Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17949 del 11/02/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17949 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: DELL’UTRI MARCO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GALLO GIOVANNI N. IL 02/01/1967
avverso la sentenza n. 5292/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
02/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
Data Udienza: 11/02/2015
OSSERVA
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la
condanna di Giovanni Gallo alla pena di giustizia in relazione al reato di
detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente (del tipo cocaina),
commesso in San Giorgio a Cremano, il 6/6/2012.
2. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine
d.p.r. n. 309/90) e della mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche.
3. Il ricorso è inammissibile.
Osserva il collegio come, secondo quanto già sancito da questa Corte di
legittimità, ai fini dell’applicabilità della circostanza attenuante prevista dall’art.
73, co. 7 d.p.r. n. 309/90, l’attività positiva richiesta all’imputato (che la norma
richiamata riassume nell’espressione “si adopera”) può anche risolversi nel
rendere dichiarazioni concernenti l’attività criminale investigata, purché dette
dichiarazioni non si riducano alla propalazione di semplici chiamate in correità o
in generiche indicazioni sulle modalità di consumazione del reato, dovendo bensì
possedere, quanto meno, sufficienti caratteri di concretezza ed efficacia ai fini
investigativi (v. Cass. IV, 18644\04, Zorzi).
Nel caso di specie, come rilevato dalla Corte di merito, l’odierno imputato
non risulta aver fornito alcun contributo collaborativo concreto ed efficace ai fini
investigativi, sì da escludere in radice la ravvisabilità dell’invocata attenuante.
Sotto altro profilo, le circostanze attenuanti generiche in questa sede
richieste dal ricorrente risultano già esser state concesse dai giudici del merito
(sia pure in regime di equivalenza con le aggravanti contestate), con la
conseguente inammissibilità dell’odierna irrilevante doglianza sul punto
sollevata.
4. Al rilievo dell’inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e
della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende (non
emergendo ragioni di esonero), a titolo di sanzione pecuniaria.
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all’omesso riconoscimento dell’attenuante della collaborazione (art. 73, co. 7,
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11/2/2015
Il Consigliere est.