Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1805 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1805 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPADARO GIUSEPPE, nato il 02/05/1959
avverso l ‘ordinanza n. 4/2011 TRIBUNALE di MODICA, del
15/09/2011;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, dott. Francesco Mauro
Iacoviello, che ha chiesto annullarsi senza rinvio l’ordinanza
impugnata, procedendo alla correzione materiale richiesta.

Data Udienza: 04/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 settembre 2011, il Tribunale di Modica, decidendo
quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Spadaro
Giuseppe, volta alla correzione della sentenza di applicazione della pena, resa ex
art. 444 cod. proc. pen. dallo stesso Tribunale il 5 novembre 2010, definitiva il
28 dicembre 2010, nella parte in cui non aveva concesso all’imputato la

richiesta, potendo la sentenza essere emendata solo previa impugnazione, e non
rettificata in parte qua con la procedura di correzione.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, il condannato chiedendone l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 130 cod. proc. pen.,
inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme
giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., e inosservanza delle norme
processuali stabilite a pena di nullità e/o per violazione di legge, ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett c), cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, l’omessa concessione della sospensione condizionale
della pena, alla quale era stata esplicitamente subordinata la richiesta di
applicazione della pena, è stata determinata da mero errore materiale in cui è
incorso il Giudice, che, ove non l’avesse valutata, avrebbe dovuto rigettare la
richiesta, non sussistendo neppure elementi ostativi alla sua concessione, e non
contenendo la sentenza alcuna indicazione idonea a far presumere una volontà
del Tribunale contraria all’accoglimento integrale della proposta formulata da
esso ricorrente.
Tale interpretazione conforme a precedenti di questa Corte, che si
contrappongono a decisioni di segno contrario, giustifica, ad avviso del
ricorrente, la rimessione degli atti alle Sezioni unite per la soluzione del contrato
giurisprudenziale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Secondo il costante orientamento di questa Corte (Sez. U, n. 8 del
18/05/1994, dep. 29/09/1994, Armati, Rv. 198543; Sez. U, n. 19 del
09/10/1996, dep. 06/12/1996, Armati, Rv. 206176, e, tra le successive, Sez. 1,
2

sospensione condizionale della pena, cui era stata concordemente subordinata la

n. 6784 del 25/01/2005, dep. 22/02/2005, Canalicchio, Rv. 232939; Sez. 3, n.
33960 del 10/06/2010, dep. 21/09/2010, Siciliano, Rv. 248363), il ricorso alla
procedura di correzione degli errori materiali previsto dall’art. 130 cod. proc.
pen. deve ritenersi ammissibile soltanto quando l’intervento correttivo sia
imposto dalla necessità di armonizzare l’estrinsecazione formale della decisione
con il suo reale intangibile contenuto e sia, come tale, intrinsecamente incapace
di incidere sulla decisione già assunta, modificandola o sostituendola. L’errore,
infatti, quale che sia la causa che possa averlo determinato e anche se

volontà del giudice, diffonde i suoi effetti sulla decisione, che, nella sua organica
unità e nelle sue essenziali componenti, può subire interventi correttivi solo
prima della formazione del giudicato, attraverso i normali rimedi rappresentati
dai mezzi di impugnazione.
In coerenza con tali rilievi, questa Corte ha già affermato che la sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti che ometta di pronunciarsi in
dispositivo sulla richiesta di sospensione condizionale della pena, cui l’accordo è
subordinato, non può essere oggetto del procedimento di correzione materiale ex
art. 130 cod. proc. pen. prima della sua definitività, in quanto tale omissione
integra una obiettiva assenza di un capo della sentenza, che comporta l’invalidità
della decisione che accoglie parzialmente una richiesta inscindibile di
patteggiamento, ex art. 444, comma 3, cod. proc. pen., e che deve essere, per
l’effetto rivisitata da parte del giudice di merito tramite l’annullamento con rinvio
della sentenza impugnata (Sez. 5, n. 4654 del 20/12/2005, dep. 03/02/2006,
Iammarino, Rv. 233626; Sez. 3, n. 8391 del 23/01/2008, dep. 25/02/2008,
Kalani e altri, Rv. 239053; Sez. 6, n. 12516 del 12/03/2008, dep. 20/03/2008,
Zangrando, Rv. 239331); né può essere rettificata in parte qua con la procedura
di correzione dell’errore materiale in sede esecutiva la sentenza di
patteggiamento che non contenga la concessione della sospensione condizionale
della pena, oggetto di accordo delle parti, e che non sia stata

oggetto di

impugnazione (Sez. 1, n. 36257 del 29/09/2010, dep. 11/10/2010, Iarusso e

altro, Rv. 248284).

3. Il Giudice dell’esecuzione, facendo esatta interpretazione e applicazione di
detti principi, condivisi dal Collegio, ha escluso che potesse concedersi,
attraverso l’invocata procedura, il beneficio della sospensione condizionale della
pena, tenuto conto della omessa valutazione sul punto in sede cognitoria,
espressa dalla mancanza di alcuna indicazione al riguardo nella sentenza del 5
novembre 2010, che, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., aveva applicato al
ricorrente la pena concordata ed era divenuta irrevocabile in data 28 dicembre
2010.
3

concettuale o di fatto, una volta divenuto partecipe del processo formativo della

Si tratta di valutazione corretta e ragionevole, poiché le indicate evenienze
ostano alla chiesta correzione della sentenza, che, secondo la tesi difensiva,
dovrebbe essere volta a una inammissibile modifica essenziale della decisione già
adottata e definitiva, in violazione dei canoni imposti dall’art. 130 cod. proc. pen.
e del principio di intangibilità del giudicato.
Il lamentato “errore” incorso in sentenza, non materiale, si sarebbe potuto,
invece, eliminare solo prima della formazione del giudicato attraverso
l’impugnazione con l’osservanza delle previste condizioni di tempo e di modo,

requisitoria scritta, al principio di ragionevole durata del processo e alla
efficienza processuale, quale implicazione operativa del primo.

4. Questa Corte non ignora il diverso orientamento pure espresso in passato
in sede di legittimità (Sez. 3, n. 30505 del 4 luglio 2001, dep. 06/08/2001, PM in
proc. Tartamella, Rv. 219983), quando si è ritenuto che, nel procedimento
speciale previsto dall’art. 444 cod. proc. pen., l’omissione della sospensione
condizionale della pena nel dispositivo senza che risulti, neppure per implicito,
nella motivazione della sentenza alcuna contraria determinazione da parte del
giudice, e in mancanza di condizioni ostative alla concessione, può essere
oggetto del procedimento di correzione ex art. 130 cod. proc. pen., ove risulti dal
verbale di udienza la subordinazione dell’accordo alla concessione del predetto
beneficio.
Deve, tuttavia, rilevarsi che si tratta di orientamento del tutto isolato,
superato dalle indicate decisioni di segno contrario, incoerente con i principi in
tema di correzione e incompatibile con quelli che attengono al fondamento e agli
effetti del giudicato, e inidoneo a fondare un contrasto giurisprudenziale in atto,
tale da richiedere l’intervento delle Sezioni unite.
Né esprime un diverso orientamento la sentenza di questa Corte richiamata
dal ricorrente a conforto della sua tesi (Sez. 6, n. 35802 del 27/04/2007,
dep. 28/09/2007, Manzi, Rv. 237422), seguita da successive pronunce conformi
(tra le quali, da ultimo, Sez. 5 n. 22736 del 23/03/2011, dep. 07/06/2011,
Corredo e altri, Rv. 250400), poiché, contrariamente a quanto assunto in ricorso
riportandosi parzialmente la massima, con dette decisioni si è affermato che il
contrasto tra dispositivo e motivazione in ordine alla omissione nel primo del
beneficio della sospensione condizionale della pena, la cui concessione è indicata
nella seconda, non determina la nullità della sentenza, ma si risolve con la logica
prevalenza dell’elemento decisionale, cristallizzato dal dispositivo, su quello
giustificativo, rappresentato dalla motivazione, potendosi eliminare tale
divergenza mediante il ricorso alla procedura di correzione dell’errore materiale
della motivazione ex art. 547 cod. proc. pen.
4

non superabili con il riferimento fatto dal Procuratore Generale, nella sua

5. Il ricorso manifestamente infondato deve essere, quindi, dichiarato
inammissibile.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento in favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

pen.

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