Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17953 del 11/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17953 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: SIANI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LAPUCCI FRANCESCO nato il 17/08/1975 a CAMERINO

avverso l’ordinanza del 23/12/2016 del TRIB. LIBERTA’ di MACERATA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
lette/se424te le conclusioni del PG

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Data Udienza: 11/12/2017

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento in epigrafe, reso in data 23 dicembre 2016, il Tribunale
di Macerata – decidendo sulla richiesta di riesame proposta da Francesco Lapucci
avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale emessa
il 21 novembre 2016 con cui era stata rigettata l’istanza del Lapucci di revoca del
sequestro probatorio relativo a numerose armi rinvenute nella sua disponibilità in
una camera blindata presso la sua abitazione e sequestrate (ed era stato disposto

inammissibile l’impugnazione avverso la suddetta ordinanza di rigetto UQ armi
sottoposte a sequestro probatorio (mentre ha accolto l’istanza di riesame avverso
il provvedimento che aveva disposto il sequestro preventivo limitatamente alla
carabina Browning matr. 311MN11568, con dissequestro di tale arma e la
restituzione all’avente diritto).

2. Avverso tale ordinanza, per quanto avente ad oggetto la declaratoria di
inammissibilità (non per il restante oggetto), ha proposto ricorso la difesa del
Lapucci chiedendone l’annullamento e formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione ed erronea
applicazione della legge penale.
Convenendosi che, nel caso di specie, il rimedio impugnatorio era unicamente
il ricorso per cassazione, il Tribunale era incorso in errore di procedura lì dove
aveva dichiarato inammissibile il mezzo mentre – nel rispetto del principio di
conservazione – avrebbe dovuto spogliarsene in favore della Corte di legittimità ai
sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. Tale rilievo comportava la
conseguenza dell’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la
riqualificazione dell’impugnazione come ricorso per cassazione.
2.2. Con il secondo motivo si prospetta erronea applicazione della legge
penale, in relazione agli artt. 253 e ss. cod. proc. pen.
Nell’originaria impugnazione si era evidenziato che il mantenimento del
vincolo cautelare probatorio era stato erroneamente giustificato in vista di
possibili, ulteriori accertamenti da svolgersi nel prosieguo delle indagini. L’assunto
era infondato in quanto aveva dato luogo a motivazione meramente apparente,
dal momento che l’unico riferimento ad ulteriori indagini si era risolto nel
prospettare nuovi accertamenti sui due bossoli rinvenuti nel capanno sequestrato:
però l’analisi balistica dei due bossoli era già stata effettuata nelle forme di cui
all’art. 360 cod. proc. pen., mentre successivamente era stata effettuata l’indagine
spettrometrica dai consulenti tecnici del P.m. che ordinariamente aveva effetto
distruttivo dei bossoli analizzati, sicché non era possibile prospettarne la

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il sequestro preventivo di due fucili e della carabina di cui innanzi) – ha dichiarato

ripetizione.
Pertanto era rimasto inspiegato il motivo per il quale il sequestro a fini di
prova dovesse ancora permanere con riferimento alla finalità perseguita.

3. Il Procuratore generale si è espresso nel senso dell’inammissibilità del
ricorso, in quanto, esclusa la competenza del Tribunale del riesame a provvedere
sull’impugnazione proposta dal Lapucci avverso il rigetto dell’istanza di revoca del
sequestro probatorio, l’impugnazione stessa, stante l’incompetenza funzionale del

carenza di fumus – pure addotta con il mezzo – avrebbe dovuto farsi valere con la
richiesta di riesame avverso il provvedimento genetico e, quanto all’assenza di
persistenti esigenze probatorie, essa afferiva a profili di merito.

4. Il Collegio ha disposto l’acquisizione del provvedimento emesso dal G.i.p.
in data 21 novembre 2016 e dell’atto con cui il Lapucci ne aveva richiesto il
riesame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va ribadito che il thema decidendum involto dal ricorso afferisce alla sola
statuizione di inammissibilità della richiesta di riesame del sequestro probatorio
(non essendosi registrata alcuna impugnazione sul capo del provvedimento che ha
accolto in parte l’istanza di riesame avente oggetto il sequestro preventivo,
materia che resta, quindi, estranea alla presente decisione).

2. Giova puntualizzare che l’acquisizione degli atti ha consentito di appurare
che si è svolta senza rilievi l’intera prima fase scaturita dall’istanza di dissequestro
e restituzione, la quale si è incrociata con la richiesta di sequestro preventivo
formulata dal P.m. e pure esitata dal G.i.p.
All’esito di questa prima fase, l’istanza di riesame proposta avverso il
provvedimento che l’ha conclusa aveva registrato – oltre alla doglianza poi
reiterata nel ricorso avverso il provvedimento reso dal Tribunale, anche – la
contestazione da parte del Lapucci dell’evenienza dei reati relativi alla violazione
delle legge che regolamenta la caccia configurati nel provvedimento con cui era
stato disposto il sequestro.
Alfine, il Tribunale del riesame, a giustificazione della declaratoria di
inammissibilità (sola statuizione il cui scrutinio ancora interessa), ha rilevato che
lo strumento per impugnare il conclusivo rigetto di quella che era da qualificarsi
come istanza di restituzione ex art. 263, comma 5, cod. proc. pen., non era la

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Tribunale, non poteva essere convertita in ricorso per cassazione, mentre la

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richiesta di riesame, né era l’appello (stabilito dall’art. 322-bis cod. proc. pen. per
il solo sequestro preventivo). Lo strumento stabilito dall’ordinamento era da
individuarsi nel ricorso per cassazione.
Tale assunto, in sé corretto, è stato però portato a conseguenze eccedenti la
funzione del rilievo svolto.
E’, invero, assodato che, in tema di impugnazioni, qualora un provvedimento
giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo diverso da
quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a

impugnabilità del provvedimento e la sussistenza di una voluntas impugnationis,
consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale,
dovendo quindi trasmettere gli atti – non necessariamente previa adozione di un
atto giurisdizionale – al giudice competente (Sez. U, ord., n. 45371 del
31/10/2001, Bonaventura, Rv. 220221, Sez. U, ord., n. 45372 del 31/10/2001,
De Palma, n. m.; Sez. 1, n. 33782 del 08/04/2013, Arena, Rv. 257117).
In questa prospettiva è da ritenersi inammissibile la richiesta di riesame
proposta avverso il provvedimento con cui il giudice, dopo la chiusura delle
indagini e prima dell’udienza preliminare, rigetta la richiesta di restituzione delle
cose in sequestro, ma il Tribunale del riesame, davanti al quale è erroneamente
proposta, deve qualificarla come ricorso per cassazione e conseguentemente
disporre la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione per la decisione (Sez. 1,
n. 22672 del 16/04/2008, Pisano, Rv. 240511).
Con specifico riferimento alla fattispecie scrutinata, quindi, si è affermato – e
merita di essere ribadito – il conseguente principio secondo cui, in tema di revoca
del sequestro probatorio, qualora la decisione di rigetto dell’istanza, emessa dal
G.i.p. in sede di opposizione ex art. 263, quinto comma, cod. proc. pen., venga
erroneamente impugnata con appello ai sensi dell’art. 322-bis del codice di rito,
l’eventuale decisione di rigetto emessa dal Tribunale del riesame, contro cui venga
proposto ricorso per cassazione, deve essere annullata senza rinvio per difetto di
competenza funzionale, e l’appello convertito in ricorso per cassazione ex art. 568
comma quinto cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 43341 del 01/10/2015, Tomaselli, Rv.
264833; Sez. 1, n. 1635 del 16/12/2014, dep. 2015, Ioannis, Rv. 261864).
Alla stregua del ribadito principio, dunque, l’impugnazione va qualificata come
ricorso. Ciò comporta il conseguente annullamento senza rinvio della sopra
identificata ordinanza del Tribunale di Macerata, con effetti, per quanto si è già
chiarito, limitati esclusivamente alla parte di essa che è relativa alla declaratoria di
inammissibilità della impugnazione stessa avverso l’ordinanza di rigetto
dell’istanza di dissequestro delle armi soggette a sequestro probatorio.

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norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva

3. Coerente sviluppo delle considerazioni svolte è che la Corte, essendo
giudice competente a delibare l’impugnazione, come qualificata, deve ritenere il
giudizio e delibare le censure sviluppate dal Lapucci con l’atto impugnatorio
impropriamente destinato al Tribunale del riesame.
Tali censure hanno avuto riguardo – oltre alla prospettazione di erronea
deduzione della ragione del mantenimento del sequestro in vista di possibili,
ulteriori accertamenti da svolgersi nel prosieguo delle indagini, accertamenti che
vengono predicati come insuscettibili di essere compiuti, per la ragione tecnica e

reati relativi alla violazione delle leggi disciplinantEp la caccia configurati nel
provvedimento con cui era stato disposto il sequestro.
Posto ciò, la doglianza va considerata inammissibile quanto alla dedotta
carenza del fumus delicti, siccome essa afferisce a vizio che avrebbe potuto e
dovuto essere dedotto con l’impugnazione avverso l’originario decreto di
sequestro probatorio.
In ordine alla doglianza attinente, in via immediata, al corso procedimentale
e, in via mediata, al merito, essa va del pari ritenuta inammissibile quanto alla
censura che propone di operare una approfondita verifica di fatto per stabilire, in
questa fase, la non necessarietà del mantenimento del vincolo reale a fini di
prova.
Invero, proporre di effettuare un’analisi degli elementi acquisiti con la
prefigurazione, avente un connotato prognostico per diversi aspetti aleatorio,
dell’impossibilità di nuovi accertamenti sui due bossoli rinvenuti nel capanno
sequestrato (ritenuta non più reiterabile, per essere stati gli accertamenti già
effettuati e non più ripetibili) integra una prospettiva ictu °culi inadeguata.
La condizione dei bossoli, allo stato degli elementi esposti, non pare poter
avere ripercussioni in termini di superfluità del mantenimento del sequestro
dell’intero compendio delle armi sequestrate a fini probatori, a fronte della chiara
prospettazione da parte del G.i.p. dell’esigenza di permanenza del vincolo, non
soltanto per la più approfondita verifica della riconducibilità alle armi repertate dei
bossoli pure acquisiti, ma anche per la più vasta verifica fra dette armi ed altri
proiettili recuperati nei resti della selvaggina uccisa.
Deve, in particolare, ribadirsi che il sindacato giudiziale in punto di sequestro
probatorio non può essere esteso alla verifica della concreta fondatezza
dell’accusa e deve, invece, circoscriversi alla verifica dell’astratta possibilità di
sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato ed al controllo circa la
qualificazione dell’oggetto in sequestro come

corpus delicti, onde rilevare se

sussista o meno la relazione di immediatezza tra quell’oggetto e l’illecito penale
per il quale si procede. In particolare, alla giurisdizione spetta il potere-dovere di

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fattuale già dettagliata in ricorso – anche alla contestazione del fumus relativo ai

svolgere il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte
dal pubblico ministero, con accertamento della sussistenza del

fumus commissí

delictí da compiersi per il profilo della congruità degli elementi rappresentati.
Questi, invero, non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la
coincidenza con le reali risultanze processuali, ma vanno valutati così come
esposti, al fine di verificare se consentono di sussumere l’ipotesi formulata in
quella tipica. E, nell’effettuazione di tale controllo, il giudice non deve pervenire
all’instaurazione di un processo nel processo, ma deve svolgere l’indispensabile

della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che
legittimano il sequestro (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv.
206657).
Posto ciò, allorquando si tratti di verificare la possibilità di restituzione dei
beni oggetto di sequestro probatorio, il giudice deve accedere alla relativa
prospettazione quando, in presenza di legittimo provvedimento impositivo della
misura, vengano meno le esigenze probatorie ed anche quando risulti mancare, in
base a dati non originariamente valutati, uno dei presupposti del sequestro
stesso, quale il rapporto tra la cosa ed il reato.
E’, pertanto, da riaffermare il principio secondo cui, in tema di sequestro
probatorio di cose pertinenti al reato, la motivazione del provvedimento deve
necessariamente dar conto del

fumus commissi delictí e della necessità di

preservare la res in sequestro ai fini dell’accertamento del fatto illecito (Sez. 5, n.
54018 del 03/11/2017, Pesci, Rv. 271643).
Il provvedimento impugnato, in un quadro di immutato fumus, ha spiegato
con adeguata chiarezza e corrispondente coerenza le ragioni che legittimano la
persistenza del sequestro probatorio, all’evidenza non scalfite nemmeno dalla
seconda analizzata doglianza, che non ha affrontato in modo effettivo gli indicati
snodi e si è risolta nell’epidermica predicazione della cessata inerenza del
compendio sequestrato alle finalità accertative proprie della cautela probatoria.

4. Il mezzo, per come qualificato ed esaminato in questa sede, si è quindi
rivelato inammissibile.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non si stima congruo condannare il Lapucci anche al versamento in favore
della Cassa delle ammende di somma alcuna, in considerazione dell’iter
procedimentale oggettivamente più gravoso a cui è stato sottoposto, con la
conclusiva necessità, per ripristinarne la correttezza, del ricorso in questa sede,
pur se esso è poi risultato, in concreto, infondato.

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ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza

P.Q.M.

Qualificata l’impugnazione come ricorso, annulla senza rinvio l’ordinanza del
Tribunale di Macerata in data 23 dicembre 2016 limitatamente alla declaratoria di
inammissibilità della impugnazione avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di
dissequestro delle armi soggette a sequestro probatorio e, ritenuto il giudizio,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso in data 11 dicembre 2017

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Estensore
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Il Presidente

.

MariaStefania D« ornassi

CORTE SUPREMA Di CASSAZIONE
Prima Sezione Penate

Depositata in Cancelleria oggi
APR. 2018
Roma, lì

processuali.

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