Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18011 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18011 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POZZESSERE ANTONIO GIUSEPPE N. IL 30/03/1965
avverso la sentenza n. 33/2007 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 28/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

hi(

Udito, per I
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 21/03/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Alfredo
Montagna, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Perrone, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso e in subordine invoca la prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

Pozzessere Antonio Giuseppe propone ricorso per cassazione

1.

Taranto, che, in riforma della sentenza del tribunale di Taranto, ha
dichiarato non doversi procedere limitatamente al reato di cui all’articolo
216, comma 3, della legge fallimentare, confermando la condanna
inflitta per la bancarotta fraudolenta distrattiva e rideterminando la pena
in anni due di reclusione.
Con un primo motivo di ricorso lamenta mancanza,

2.

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, nonché
inosservanza degli articoli 42 del codice penale, 216 e 223 della legge
fallimentare.
Con un terzo motivo di ricorso lamenta mancanza,

3.

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, nonché
inosservanza degli articoli 2 cod. pen. e 216, 223 della legge
fallimentare.
4.

Con un quarto motivo di ricorso lamenta mancanza,

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, nonché
inosservanza degli articoli 223, comma due, numero uno, della legge
fallimentare e 2626 del codice civile.
5.

Con un quinto motivo di ricorso lamenta mancanza,

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, nonché
inosservanza degli articoli 62, comma quattro, cod. pen. e 219, comma
tre, della legge fallimentare.
6.

In subordine chiedeva disporsi l’annullamento senza rinvio, in caso

di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il reato contestato è stato consumato il 10.01.2000 e, quindi, il
termine prescrizionale di dodici anni e sei mesi è maturato il
1

contro la sentenza della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di

10/07/2012, ovvero successivamente alla pronuncia della sentenza di
secondo grado.
2. Orbene i motivi di impugnazione non sono inammissibili e, quindi,
del maturarsi del termine prescrizionale si deve tenere conto anche in
sede di legittimità. I motivi di impugnazione meritano considerazione
perché pongono l’accento, anche se con alcune concessioni al merito
della vicenda certamente inammissibili in sede di legittimità, su
inadempienze motivazionali della sentenza impugnata che non sembrano
Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5 giugno 1992-15 febbraio 1993, n. 1340,
CED 193033; S.U. 21 ottobre 1992-22 febbraio 1993, n. 1653, Marino,
CED 192465; Cass., Sez. 6, 7-31 marz 2003, n. 15125, CED 225635) ha
stabilito che in presenza di una causa di estinzione del reato non sono
rilevabili in cessazione vizi di motivazione della sentenza, perché
l’inevitabile rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la
pronuncia di annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata
declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato,
stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1. Ne consegue che è del tutto
superfluo l’esame approfondito di tali motivi di ricorso, essendo ciò
indifferente in caso di annullamento della sentenza per intervenuta
prescrizione. Le predette considerazioni valgono anche per le nullità
processuali (Sez. 6, n. 21459 del 26/03/2008 – dep. 28/05/2008,
Pedrazzini, Rv. 240066; conf. Sez. 5, n. 39217 del 11/07/2008 – dep.
20/10/2008, Crippa, Rv. 242326) e per le violazioni di legge che non
comportino l’assoluzione con formula piena dell’imputato (cfr. Sez. 5, n.
39401 del 18/09/2008 – dep. 21/10/2008, Pannofino e altri, Rv.
241734).
3. Non ricorrono, comunque, i presupposti per una pronuncia
assolutoria ex art. 129 c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di quanto
emerge a carico dell’imputato dalla motivazione delle due sentenze, non
risulta affatto evidente la estraneità del ricorrente ai fatti contestati (Sez.
6, n. 32872 del 04/07/2011 – dep. 25/08/2011, Agulli e altri, Rv.
250907); in presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo di
declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129,
comma 2, cod. proc. pen. da parte della Corte di Cessazione richiede il
controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai
quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono
costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di

totalmente infondate. A tal proposito appare opportuno ricordare che la

deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione,
che, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), deve risultare dal testo del
provvedimento impugnato. (Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000 – dep.
22/09/2000, Meloni, Rv. 217255). Ed in ogni caso le circostanze idonee
ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale devono emergere dagli atti in
modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il
giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di

“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento. (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274); la “evidenza” richiesta
dall’art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., presuppone, infatti, la
manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed
obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in
qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia. (Sez.
2, n. 9174 del 19/02/2008 – dep. 29/02/2008, Palladini, Rv. 239552).
4. Cosicché è necessario prendere atto della intervenuta causa
estintiva e annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere
estinto il reato per intervenuta prescrizione.

p.q.m.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riguardo al reato per cui è
Intervenuta condanna per essere Io stesso estinto per prescrizione.
Così deciso il 21/03/2013

“constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di

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