Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18038 del 27/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18038 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAITI SEBASTIANO nato il 06/11/1984 a AUGUSTA

avverso il decreto del 20/06/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 27/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto indicato in epigrafe, la Corte di appello di Catania
confermava quello del Tribunale di Ragusa di applicazione nei confronti di Raiti
Sebastiano della misura di prevenzione della sorveglianza speciale per anni due,
con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza e di presentazione giornaliera
all’Autorità di Pubblica sicurezza.
L’appellante aveva eccepito la nullità del decreto del Tribunale per mancata

era stato successivamente arrestato; all’udienza del 2/12/2016, pertanto, il
Tribunale – presente il difensore d’ufficio – aveva rinviato il procedimento al
10/2/2017 disponendo la notifica della citazione al proposto; questi, in data
30/1/2017, aveva nominato un difensore di fiducia, al quale il decreto di
fissazione dell’udienza non era stato notificato. L’udienza era stata celebrata con
la presenza del difensore d’ufficio.
Secondo la Corte territoriale, non si era verificata alcuna nullità: il difensore
di fiducia non aveva alcun diritto a ricevere la notifica del decreto di fissazione
dell’udienza del 10/2/2017, essendo sua cura informarsi della data del rinvio
dell’udienza; la sua assenza non era stata giustificata da alcun legittimo
impedimento.
Nel merito del provvedimento, la Corte dava atto che l’ordinanza cautelare
emessa nei confronti di Raiti per i delitti di associazione per delinquere di stampo
mafioso e rapina era stata annullata, ma osservava che ciò era avvenuto per il
mancato rispetto dell’art. 192 cod. proc. pen. con riferimento alle dichiarazioni
dei collaboranti; tali regole non trovano applicazione nel procedimento di
prevenzione, nel quale il giudice è titolare di un autonomo potere di valutazione,
anche alla luce della diversità del concetto di partecipazione ad associazione
mafiosa e di appartenenza ad essa.
La Corte ricordava che Alfio Ruggeri aveva descritto la scalata criminale di
Raiti nel clan mafioso di Lentini e che, nel 2004, il proposto era già stato
condannato per concorso esterno in tale associazione; anche Mangiameli
Giuseppe aveva confermato la vicinanza di Raiti a Sambasile Alfio, esponente di
spicco del clan Nardo, aggiungendo che Raiti era dedito allo spaccio di sostanze
stupefacenti, circostanza confermata da Srofani Alessio; recenti intercettazioni
avevano registrato una conversazione tra Raiti e un esponente mafioso avente
ad oggetto affari illeciti, tra cui la gestione di spaccio di stupefacenti e un’altra
nella quale Raiti aveva redarguito Amato Salvatore per il mancato versamento
nelle casse del clan di una parte dei proventi dell’attività illecita commessa nel
territorio di Lentini.

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notifica al difensore di fiducia della data di udienza. Raiti, inizialmente latitante,

Si trattava di elementi da cui dedurre la attuale pericolosità del soggetto ai
sensi dell’art. 4, lett. a) D. L.vo 159 del 2011.
La misura e l’entità della stessa venivano ritenute congrue.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Raiti Sebastiano, deducendo, in un
primo motivo, violazione di legge processuale.
La Corte avrebbe dovuto dichiarare la nullità del decreto applicativo della
misura di prevenzione attesa l’assenza del difensore di fiducia regolarmente

quale la sua presenza era obbligatoria.
Con un secondo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 4 e 7 D.
L.vo 159 del 2011. La Corte avrebbe dovuto dichiarare la nullità del decreto di
citazione a giudizio per omessa indicazione della misura proposta e del tipo di
pericolosità posta a fondamento della richiesta.
Con un terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei requisiti della pericolosità
attuale del proposto.
Il materiale valorizzato dalla Corte territoriale per confermare l’applicazione
della misura di prevenzione non risultava idoneo ed adeguato a dimostrare
l’appartenenza di Raiti all’associazione mafiosa e, quindi, ad inferirne la
pericolosità attuale. Il ruolo nell’ambito dell’associazione mafiosa e il contributo
fattivo di Raiti erano stati esclusi già in sede cautelare, atteso l’annullamento
dell’ordinanza cautelare da parte del Tribunale del riesame; gli ulteriori elementi
valorizzati nel decreto erano risalenti nel tempo; il riferimento alle intercettazioni
recenti era irrilevante, atteso che Catania Franco è soggetto incensurato.
In definitiva, sussistevano violazione di legge e apparenza della motivazione
sia con riferimento alla rilevanza delle condotte ai fini della prevenzione, sia con
riferimento all’attualità della pericolosità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Non vi è dubbio che l’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia
tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato integra una nullità
assoluta ai sensi degli artt. 178, comma primo lett. c) e 179, comma primo cod.
proc. pen., quando di esso è obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la
notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato
presente un sostituto nominato ex art. 97, comma quarto, cod. proc. pen. (Sez.
U, n. 24630 del 26/03/2015 – dep. 10/06/2015, Maritan, Rv. 263598); tuttavia,

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nominato dal proposto prima dell’udienza di trattazione in un procedimento nel

le Sezioni Unite hanno definitivamente stabilito che l’avviso di fissazione
dell’udienza deve essere effettuato al difensore di fiducia dell’imputato che
rivestiva tale qualità all’atto di fissazione dell’udienza e non anche all’avvocato
che abbia acquistato successivamente tale veste, in quanto con l’emissione
dell’avviso si cristallizza la situazione processuale relativa agli adempimenti di
cancelleria. (Sez. U, n. 24630 del 26/03/2015 – dep. 10/06/2015, Maritan, Rv.
263600).
Si tratta della situazione verificatasi nel caso di specie: il difensore d’ufficio

presente all’udienza del 2/12/2016 davanti al Tribunale di Ragusa, in quanto
tempestivamente avvisato; a tale udienza era stata deciso il differimento del
procedimento al 10/2/2017 al fine di permettere la partecipazione al proposto,
nel frattempo arrestato: quindi, il difensore d’ufficio aveva avuto conoscenza
della fissazione dell’udienza successiva adottata dal Tribunale.
In definitiva, la successiva nomina di un difensore di fiducia da parte di Raiti
in prossimità dell’udienza del 10/2/2017 non comportava alcun obbligo di avviso
al nuovo difensore.

2.

Il secondo motivo di ricorso è generico e, soprattutto, non è stato

proposto con l’atto di appello, nel quale si contestava soltanto la sussistenza dei
presupposti della pericolosità sociale e della sua attualità.
Il motivo, pertanto, è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3 cod.
proc. pen., trattandosi di violazione di legge non dedotta con i motivi di appello.

3.

Il terzo motivo è, invece, inammissibile: in effetti, il ricorso per

cassazione avverso il decreto della Corte d’appello può essere proposto solo per
violazione di legge (art. 10, comma 3, D. L.vo 159 del 2011).
Il motivo menziona espressamente il vizio di manifesta illogicità della
motivazione, di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. e, in effetti, le
argomentazioni svolte sollecitano una rivisitazione nel merito della decisione
impugnata, sostenendo la mancanza della “certezza” e della “pregnanza” degli
elementi probatori valorizzati dalla Corte territoriale ma non affermando che
alcuni di essi erano del tutto inutilizzabili; d’altro canto, la censura di apparenza
della motivazione del decreto impugnato è manifestamente infondata, atteso
che, al contrario, il decreto è ampiamente motivato in ordine alla “appartenenza”
di Raiti all’associazione mafiosa e alla sua attività di spaccio di sostanze
stupefacenti e affronta espressamente anche il tema dell’attualità della
pericolosità, facendo riferimento a intercettazioni assai recenti.

4

ritualmente nominato a seguito della accertata latitanza del proposto era

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 27 febbraio 2018

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