Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1795 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1795 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da D’Andrizza Giuseppe, n. Venosa il 8.7.1960
avverso la sentenza del 28.3.2013 della Corte d’appello di Potenza
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Sante Spinaci che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito l’avv. Gervaso Cicoria per l’imputato che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso,
la Corte osserva:

Data Udienza: 26/09/2013

RITENUTO IN FATTO
1. D’Andrizza Giuseppe era imputato:
A) del reato di cui all’art. 5 D.Lgs. 10.3.2000 n. 74 perché, nella qualità di
titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Venosa, al fine di evadere
l’imposta sul valore aggiunto, pur essendovi obbligato, non presentava entro il
termine di scadenza previsto del 31 ottobre 2003 (né entro i successivi 90
giorni) la dichiarazione annuale relativa a detta imposta per l’anno 2002, così

Finanza della Tenenza di Rionero in V,re con processo verbale di constatazione
in data 1 ° giugno 2009.
B) del reato di cui all’art. 5 D.Lgs. 10.3.2000 n. 74 perché, nella qualità di
titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Venosa, al fine di evadere
l’imposta sul valore aggiunto, pur essendovi obbligato, non presentava entro il
termine di scadenza previsto del 2 novembre 2004 (né entro i successivi 90
giorni) la dichiarazione annuale relativa a detta imposta per l’anno 2003, così
evadendo l’I.V.A per un importo di euro 122.637,65. Accertato dalla Guardia di
Finanza della Tenenza di Rionero in V.re con processo verbale di constatazione
in data 1 ° giugno 2009.
C) del reato di cui all’art. 5 D.Igs. 10.3.2000 n. 74 perché, nella qualità di
titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Venosa, al fine di evadere
l’imposta sui redditi, pur essendovi obbligato, non presentava entro il termine di
scadenza previsto del 31 ottobre 2003 (né entro i successivi 90 giorni) la
dichiarazione annuale relativa a detta imposta per l’anno 2002, così evadendo
l’I.R.P.E.F. per un importo di euro 411.013,81.

Accertato dalla Guardia di

Finanza della Tenenza di Rionero in V.re con processo verbale di constatazione in
data 1 ° giugno 2009.
D) del reato di cui all’art. 5 D.Lgs. 10.3.2000 n. 74 perché, nella qualità di
titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Venosa, al fine di evadere
l’imposta sui redditi, pur essendovi obbligato, non presentava entro il termine di
scadenza previsto del 31 ottobre 2005 (né entro i successivi 90 giorni) la
dichiarazione annuale relativa a detta imposta per l’anno 2004, così evadendo
l’I.R.P.E.F. per un importo di euro 151.329,07.

Accertato dalla Guardia di

finanza della Tenenza di Rionero in v.re con processo verbale di constatazione in
data 1 ° giugno 2009.
E) del reato di cui all’art. 10 D.Lgs. 10.3.2000 n. 74 perché, nella qualità
di titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Venosa, al fine di

evadere

le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultava o distruggeva la fattura n.
16 emessa in data 30.11.2004 nei confronti della Chiara Costruzioni s.r.1, in
27820_13 r.g.n

2

up. 26 senembre 2013

evadendo l’I.V.A per un importo di euro 137.813,11. Accertato dalla Guardia di

liquidazione corrente in Lavello per un importo imponibile di curo 22.800,00 ed
I.V.A per 4.560,00 in modo tale da non consentire la corretta e completa di
ricostruzione dei redditi e del volume di affari relativi all’anno 2004. Acc.to dalla
Guardia di Finanza della Tenenza di Rionero in V.re con processo verbale di
constatazione in data IO giugno 2009.
F) del reato di cui all’art. 10 D.Lgs. 10.3.2000 n. 74 perché, nella qualità
di titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Venosa, al fine di evadere le
imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultava o distruggeva le fatture

ricostruzione dei redditi e del volume di affari relativi all’anno 2006 (fattura
senza numero emessa in data 30.11.2006 nei confronti della Chiara Costruzioni
s.r.1, in liquidazione corrente in Lavello per un importo imponibile di euro
16.800,00 ed I. V .A. per euro 3.360,00; fattura n. 5/06 emessa in data
3.4.2006 nei confronti della DTF di Di Tinco & C. s.n.e. corrente in Reggio Emilia
per un importo imponibile di euro 1.000,00 ed I.V.A per euro 200,00; fattura n.
1 emessa in data 15.12.2006 nei confronti di D’Urso Luigi di Venosa per un
importo imponibile di euro 17.666,66 ed I. V.A per euro 3.533,34). Accertato
dalla Guardia di Finanza della Tenenza di Rionero in V.re con processo verbale di
constatazione in data 10 giugno 2009
Con la recidiva semplice per tutti i reati ed anche infraquinquennale per i
reati A), B), C), D).
Con sentenza del Tribunale di Melfi il D’Andrizza veniva dichiarato
colpevole dei reati ascrittigli ai capi b), d) e) ed 1), ed, esclusa la contestata
recidiva, unificati i reati ex art. 81 cpv. c.p., sotto il più grave reato di cui al capo
e), condannato alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione, oltre al pagamento
delle spese processuali; veniva dichiarato n.d.p. nei confronti del medesimo, in
ordine alle residue imputazioni, in quanto i reati si sono estinti per prescrizioni.
2.

Avverso la sopra richiamata sentenza del Tribunale di Melfi in

composizione monocratica, emessa in data 25-10-2011, nel procedimento penale
iscritto al 326/10 R.G.T, con atto depositato il 30-12-2011, il Pubblico Ministero
proponeva appello.
La Corte d’appello di Potenza con sentenza del 28-3-2013, in
accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, rideterminava la pena irrogata
in anni uno e mesi nove di reclusione, applicando al D’Andrizza le pene
accessorie di cui all’art. 12 comma I del D.Lvo n. 74/2000 per la durata di un
anno.
3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione
con due motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
27820 _ /3 r.g.n

3

u.p. 26 senennhre 2013

indicate in rubrica in modo tale da non consentire la corretta e completa

1. Con il ricorso articolato in due motivi il ricorrente deduce la nullità
della sentenza di primo grado per contrasto tra dispositivo e motivazione,
nonché vizio di motivazione sui criteri per l’aumento di pena.
2. Il ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondata è la censura di contrasto tra dispositivo e
motivazione, nonché di vizio di motivazione sui criteri per l’aumento di pena
avendo la Corte d’appello puntualmente motivato sul punto.
La Corte territoriale, dopo aver escluso l’aumento di pena per la

del 2005, ha natura facoltativa, ha correttamente ritenuto fondata la censura del
Procuratore della Repubblica appellante relativa alla mancata applicazione
dell’aumento di pena per il reato sub capo d), che ha determinato in mesi tre di
reclusione, corrispondente all’aumento ex art. 81 cpv. c.p. operato dal primo
giudice per l’analoga fattispecie contestata sub capo b).
Altresì correttamente la Corte territoriale ha ritenuto fondata, infine, la
censura del Procuratore della Repubblica appellante relativa all’omessa
applicazione delle pene accessorie di cui all’art. 12 comma I D.Lgs n. 74/2000,
che, in considerazione degli importi evasi, ha fissato in anni uno.
3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere
delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2013
Il Consigliere estensore

contestata recidiva semplice infraquinquennale, che, anche dopo la legge n. 251

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