Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18031 del 19/12/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 18031 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CACCIOLA GIUSEPPE nato il 12/03/1981 a CINQUEFRONDI

avverso l’ordinanza del 18/04/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO
CALABRIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIACOMO ROCCHI;
lette le conclusioni del PG dott. Luca Tampieri che ha chiesto la declaratoria di
inammissibilità del ricorso

Data Udienza: 19/12/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Reggio
Calabria rigettava le istanze di Cacciola Giuseppe, nei cui confronti era stato
emesso ordine di esecuzione per la pena di anni due e mesi otto e giorni 15 di
reclusione, residuo della maggior pena di anni otto e mesi otto di reclusione, di
affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà.
Secondo il Tribunale, la gravità dei reati commessi e il curriculum criminale

con contesti di criminalità organizzata; si doveva anche tenere conto del poco
rassicurante contesto familiare che annovera soggetti pregiudicati di un certo
spessore; tali elementi facevano ritenere la permanenza in capo al condannato di
una residua pericolosità sociale che non consentiva di formulare una prognosi
positiva circa l’astensione futura dalla commissione di ulteriori reati.
Il Tribunale ricordava, ancora, la condotta negativa tenuta da Cacciola nel
2016, quando il soggetto si trovava agli arresti domiciliari, condotta che aveva
portato il G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria a ripristinare la misura della
custodia cautelare in carcere.
Il condannato non aveva un’attività lavorativa né concrete possibilità di
reinserimento nel tessuto sociale, aveva frequentazioni con soggetti
controindicati, non mostrava segni di resipiscenza o di dissociazione dalle logiche
criminali e dimostrava una propensione a delinquere di carattere sistematico e
programmatico.
In definitiva, le misure alternative proposte non apparivano idonee a
contribuire alla rieducazione del reo e a prevenire il pericolo di commissione di
ulteriori reati.

2. Ricorre per cassazione Cacciola Giuseppe, deducendo violazione di legge
e vizio di motivazione con riferimento alla richiesta di applicazione della
detenzione domiciliare.
Cacciola si trovava agli arresti domiciliari,ex art. 656, comma 10,cod. proc.
pen. ) da quasi un anno senza essere mai incorso in violazioni delle prescrizioni di
tale misura, cosicché non si poteva affermare che la stessa non fosse idonea a
prevenire il pericolo di consumazione di nuovi reati; del resto, Cacciola aveva già
usufruito della liberazione anticipata.
Sussistevano, quindi, i presupposti di cui all’art. 47 ter, comma 1 bis, ord.
pen..
Il ricorrente contesta la valutazione di pericolosità sociale espressa nei suoi
confronti; sottolinea che la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia

erano indicativi di collegamenti con ambienti malavitosi di più ampia portata e

I
cautelare in carcere disposta dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria era stata
motivata esclusivamente dalla misura della condanna in primo grado (anni otto
di reclusione) e non dalla violazione delle prescrizioni. Si trattava, quindi, di un
travisamento del contenuto del provvedimento.
L’ordinanza non aveva tenuto conto del contenuto della Relazione
dell’assistente sociale, che dava atto di un serio percorso di resipiscenza,
dell’allontanamento dal contesto familiare originario e della volontà di dedicarsi
all’aspetto risocializzante. D’altro canto, l’espiazione in regime di detenzione

contesto sociale. Infine, era errato il riferimento al contesto familiare originario,
poiché il ricorrente non dimora con i genitori, ma con la moglie e i figli in
un’abitazione di proprietà del suocero.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore Generale, dott. Luca Tampieri, nella requisitoria scritta,
conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Si deve dare atto che il ricorrente non impugna l’ordinanza del Tribunale
di Sorveglianza di Reggio Calabria nella parte in cui rigetta le istanze di
affidamento in prova al servizio sociale e di semilibertà, limitandosi a censurare il
provvedimento con riferimento al diniego della misura della detenzione
domiciliare, chiesta ai sensi dell’art. 47 ter comma 1 bis ord. pen.

Limitatamente a questa misura, non sussiste il vizio di manifesta illogicità
della motivazione con riferimento alla prevenzione del pericolo di commissione di
nuovi reati, ritenuto ancora sussistente dal Tribunale sulla base di una
valutazione complessiva: in effetti, la circostanza che, nel periodo trascorso agli
arresti domiciliari (circa dieci mesi), l’interessato non sia incorso in violazioni
della misura non comporta automaticamente un giudizio di inesistenza del
pericolo per il periodo futuro, notevolmente più lungo.
Quanto, poi, ai motivi per cui, nel gennaio 2016, la misura degli arresti
domiciliari era stata sostituita dal G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria con
quella della custodia cautelare in carcere (salvo ripristino della misura nel mese
di luglio 2016), il ricorrente denuncia un travisamento del contenuto del
provvedimento da parte del Tribunale di Sorveglianza, che lo ha ritenuto
motivato sulla base di un “poco rassicurante comportamento tenuto durante la
sottoposizione alla misura”: ma, sul punto, il ricorso è privo di autosufficienza,

domiciliare è diretta a consentire un graduale e controllato reinserimento nel

poiché il provvedimento in questione non è stato né allegato né riprodotto dal
ricorrente.

Risulta infondata anche la censura relativa al mancato esame della
Relazione dell’UEPE da parte del Tribunale di Sorveglianza: al contrario, il
contenuto di quell’atto è ampiamente riprodotto anche nei suoi aspetti
favorevoli, riportando l’ordinanza il giudizio che raffigurava un soggetto “critico
nel valutare i reati commessi, consapevole della gravità della situazione

dall’essere padre di quattro figli”.
Ma tale giudizio non vincolava il Tribunale di Sorveglianza, cui deve essere
riconosciuta una ampia discrezionalità nel valutare la persona del condannato e
nel formulare prognosi sul suo comportamento futuro: cosicché non appare
manifestamente illogico né adottato in violazione di legge il giudizio finale con il
quale il Tribunale sottolinea che il condannato ha ancora un cammino lungo da
percorrere “per pervenire ad una significativa presa di coscienza del disvalore dei
comportamenti criminosi da lui tenuti”.
Si tratta di valutazione “allo stato degli atti”, come correttamente
l’ordinanza sottolinea in un passo precedente: che, quindi, non preclude una
diversa valutazione in una fase successiva.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 19 dicembre 2017

giudiziaria familiare e desideroso di un cambiamento motivato soprattutto

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA