Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18042 del 29/01/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18042 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GENTILE ROCCO N. IL 27/12/1962
avverso l’ordinanza n. 911/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
ANCONA, del 15/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

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Data Udienza: 29/01/2013

Ritenuto in fatto

1, Con ordinanza deliberata il 15 dicembre 2011 il Tribunale di Sorveglianza
di Ancona ha rigettato le istanze di differimento dell’esecuzione della pena a
norma dell’art. 147, comma 1 n. 2, cod. pen. ovvero nelle forme di detenzione
domiciliare ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1 ter ord. pen., avanzate da Gentile
Rocco, avendo escluso che l’istante fosse affetto da «problematiche cliniche
degne di nota» e precisato, quanto alla misura alternativa, che oltre

ragione della estrema pericolosità ed inaffidabilità del soggetto, quale desumibile
dalle plurime condanne subite (cinquanta), dai procedimenti pendenti a suo
carico (undici), dalle sanzioni disciplinari subite nel periodo di detenzione e
dall’applicazione nei suoi confronti della misura di sicurezza della casa di lavoro
per anni due.
1.1 Il Tribunale ha rilevato, in particolare, che dalla relazione sanitaria
risultava che l’istante era sottoposto continuamente a visite mediche pressoché
giornaliere a ragione dello sciopero della fame da lui attuato per protesta contro
le istituzione e che aveva provocato un calo del peso corporeo, sicché, anche a
ragione del costante controllo attuato dai sanitari (ben ventitré visite medicospecialistiche nell’arco di soli tre mesi) le condizioni di salute non apparivano
suscettibili di ingravescenza idonea ad esporlo a rischio di vita ovvero a
determinare una situazione di incompatibilità con il regime intramurario.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Gentile,
personalmente, sollecitando in particolare, per quanto è dato comprendere, un
nuovo più approfondito esame della sua personalità, da attuarsi prescindendo da
dato relativo ai reati commessi ed ai procedimenti penali, alcuno’ dei quali
relativi a reati ormai prescritti, ma sulla base della sola condotta intramuraria.

Considerato in diritto

1. L’impugnazione è inammissibile in quanto basata su motivi
manifestamente infondati.
1.1 Nel formulare le sue censure, invero generiche avverso il provvedimento
impugnato, parte ricorrente non valuta adeguatamente, infatti, che per
legittimare il rinvio dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi
dell’art. 147 n. 2 cod. pen., eventualmente anche nella forma della detenzione

l’insussistenza di patologie gravi, la stessa doveva ritenersi impraticabile a

domiciliare, è necessario che il soggetto abbia bisogno di cure e trattamenti
indispensabili, tali da non poter essere praticati in regime di detenzione
inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni
di cura al sensi dell’art. 11 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (cd. ordinamento
penitenziario), situazione questa esclusa dal tribunale con argomentazioni
plausibili ed immuni da vizi logici o giuridici, basandosi le stesse, su dì una
adeguata disamina delle risultanze processuali, di cui non è dimostrato un
effettivo travisamento, in cui si afferma che le condizioni di salute del recluso

terapeutiche, anche del calo ponderale registrato.
Al riguardo non è superfluo ricordare, invero, che in tema dì rinvio
facoltativo dell’esecuzione della pena per gravi ragioni di salute, il principio
costituzionale di tutela della salute (art. 32 Cost.) e del senso di umanità (art. 27
Cost.) che deve caratterizzare l’esecuzione della pena, va contemperato con
l’esigenza di certezza della pena nella sua esecuzione con riferimento al principio
di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.), anche perché,
come già chiarito da questa Corte, “il differimento della pena per motivi di salute
può essere giustificato solo con l’impossibilità di praticare utilmente le cure
necessarie nel corso dell’esecuzione della pena, non già dalla possibilità di
praticarle meglio, fuori della struttura penitenziaria” (così Sez. 1, Sentenza n.
4690 del 23/9/1996, Rv. 205750, ric. Camerlengo).

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost,
sent. n. 186 del 2000) – al versamento alla Cassa delle ammende di una somma
congruamente determinabile in C 1000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

risultano costantemente monitorate, non essendovi particolari indicazioni

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