Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17986 del 23/01/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 17986 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: D’ARCANGELO FABRIZIO

Data Udienza: 23/01/2018

SENTENZA

suo ricorso proposto da

Celestino Cosimo Damiano, nato a Marina di Gioiosa Ionica il 23/09/1966

avverso la sentenza del 03/01/2017 della Corte di appello di Reggio Calabria

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D’Arcangelo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
della sentenza impugnata limitatamente alla applicazione della fattispecie di cui
all’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;
udito il difensore, avv. Lavinia Felisso, in sostituzione dell’avv. Antonio Nocera,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

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I’

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria, in
riforma della sentenza emessa in data 6 ottobre 2015 dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Locri nei confronti degli imputati appellanti Cosimo
Damiano Celestino e Francesco Celestino, ha dichiarato non doversi procedere
nei confronti di Francesco Celestino ai sensi dell’art. 384 cod. pen., previa
riqualificazione del fatto ascritto nel reato di cui all’art. 378 cod. pen., ed ha

Damiano Celestino, che ha condannato al pagamento delle spese processuali del
grado.

2. Cosimo Damiano Celestino all’esito del giudizio abbreviato di primo
grado è stato condannato alla pena di cinque anni di reclusione ed euro 20.000
di multa per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
per aver detenuto a fine di spaccio, presso la propria abitazione di Gioiosa Jonica
in data 13 marzo 2015, sei involucri in cellophane del peso complessivo di gr.
1,339 di cocaina (4,4 dosi medie singole ricavabili), gr. 69,423 della medesima
sostanza, (104,8 dosi medie singole), una dose già confezionata di gr. 0,296,
(una dose media singola), rinvenuti nella immediata disponibilità del figlio
Francesco, che è stato colto dagli operanti mentre stava cercando di disfarsene,
gettandola nei servizi igienici.
3. L’avv. Antonio Nocera, difensore del Celestino, ricorre avverso tale
sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. pen., della erronea applicazione dell’art. 73, quinto
comma, d.P.R. n. 309 del 1990 e della illogicità e della contraddittorietà della
motivazione sul punto.
Con il secondo motivo il ricorrente censura la nullità della sentenza
impugnata in relazione alla errata dosimetria della pena inflitta con riferimento
alla pena base in conseguenza della errata qualificazione del fatto, nonché per
l’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.

confermato nel resto la pronuncia di primo grado nei confronti di Cosimo

2. Con il primo motivo il ricorrente si duole della erronea applicazione
dell’art. 73, quinto comma, d.P.R. n. 309 del 1990 e della illogicità e della
contraddittorietà della motivazione sul punto, con riferimento alla destinazione
solo parziale della sostanza stupefacente ai terzi ed al travisamento della prova
sulla quantità di sostanza stupefacente sequestrata.
La Corte di appello non aveva, infatti, esaminato tutti gli elementi probatori
acquisiti ed aveva omesso di confrontarsi in modo convincente con le deduzioni
della difesa in punto di corretta qualificazione giuridica della condotta accertata.

75% della sua composizione ponderale e, quindi, era di scarsissima qualità; il
bassissimo principio attivo, pertanto, ridimensionava oggettivamente l’entità
(109 dosi singole medie) della sostanza stupefacente detenuta, peraltro, da
parte di un soggetto tossicodipendente cronico.
Non erano emerse dagli atti, inoltre, circostanze oggettive o soggettive tali
da indurre a ritenere che la condotta del reo fosse legata ad un canale qualificato
di rifornimento ed anzi la scarsa qualità della cocaina era sintomatica della
ascrivibilità dell’imputato al più basso livello del circuito del narcotraffico.
L’imputato era, peraltro, titolare di fonti reddituali lecite ed, infatti, la
somma di danaro sequestrata nell’immediatezza dagli inquirenti era stata
successivamente dissequestrata.
Il fatto accertato doveva, pertanto, essere ricondotto alla previsione della
fattispecie attenuata di cui all’art. 73, quinto comma, d.P.R. n. 309 del 1990,
anche in considerazione della destinazione di parte della sostanza stupefacente
al fabbisogno personale del reo.
Nessuna risposta era, inoltre, stata data dalla Corte di appello alla
doglianza difensiva relativa alla destinazione di buona parte della sostanza
stupefacente sequestrata all’uso personale ed era arbitrario escludere, nelle
circostanze descritte, la costituzione di una scorta da parte dell’imputato.
La Corte di appello, invece, aveva affermato che la fattispecie autonoma
della lieve entità rimane “esclusa nel caso in cui il dato ponderale e qualitativo
della sostanza superi una soglia ragionevole di valore economico, non rilevando
in senso contrario eventuali circostanze favorevoli all’imputato”, senza, tuttavia,
precisare quale sarebbe tale soglia.

3. La censura deve essere accolta nei limiti che di seguito si precisano.

4. La Corte di appello di Reggio Calabria congruamente ha ritenuto la
destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente rinvenuta presso
l’abitazione dell’imputato.

La sostanza stupefacente sequestrata al Celestino era, infatti, tagliata per il

’‘

La motivazione della Corte di appello di Reggio Calabria, a pag. 6 della
sentenza impugnata, nell’escludere una destinazione al consumo meramente
personale della sostanza stupefacente rinvenuta nella disponibilità dell’imputato,
ha, infatti, tutt’altro che illogicamente, valorizzato, unitamente al dato
ponderale, anche le modalità di confezionamento, la presenza di un bilancino di
precisione, di un coltello recante evidenti tracce della sostanza, di piccoli ritagli in

cellophane, di una forbice e del nastro adesivo, che denotavano quanto meno la
predisposizione di una attività di spaccio.

argomenti, inoltre, non risultava confutato dallo stato di tossicodipendenza
dell’imputato, ben potendo la sostanza stupefacente essere destinata, anche solo
in parte, al consumo personale.
La Corte di appello, tuttavia, nell’escludere la applicazione del quinto
comma dell’art 73 d.P.R. n. 309 del 1990, ha rilevato che la condotta accertata
“non è connotata da minima offensività” e che “non assume, inoltre, decisivo
rilievo la circostanza che il principio attivo è risultato dalle analisi chimiche
effettuate dai LAS di Reggio Calabria nella misura percentuale inferiore al 75%,
posto che la circostanza attenuante del fatto di lieve entità, nei reati concernenti
le sostanze stupefacenti, è esclusa nel caso in cui il dato ponderale e qualitativo
della sostanza superi una soglia ragionevole di valore economico, non rilevando
in senso contrario eventuali circostanze favorevoli all’imputato. Né è emersa,
come è invece sostenuto dalla difesa, alcuna valutazione di “scarsissima qualità
della sostanza stupefacente in questione”.
Tali rilievi si appalesano, tuttavia, incongrui ai fini della corretta delibazione
in ordine alla applicabilità o meno della fattispecie attenuata di cui all’art. 73,
quinto comma, d.P.R. n. 309 del 1990.
La sentenza impugnata ha, infatti, erroneamente motivato la esclusione
della fattispecie attenuata di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del
1990, enfatizzando il superamento di una “soglia ragionevole di valore
economico”, peraltro rimasta indefinita ed imprecisata.
La Corte di appello, inoltre, pur a fronte di quantitativi di sostanza
stupefacente non strutturalmente irriducibili alla predetta fattispecie attenuata,
ha assolutizzato il dato ponderale, in spregio alla valutazione sinergica ed
unitaria richiesta dal legislatore e pur a fronte della ritenuta destinazione di parte
della sostanza stupefacente stessa all’uso personale.
Ai fini dell’accertamento del fatto di lieve entità, il giudice è, tuttavia, tenuto
a valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione
(mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto
materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della

Il convincimento della detenzione a fine di spaccio, fondato sui predetti

1>

condotta criminosa), dovendosi escludere qualsivoglia preclusione derivante dalla
eterogeneità delle sostanze o dalle modalità organizzate della condotta, essendo
quest’ultimi elementi idonei ad escludere l’ipotesi del fatto lieve soltanto qualora
siano dimostrativi di una significativa potenzialità offensiva (Sez. 6, n. 29132 del
09/05/2017, Merli, Rv. 270562, in motivazione, la Corte ha annullato la sentenza
che aveva escluso l’ipotesi di cui all’art.73, comma quinto, d.P.R. n.309 del
1990, valorizzando esclusivamente la reiterazione nel tempo delle cessioni ed
omettendo di compiere una valutazione globale ed unitaria dei diversi indicatori

La fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R.
n. 309 del 1990 non è, infatti, di per sé incompatibile con lo svolgimento di
attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un’attività
criminale organizzata o professionale, come si desume dall’art. 74, comma sesto,
d.P.R. n. 309 del 1990, che prevede un’attenuante per l’ipotesi di associazione
finalizzata alla commissione di fatti di detenzione e cessione di lieve entità, cioè
riferiti al c.d. piccolo spaccio, ancorché organizzato

(ex plurimis:

Sez. 6, n.

28251 del 09/02/2017, Mascali, Rv. 270397).

5. Con il secondo motivo il ricorrente censura la nullità della sentenza
impugnata in ordine alla errata dosimetria della pena inflitta con riferimento alla
pena base ed alla errata qualificazione del fatto, nonché per l’omessa
concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il Giudice dell’udienza preliminare aveva determinato la pena base in sette
anni e sei mesi di reclusione ed euro 30.000 di multa e la Corte di appello aveva
ritenuto la stessa “adeguata alla reale entità dei fatti”, con riferimento alla
personalità del reo “gravato da precedenti specifici”.
La motivazione della sentenza impugnata era, tuttavia, meramente
apparente e, comunque, illogica, in quanto risultava accertata la condizione di
cronica tossicodipendenza dell’imputato, la scarsissima qualità della sostanza
stupefacente rinvenuta ed il basso grado di principio attivo presente.
Illogica e contraddittoria era anche la sentenza impugnata nella parte in
cui, nel motivare il diniego della attenuanti generiche, aveva fatto riferimento
alle “modalità dell’azione” ed a “possibili contatti con contesti di criminalità
organizzata operanti nel settore delle sostanze stupefacenti” rimasti su un piano
meramente congetturale.
La concessione delle circostanze attenuanti generiche avrebbe, invece,
mitigato il rigore sanzionatorio, del tutto sproporzionato, palesatosi nella
vicenda.

della lieve entità del fatto).

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6. Anche tale motivo di ricorso si rivela fondato.
Le doglianze formulate dal ricorrente in ordine alla determinazione
dell’entità della pena irrogata risultano assorbite dall’accoglimento del motivo di
ricorso relativo alla applicazione dell’art. 73, quinto comma, d.P.R. n. 309 del
1990; meramente apparente si rivela, inoltre, la motivazione del diniego della
concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di appello ha, infatti, argomentato il proprio convincimento
valorizzando possibili, ma, invero, indimostrati, contatti dell’imputato con

stupefacenti”.
La motivazione sul punto risulta, pertanto, manifestamente illogica in
quanto risulta fondata su elementi meramente congetturali e puramente
ipotetici.

7. Tali rilievi impongono l’annullamento della sentenza impugnata perché
venga celebrato un nuovo giudizio dalla Corte di Appello di Reggio Calabria che
provveda a colmare, nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito,
le indicate lacune della motivazione impugnata limitatamente alla applicazione
dell’art. 73, quinto comma, d.p.r. n. 309 del 1990 e delle circostanze attenuanti
generiche. Il ricorso, nel resto, deve essere rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego dell’ipotesi di cui
all’art. 73, quinto comma, d.p.r. n. 309 del 1990 e delle attenuanti generiche e
rinvia per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di
Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 23/01/2018.

“contesti di criminalità organizzata operanti nel settore delle sostanze

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