Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17980 del 26/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 17980 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MACRI’ UBALDA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Stimpfl Elmar, nato a Trento il 17.6.1973,
avverso la sentenza in data 15.12.2016 della Corte d’appello di Trento, sezione
distaccata di Bolzano,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata perché il reato è estinto per prescrizione;
udito per l’imputato l’avv. Luigi Alberto Stella, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento dei motivi di ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 15.12.2016 la Corte d’appello di Trento, sezione
distaccata di Bolzano, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bolzano in data
20.1.2016 che aveva condannato alle pene di legge Stimpfl Elmar solo per il
reato di cui al capo C), art. 10-bis d. Lgs. 74/2000 per non aver versato, nella
qualità di legale rappresentante della Vist S.r.I., nel termine previsto per la
presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta, ritenute
risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare complessivo
di C 235.792,00, in relazione al periodo d’imposta 2008, in Bolzano il 30.9.2008,
ordinando altresì la confisca per equivalente dei beni dell’imputato sino alla

Data Udienza: 26/10/2017

concorrenza della somma corrispondente all’ammontare delle ritenute non
versate.

2. Con il primo motivo di ricorso, l’imputato deduce la violazione dell’art.
606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli art. 42 e 43 cod. pen.
nonché 27 Cost.
La Corte territoriale aveva ritenuto che egli non potesse invocare quale
causa di esclusione della responsabilità penale l’assoluta impossibilità di

imputabile alle scelte imprenditoriali fatte che non avevano consentito di
fronteggiare la crisi. Non aveva dimostrato l’inimputabilità della crisi di liquidità
della società né le misure idonee a fronteggiarla. Sennonché la decisione
impugnata si fondava sull’accertamento della colpa e non del dolo; inoltre, aveva
omesso di considerare che l’elemento soggettivo doveva essere guardato con
riferimento al momento della scelta. Il ragionamento secondo cui la sussistenza
dell’elemento soggettivo richiesto dovesse essere operata con riferimento “alle
scelte imprenditoriali fatte” negli anni 2008, 2009, 2010 per fronteggiare la crisi,
si rivolgeva a momenti diversi, successivi o precedenti, a quelli in cui si era
realizzata la condotta tipica.
E’ pacifico però che il dolo dell’omissione doveva essere verificato al
momento della scadenza del termine prescritto per il versamento.
La Corte territoriale aveva perciò errato nell’accertamento dell’elemento
soggettivo. Il dolo richiesto dalla fattispecie criminosa non era stato indagato dai
Giudici ed anzi la volontà di sottrarsi al pagamento delle ritenute era smentita
anche da specifici atti del procedimento: le numerose istanze di rateizzazione e
le successive quietanze di pagamento.
La

motivazione della

sentenza

impugnata

poggiava

sull’illazione

dell’esistenza del dolo, sebbene egli avesse fatto tutto quanto nelle proprie
disponibilità per adempiere agli obblighi tributari. La sentenza impugnata non
aveva tenuto conto del principio del favor rei da applicarsi nel caso di specie in
cui “chi confida nel buon esito – spesso per la sopravvalutazione della propria
capacità di dominio della situazione – non mette seriamente in conto la
realizzazione del delitto e dunque non agisce dolosamente”. L’intero percorso
argomentativo risultava viziato da un irrimediabile errore, e cioè mancava la
prova che egli non avesse voluto pagare l’Erario. La Corte territoriale aveva finito
con il configurare un dolo in re ipsa.
2.1. Con il secondo motivo, lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione alla mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche. Evidenzia di aver formulato la richiesta in
appello segnalando l’incensuratezza, l’adempimento parziale dell’obbligazione

2

adempiere al debito erariale quando la crisi economica dell’azienda era

tributaria, la stipula di accordi di rateizzazione, la cessione di un credito pari ad C
332.000,00, il ricorso al proprio patrimonio personale che avevano consentito
una significativa riduzione dell’esposizione, tant’era vero che negli anni 20092011 era riuscito a pagare debiti per la somma di C 675.567,00. Nonostante la
richiesta del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sia da parte
del Pubblico Ministero che del Procuratore generale, la Corte territoriale aveva
rigettato la domanda con una formula di stile perché mancavano quelle
“situazioni e circostanze particolari che effettivamente incidono

dell’imputato”.
2.2. Con il terzo motivo, deduce la prescrizione del reato contestato,
maturata il 30.3.2017.
2.3. Con memoria depositata il 10.10.2017 evidenzia di essere stato assolto
con la formula liberatoria più ampia dal Tribunale di Bolzano, nell’ambito di un
procedimento perfettamente sovrapponibile a quello in oggetto, relativo al reato
di omesso versamento delle ritenute previdenziali nel periodo 2011-2012, sulla
scorta di una più attenta disamina degli stessi elementi addotti dalla difesa. Il
Giudice aveva ritenuto che l’omesso versamento degli importi dovuti all’INPS era
dovuto a cause indipendenti dalla volontà dell’imputato ed a lui non imputabili.
Aveva motivato che la legge non intendeva colpire il fatto, meramente omissivo,
del mancato versamento dei contributi, bensì quello commissivo
dell’appropriazione indebita da parte del datore di lavoro. In particolare il Giudice
aveva evidenziato che a) aveva depositato nel gennaio 2013 la richiesta di
ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, L.
fall.; b) che, nei periodi anteriori alla presentazione dell’istanza, la Vist S.r.l.
aveva fatto il possibile per onorare i debiti previdenziali, versando fino al
30.5.2012 l’importo complessivo di C 478.818,81; c) che la Vist S.r.l., se avesse
potuto continuare a beneficiare delle linee ed aperture di credito a suo tempo
concesse dalle banche, anche negli anni 2009, 2010, 2011, avrebbe
presumibilmente soddisfatto tutti i debiti relativi alle trattenute previdenziali ed
assistenziali oggetto d’imputazione; d) che la Vist S.r.l. aveva anche proposto
all’Equitalia che non aveva accettato la cessione del credito di C 332.000,00 nei
confronti della Provincia di Bolzano per adempiere al debito nei confronti
dell’INPS.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

3

sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità di delinquere

La sentenza impugnata ha spiegato con motivazione precisa ed accurata
per quale motivo ha ravvisato l’elemento soggettivo del reato contestato, pur
nella situazione di crisi di liquidità.
Ha infatti escluso la scriminante della forza maggiore e ritenuto il dolo,
perché: a) il mancato pagamento dei crediti da parte dei propri debitori non era
in sé un fatto imprevisto o imprevedibile, rientrando nella dinamica degli affari e
dovendo esser tenuto sempre presente nella gestione della propria impresa sì da
poter essere fronteggiato con misure idonee; b) il credito nei confronti della

tecnico di parte per quale motivo non fosse immediatamente incassabile, mentre
l’Erario era libero di accettare o meno la cessione; c) la proposta di cedere il
credito per abbattere il debito già sorto nei confronti dell’Erario non poteva
scriminare la consapevole omissione del versamento in epoca precedente; d) la
scelta di privilegiare il pagamento di altri crediti in luogo dell’Erario era
imputabile esclusivamente all’amministratore; e) peraltro, nel conto economico
della società negli anni 2008-2010 erano indicati i costi per i compensi ai soci ed
all’amministratore oltre al rimborso delle spese ai soci, a riprova che la società
aveva preferito destinare determinate risorse al compenso ai soci ed
all’amministratore, piuttosto che abbattere il debito verso l’Erario; f) l’aver
chiesto dilazioni di pagamento o rateizzazioni non incideva sull’originaria
coscienza e volontà di non effettuare il versamento, considerato che il debito di
cui era stata chiesta la rateizzazione era maturato in precedenza, siccome
l’imputato aveva preferito pagare altri debiti verso i fornitori o addirittura i
compensi per i soci e se stesso come amministratore; g) pertanto, sotto il profilo
dell’elemento soggettivo, la destinazione delle risorse finanziarie al pagamento di
debiti ritenuti “più urgenti” o per acquistare beni e materiali funzionali al
fatturato, non poteva scriminare in alcun modo l’omesso versamento delle
ritenute certificate.
La sentenza ha fatto buon governo del principio consolidato di questa
Corte secondo cui la difficoltà finanziaria non integra la forza maggiore (ex
plurimis, Sez. 3, n. 37528/13, Corlianò, Rv 257683; n. 3124/2014, Murari, Rv

258842; n. 20266/2014, P.G. in proc. Zanchi, Rv. 259190).
Parimenti inammissibile è il motivo sulla mancata applicazione delle
circostanze attenuanti generiche, siccome la Corte territoriale ha ritenuto non
idonei i presunti elementi di segno positivo evidenziati (gli stessi che avrebbero
dovuto indurre i Giudici ad escludere la forza maggiore), mentre ha evidenziato
che dell’incensuratezza si era tenuto comunque conto dal momento che la pena
era stata fissata nel minimo edittale. La motivazione sul punto non è
manifestamente illogica o contraddittoria.

4

Provincia di Bolzano non era liquido, non era stato spiegato dal consulente

Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende

Così deciso, il 26 ottobre 2017.

Ammende.

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