Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18003 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18003 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MARIANO ANGELO N. IL 27/06/1969
avverso la sentenza n. 3464/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 06/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha qoncluso per

h-uu

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 21/03/2013

Il Procuratore generale della Corte di cessazione, dr. Alfredo
Montagna, ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Di Mariano Angelo propone ricorso per cessazione contro la

1.

sentenza della Corte d’appello di Palermo che, a conferma della sentenza

reati di lesioni personali aggravate e danneggiamento aggravato.
Con un primo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per

2.

mancato espletamento di perizia volta a dimostrare il vizio totale o
parziale di mente dell’imputato, rilevando apoditticamente che dagli atti
non si ricavava in alcun modo la sussistenza di una malattia tale da
escludere o scemare la capacità di intendere e di volere al momento del
fatto.
3.

Con un secondo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per

violazione dell’articolo 582 e vizio di motivazione perché la Corte non ha
fornito nessuna risposta alla possibilità di considerare rientrante nel
concetto clinico di malattia le escoriazioni giudicate guaribili in soli
cinque giorni.
4.

Con un terzo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza per

violazione dell’articolo 62 bis del codice penale, per non avere la Corte
concesso le attenuanti generiche, attesa la non gravità delle lesioni
sofferte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di impugnazione non sono inammissibili e, quindi, del
maturarsi del termine prescrizionale si deve tenere conto anche in sede
di legittimità. In particolare non pare manifestamente infondato il primo
motivo, relativo agli accertamenti sulla capacità di intendere e di volere
dell’imputato.
2. Non ricorrono i presupposti per una pronuncia assolutoria ex art.
129 c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di quanto emerge a carico
dell’imputato dalla motivazione delle due sentenze, non risulta affatto
evidente la estraneità del ricorrente ai fatti contestati (Sez. 6, n. 32872
1

di primo grado, lo ha condannato alla pena di mesi sei di reclusione per i

del 04/07/2011 – dep. 25/08/2011, Agulli e altri, Rv. 250907); in

presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo di declaratoria
di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129, comma 2,
cod. proc. pen. da parte della Corte di Cessazione richiede il controllo
unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai quali
può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono
costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di
deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione,
provvedimento impugnato. (Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000 – dep.
22/09/2000, Meloni, Rv. 217255).
3. Ed in ogni caso le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del
fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua
rilevanza penale devono emergere dagli atti in modo assolutamente non
contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al
riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di
percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi
incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di
approfondimento. (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 – dep. 15/09/2009,
Tettamanti, Rv. 244274); la “evidenza” richiesta dall’art. 129, comma
secondo, cod. proc. pen., presuppone, infatti, la manifestazione di una
verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva da rendere
superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in qualcosa di più di
quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia (Sez. 2, n. 9174 del
19/02/2008 – dep. 29/02/2008, Palladini, Rv. 239552).
4. Cosicché è necessario prendere atto della intervenuta causa
estintiva e annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere
estinti i reati per intervenuta prescrizione.

p.q.m.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere i reati estinti per
intervenuta prescrizione.
Così deciso il 21/03/2013

che, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), deve risultare dal testo del

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