Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17985 del 23/01/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 17985 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CRISCUOLO ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCORRANO PASQUALE nato il 21/09/1981 a MANDURIA

avverso la sentenza del 14/12/2016 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore STEFANO TOCCI
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 23/01/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Decidendo in sede rinvio, la Corte di appello di Lecce , in parziale riforma
della sentenza emessa il 23 aprile 2013 dal G.u.p. del Tribunale di Lecce, ha
assolto Scorrano Pasquale dal reato di estorsione aggravata

ex art. 7 d.l.

152/91, oggetto del capo H) dell’imputazione, e per l’effetto ha rideterminato la
pena in anni 5 e mesi 8 di reclusione per i restanti reati di cui agli artt. 416 bis
cod. pen., oggetto del capo A), e 588 e 582 cod. pen., oggetto del capo G),

con la diminuente di rito.
Dopo aver premesso che il G.u.p. aveva ritenuto l’imputato colpevole dei
reati di cui ai capi A), G) e H) e lo aveva condannato alla pena di 6 anni e 8 mesi
di reclusione e 2.400 euro di multa, ritenuto più grave il reato di cui al capo H);
che la Corte di appello di Lecce aveva ridotto la pena inflitta a 6 anni di
reclusione e 1.900 euro di multa, a seguito di annullamento con rinvio, disposto
da questa Corte con sentenza del 6 aprile 2016 limitatamente al reato di cui al
capo H), i giudici di appello hanno assolto l’imputato dal reato di estorsione
aggravata per non aver commesso il fatto e hanno conseguentemente
rideterminato la pena per i restanti reati. Confermato il diniego delle attenuanti
generiche per le ragioni già espresse nella sentenza annullata, hanno
determinato la pena base per il reato più grave di cui all’art. 416 bis cod. pen. in
anni 8 di reclusione, aumentata per la continuazione di mesi 6 di reclusione per i
reati di cui al capo G), nella misura di mesi 3 di reclusione per il reato di rissa e

di mesi 3 di reclusione per il reato di lesioni, e, operata la diminuente di rito,
sono pervenuti alla pena in precedenza indicata.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato personalmente e ne
chiede l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
alla determinazione della pena.
Deduce che la sentenza è carente di motivazione in relazione alla pena
inflitta, non comprendendosi il calcolo ed i criteri seguiti dai giudici per
determinarla: in particolare, rileva che non è rinvenibile nella sentenza
impugnata la ragione per la quale nella sentenza cassata si determinava la pena
base in anni 8 di reclusione per il più grave reato di estorsione aggravata dall’art.
7 d.l. n. 152/91 ed in quella impugnata è stata determinata un’analoga pena
base per il reato associativo, superiore al minimo edittale. Deduce che in tal
modo è stato violato sia l’obbligo di motivazione, avendo i giudici fatto un mero
richiamo ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., limitandosi a ritenere congrua la
pena inflitta, sia il divieto di reformatio in pejus, in quanto la pena base per il

.;

ritenuto più grave il reato associativo, applicato l’aumento per la continuazione e

reato associativo è superiore al limite edittale e, in mancanza di motivazione, la
determinazione si risolve in una scelta arbitraria e contraddittoria, di fatto
peggiorativa, in quanto, nonostante l’assoluzione per il più grave reato, la pena è
stata ridotta di soli 4 mesi rispetto a quella inflitta in precedenza. Sostiene che la
violazione di legge è ravvisabile, in quanto per il reato di estorsione aggravata la
pena base era stata determinata nel minimo edittale, limite che il giudice del
rinvio era tenuto a rispettare, non potendo irrogare una pena per specie e
quantità più grave di quella individuata nel giudizio precedente all’annullamento

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, in quanto la mancanza di motivazione relativamente
alla determinazione della pena base non consente di individuare il ragionamento
del giudice di appello, così da renderlo controllabile e verificarne la tenuta
rispetto alle censure del ricorrente.
Come detto in premessa, nel giudizio di rinvio i giudici hanno accolto
l’appello dell’imputato, assolvendolo dal reato di estorsione aggravata dall’art. 7
d.l. 152/91 per non aver commesso il fatto, e hanno conseguentemente
rideterminato la pena, individuando come reato più grave tra quelli residui,
coperti da giudicato, quello di associazione di stampo mafioso sul quale operare
gli aumenti per i reati in continuazione.
Nel caso di specie è, quindi, mutata la sequenza dei reati in continuazione
per effetto dell’eliminazione di uno dei reati, anzi del reato in precedenza
ritenuto più grave e preso a base di calcolo della pena: in tale ipotesi vanno
ribaditi i principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 16208 del
27/03/2014, Rv. 258653, secondo i quali “se muta uno dei termini (vale a dire,
una o più delle regiudicande cumulate o il relativo “bagaglio” circostanziale)
oppure l’ordine di quella sequenza (la regiudicanda-satellite diviene la più grave
o muta la qualificazione giuridica di quella più grave), sarà lo stesso meccanismo
di unificazione a subire una “novazione” di carattere strutturale, non
permettendo più di sovrapporre la nuova dimensione strutturale a quella oggetto
del precedente giudizio, giacché, ove così fosse, si introdurrebbe una regola di
invarianza priva di qualsiasi logica giustificazione. In tali casi, pertanto, l’unico
elemento di confronto non può che essere rappresentato dalla pena finale, dal
momento che è solo questa che “non deve essere superata” dal giudice del
gravame”, come avvenuto nella fattispecie.
In detta sentenza si è anche precisato che il principio affermato dalle Sezioni
Unite nella sentenza del 27 settembre 2005, n. 40910, William Morales, Rv.

2

quale pena base su cui applicare gli aumenti a titolo di continuazione.

232066, secondo il quale “nel giudizio di appello il divieto di reformatio in pejus
della sentenza impugnata solo dall’imputato non riguarda solamente l’entità
complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua
determinazione, per cui il giudice di appello, quando esclude uno dei reati in
continuazione e per l’effetto infligge una sanzione inferiore a quella applicata in
precedenza, non può fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella
determinata in primo grado”, vale solo nella ipotesi in cui il giudice dell’appello o
del rinvio sia chiamato a giudicare della stessa sequenza di reati avvinti dal

preclusione a non rivedere in termini peggiorativi non soltanto l’esito finale del
meccanismo normativo di quantificazione del cumulo, ma anche i singoli
parametri di commisurazione di ciascun segmento che compone quel cumulo.
Ciò posto, va tuttavia, rilevato che nel caso di specie la determinazione della
pena base per il reato di associazione di stampo mafioso, divenuto reato più
grave, coincide con quella determinata per il reato di estorsione pluriaggravata,
in precedenza ritenuto più grave, ma il generico riferimento all’art. 416 bis cod.
pen., contenuto nella sentenza impugnata, in mancanza di specifica motivazione
e di ogni riferimento all’aggravante, contestata e ritenuta nei precedenti gradi di
giudizio, non consente di comprendere se ed in quale misura se ne sia tenuto
conto o quale sia l’entità della pena non comprensiva dell’aggravante, né di
ritenere adeguatamente giustificato l’eventuale scostamento dal minimo edittale
previsto per la partecipazione all’associazione di stampo mafioso dalla disciplina
applicabile nel caso di specie (Sez. 1, n. 44704 del 05/05/2015, lana e altri, Rv.
265253).
Pur risultando irrogata una pena finale inferiore rispetto a quella inflitta in
primo grado e nella sentenza annullata ed applicati aumenti inferiori per i due
reati in continuazione, la pena base per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
risulta invariata e determinata nella stessa misura di quella stabilita per il reato
di estorsione, già comprensiva dell’aumento per l’aggravante speciale.
Considerato che, a fronte del ridimensionamento degli addebiti e della nuova
individuazione del reato più grave tra quelli residui in continuazione, era onere
del giudice di appello fornire adeguata e specifica motivazione in relazione alla
determinazione della pena base, nella specie mancante, la sentenza impugnata
va annullata limitatamente alla pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad
altra sezione della Corte di appello di Lecce.

3

cumulo giuridico, giacché in tal caso rinviene adeguata giustificazione la

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena e rinvia per nuovo
giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.

Così deciso, il 23/01/2018.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA