Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18004 del 09/04/2018


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Penale Ord. Sez. 6 Num. 18004 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MINNITI SALVATORE nato il 13/06/1961 a MONTEBELLO IONICO

avverso la sentenza del 11/01/2011 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;

Data Udienza: 09/04/2018

FATTO E DIRITTO
Il difensore e procuratore speciale di Minniti Salvatore propone ricorso straordinario
ex art. 625 bis cod. proc. pen. avverso la sentenza emessa in data 11 gennaio 2011 dalla
Seconda Sezione di questa Corte, con la quale veniva annullata senza rinvio la sentenza
emessa in data 21 gennaio 2010 dalla Corte di appello di Reggio Calabria limitatamente
all’aggravante di cui all’art. 7 1.203/91, che veniva esclusa, con conseguente rideterminazione
della pena inflitta in anni 2 e mesi 6 di reclusione per il reato di cui all’art. 610 cod. pen.
dell’aggravante riverberava effetti anche sulla prescrizione del reato, maturata alla data della
pronuncia di questa Corte; in particolare, segnala che, essendo stato il reato commesso nel
marzo 2003, il termine prescrizionale era maturato nel settembre 2010 nel periodo
intercorrente tra la sentenza di appello e quella emessa da questa Corte, che, tuttavia, per mero
errore, non ha rilevato la causa di estinzione del reato.
Assume che ai sensi dell’art. 625- bis n. 3 cod. proc. pen. rientra tra i poteri di questa
Corte rilevare in ogni tempo, anche d’ufficio, gli errori materiali o di fatto disposti nei
confronti del condannato e, pertanto, sollecita l’intervento correttivo richiesto affinché sia
dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
Posto che è deducibile come errore di fatto rilevante ai sensi dell’art. 625-bis, cod.
proc. pen., l’omesso rilievo da parte della Corte di cassazione dell’avvenuto decorso del
termine di prescrizione, nelle more del giudizio di legittimità, una volta ritenuto non
inammissibile il ricorso avverso la sentenza impugnata, (Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011,
Corsini, Rv. 250528; Sez. 4, n. 3319 del 12/12/2014, Refatti, Rv. 262028; Sez. 6, n. 26768 del
20/09/2012, Contardi, Rv. 253382), il ricorso proposto è invece, inammissibile, in primo
luogo, perché proposto in data 22.11.2017, ben oltre il termine di 180 giorni dal deposito
della sentenza di questa Corte, avvenuto il 20 aprile 2011.
Della palese tardività del ricorso è consapevole il ricorrente, che, tuttavia, sollecita
l’intervento d’ufficio di questa Corte ai sensi dell’art. 625- bis, comma 3, cod. proc. pen.,
secondo periodo, introdotto dall’art. 1, comma 68, della 1. n. 103/17, in forza di una
interpretazione della norma in palese contrasto con la ratio e con i termini previsti.
La norma invocata, destinata a prevenire proprio la proposizione di ricorsi straordinari,
riguarda i casi in cui questa Corte rilevi d’ufficio, non su istanza o sollecitazione di parte, un
errore di fatto, contenuto in una sentenza di legittimità, e provveda direttamente, senza
formalità, alla correzione dell’errore nel termine di novanta giorni dalla deliberazione.
Solo per la correzione dell’errore materiale, contenuto in una sentenza di legittimità,
l’art. 625-bis, comma 3, primo periodo, cod. proc. pen. novellato non contempla il rispetto di

Il ricorrente deduce che la sentenza impugnata incorre in errore, in quanto l’esclusione

alcun termine, prevedendo che la Corte possa rilevarlo e procedere alla rettifica in qualsiasi
momento.
All’evidenza, pertanto, la norma disciplina un’ipotesi del tutto diversa da quella in
oggetto e prevede una tempistica, incompatibile con quella stabilita per la proposizione del
ricorso straordinario per errore di fatto da parte del condannato.
Ne discende che la lettura proposta dal ricorrente è del tutto incompatibile con la ratio
normativa, risolvendosi in una patente elusione dei termini perentori stabiliti dall’art. 625-bis,
comma 2, cod. proc. pen. per la proposizione del rimedio straordinario, vanificando la
previsione dell’art. 625-bis, comma 4, cod. proc. pen., che consente di dichiarare, anche
come avvenuto nella fattispecie.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente
determinata in euro quattromila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9 aprile 2018

d’ufficio, l’inammissibilità della richiesta proposta fuori del termine previsto dal comma 2,

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