costituisce un elemento di riscontro dei fatti narrati dalle parti
civili.

3. Nell’interesse della parte civile Chiffi Giuseppa ha proposto ricorso per cassazione
il difensore, deducendo vizi della motivazione e violazioni di legge in punto di
accertamento della penale responsabilità, con riferimento all’erronea valutazione di
inattendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, che la Corte d’appello ha
diversamente apprezzato senza offrire una motivazione idonea a superare in modo

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euro 10.000,00 ed euro 15.000,00 ciascuna, garantendo loro l’assunzione presso gli uffici

convincente gli argomenti esposti nella decisione riformata, tenuto conto, in particolare,
del carattere autonomo delle dichiarazioni accusatorie dalle stesse rese in sede di indagini
e degli oggettivi elementi di riscontro probatorio al riguardo emersi.

4. Nell’interesse della parte civile Chiffi Maria Francesca ha proposto ricorso per
cassazione il difensore, deducendo, sulla base di argomenti analoghi a quelli sopra
illustrati, vizi della motivazione e violazioni di legge in punto di accertamento della penale
responsabilità, con riferimento all’erronea valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni
delle persone offese, in quanto basata sull’assunto, non provato né certo, che la sorella

processo.
Ulteriori incongruenze della motivazione vengono evidenziate con riguardo alla
valutazione dei tempi di proposizione delle denunce, dovendosi considerare che le sorelle
hanno denunziato i fatti dopo essere state ascoltate su iniziativa della P.G. e nel momento
in cui la sorella Cosima aveva già definito la sua posizione processuale patteggiando la
pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi, incentrati su ragioni di doglianza sostanzialmente comuni, sono fondati e
vanno accolti per le ragioni di seguito indicate.

2. Questa Corte (Sez. 6, n. 46742 del 8/10/2013, Hamdi Rhida, Rv. 257332; Sez. 6,
n. 1253 del 28/11/2013, dep. 2014, Ricotta, Rv. 258005; Sez. 2, n. 50643 del
18/11/2014, Fu, Rv. 261327; Sez. 4, n. 35922 del 11/7/2012, Ingrassia, Rv. 254617) ha
da tempo stabilito il principio secondo cui il giudice di appello che, nel riformare la
decisione di condanna del giudice di primo grado, pervenga ad una sentenza di
assoluzione, non può limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della decisione
impugnata, genericamente richiamata, delle notazioni critiche di dissenso, essendo,
invece, necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato
dal primo giudice, considerando quello eventualmente sfuggito alla sua valutazione e
quello ulteriormente acquisito per dare, con riguardo alle parti della prima sentenza non
condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi
conclusioni.
Ne discende che il giudice di appello, ove riformi in senso radicale la condanna di
primo grado pronunciando sentenza assolutoria, ha l’obbligo di confutare in modo
specifico e completo le argomentazioni della prima decisione, essendo necessario
scardinare l’impianto argomentativo-dimostrativo di una decisione assunta da chi ha
avuto diretto contatto con le fonti di prova (Sez. 5, n. 21008 del 6/5/2014, Barzaghi, Rv.
260582).
Al riguardo, inoltre, le Sezioni Unite di questa Corte, con decisione del 21 dicembre
2017, ric. Troise (v. informazione provvisoria), hanno risolto un contrasto
giurisprudenziale avallando siffatta impostazione ermeneutica ed enunciando il principio di

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Chiffi Cosima fosse concorrente con la Taurino anche per i fatti oggetto di questo

diritto secondo cui Nell’ipotesi di riforma in senso assolutorio di una sentenza di
condanna, il giudice di appello non ha l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale
mediante l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della
condanna di primo grado. Tuttavia, il giudice di appello (previa, ove occorra, rinnovazione
della prova dichiarativa ritenuta decisiva ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.) è tenuto ad
offrire una motivazione puntuale e adeguata della sentenza assolutoria, dando una
razionale giustificazione della difforme conclusione adottata rispetto a quella del giudice di
primo grado.

concreta disamina della vicenda storico-fattuale oggetto della regiudicanda, deve rilevarsi
come la Corte territoriale, nel privilegiare l’epilogo assolutorio, abbia operato una
rivalutazione sommaria delle emergenze probatorie, venendo meno all’obbligo di puntuale
e specifica motivazione che grava sul giudice di appello nelle evenienze procedimentali
dianzi esaminate.
Si espongono, nella motivazione della decisione impugnata, le ragioni per le quali
non sono ritenute condivisibili le conclusioni cui il primo giudice è pervenuto in punto di
accertamento della penale responsabilità e, al contempo, si prospetta come dotata di
maggiore plausibilità un’ipotesi di ricostruzione alternativa dei fatti, muovendo dal
contenuto di dichiarazioni accusatorie assertivamente considerate di incerta attendibilità,
senza confutare le ragioni che il primo giudice aveva congruamente indicato a sostegno
della contraria valutazione sotto tale profilo espressa.
La prima decisione aveva ricostruito l’intera dinamica dei fatti oggetto del tema
d’accusa ed aveva motivatamente escluso la presenza di qualsiasi dubbio all’esito del
vaglio di attendibilità delle dettagliate dichiarazioni accusatorie delle persone offese, sia
alla luce degli elementi di riscontro provenienti dalle risultanze della documentazione
bancaria in atti acquisita – e ritenuta temporalmente compatibile con i prelievi di denaro
operati sul conto del padre delle persone offese e con la finalità di consegnarne i
correlativi importi all’imputata – sia alla stregua del contenuto delle dichiarazioni rese in
sede di interrogatorio dalla Taurino, coerentemente ritenute inidonee a smentire la
versione dei fatti offerta dalle persone offese nelle rispettive denunce, poi direttamente
confermate nell’audizione resa dinanzi al primo giudice.
La decisa valorizzazione degli elementi posti a sostegno dell’attendibilità della
versione difensiva – dalla Corte d’appello ricavati sulla base della mera lettura delle
dichiarazioni rese dalle persone offese – avrebbe dovuto accompagnarsi ad un’attenta
disamina del rilievo assegnato ai contrari elementi di prova oggetto delle valutazioni
espresse dal primo Giudice, oltre che ad un bilanciamento comparativo del peso
specificamente assegnato alle diverse componenti strutturali dell’intero quadro probatorio,
sia pure all’interno del perimetro individuato dalle linee argomentative proprie della
prospettiva assiologica sopra indicata.
Sui punti or ora evidenziati, ed in relazione ai diversi profili ad essi fattualmente
correlati ed investiti dal motivato convincimento espresso dal giudice di primo grado, la
Corte territoriale ha omesso di confutarne appieno la consistenza e linearità del

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3. Considerando, ora, le implicazioni di tale quadro di principii in relazione alla

ragionamento probatorio, trascurando la necessaria valutazione critica di tutti gli elementi
di fatto su cui è stata fondata la precedente decisione di condanna.

4. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, l’impugnata sentenza
deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello
in dispositivo indicata, che nella piena libertà del correlativo apprezzamento di merito
dovrà porre rimedio ai vizi rilevati, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in
questa Sede stabiliti.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della
Corte di appello di Lecce.
Così deciso il 25 gennaio 2018

P.Q.M.

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