Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17959 del 11/02/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17959 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VIOLA MARCO N. IL 20/04/1985
avverso la sentenza n. 4840/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
02/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 11/02/2015

,

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 2/12/2013, la Corte d’appello di Milano ha
confermato la condanna di Marco Viola alla pena di giustizia in relazione al reato
di guida in stato di ebbrezza commesso in Casalpusterlengo il 18/4/2009.
2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato, censurando la sentenza della corte territoriale
per violazione di legge, avendo entrambi i giudici del merito omesso di rilevare la

siccome privo dell’avvertimento all’imputato che, non comparendo, sarebbe stato
giudicato in contumacia.
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole del vizio di motivazione in cui
sarebbe incorsa la corte territoriale per aver limitato la giustificazione
dell’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche in relazione al
solo precedente dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Entrambi i motivi di ricorso proposti dall’imputato sono inammissibili per
manifesta infondatezza.
Con riguardo al motivo d’indole rituale sollevato dal ricorrente, rileva il
collegio come, secondo l’insegnamento di questa corte di legittimità, l’avviso
all’indagato, contenuto nel decreto di fissazione dell’udienza preliminare, che non
comparendo sarà giudicato in contumacia ha la sola funzione di rendere edotto
l’interessato che l’udienza avrà comunque luogo a prescindere dalla sua presenza
e si rende necessario – così come normalmente accade nel caso degli atti
introduttivi del giudizio – in quanto la decisione circa la celebrazione del giudizio
stesso prescinde dalla volontà dell’interessato.
È innegabile tuttavia che il giudizio abbreviato (come quello oggetto del
presente esame) presenti caratteristiche del tutto peculiari rispetto alle altre
forme di giudizio.
E la prima diversità sta nel fatto che esso è attivabile unicamente su
richiesta dell’interessato.
Non si vede allora la ragione per riprodurre anche nell’avviso relativo alla
celebrazione del giudizio abbreviato l’avvertimento in questione, in quanto, sul
piano logico, appare ragionevole ritenere che l’imputato, proprio per le
valutazioni connesse alla scelta del rito, all’atto della richiesta di esso, debba
essere necessariamente già consapevole, e delle caratteristiche precipue del rito,
e delle modalità dello svolgimento dell’udienza.

2

nullità del decreto di fissazione dell’udienza camerale stabilita per il giudizio,

e

Se dunque anche per il giudizio abbreviato non si può prescindere dall’avviso
all’imputato del giorno, dell’ora, del luogo dell’udienza, dipendendo
l’individuazione di tali elementi esclusivamente dalla determinazione del giudice
che accolga la richiesta (ditalché l’eventuale omissione di tali indicazioni
certamente si riverbera sulla validità dell’avviso), altrettanto non può dirsi per
l’avvertenza ulteriore circa la celebrazione del giudizio in forma contumaciale in
quanto in realtà ultronea.

dell’udienza preliminare.
Conclusivamente, pertanto, ad avviso del Collegio, nessuna nullità deriva
dall’omissione dell’avvertimento sull’avviso per la celebrazione dell’udienza con
rito abbreviato (cfr., in termini, Sez. 3, Sentenza n. 1067 del 18/11/2009, Rv.
245757, ritualmente richiamata dalla corte territoriale).
Quanto alla censura concernente la motivazione del disconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, rileva il collegio come la stessa sia stata
limitata a un’inammissibile rilettura del fatto, ossia in un sostanziale dissenso
rispetto alla valutazione operata dal giudice del merito circa la personalità
dell’imputato, del quale è stata evidenziata la decisività del precedente da cui lo
stesso risulta gravato: richiamo del tutto sufficiente a giustificare la correttezza
logica e giuridica del giudizio emesso dal giudice a quo, siccome coerente con le
previsioni di cui all’art. 133 c.p..
4.

Le argomentazioni che precedono, nell’attestare la radicale

inammissibilità dell’odierno ricorso, impongono la condanna dell’imputato al
pagamento delle spese processuali e della ‘somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11/2/2015

Il Consigliere est.

E d’altra parte l’art. 441 richiama “in quanto applicabili” le disposizioni

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