Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17949 del 05/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 17949 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LA TARGIA ALESSANDRO nato il 12/07/1989 a PALERMO

avverso la sentenza del 30/09/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ROBERTO
ANIELLO
che ha concluso per
Il P.G. chiede l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore
L’avv. TIGNINI ENRICO si associa alle conlusioni del P.G. e deposita conclusioni e
nota spese.

Data Udienza: 05/10/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 26 novembre 2015, il Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Palermo, in esito a giudizio abbreviato,
dichiarava La Targia Alessandro colpevole dei seguenti reati, commessi in
concorso con altre persone il 6 ottobre 2014: a) rapina aggravata in danno
di Ferro Mariano; b) tentato omicidio in danno del Ferro; c) detenzione e

diminuente per la scelta del rito, l’imputato veniva condannato alla pena
principale di dodici anni e otto mesi di reclusione, nonché al risarcimento
del danno subito dal Ferro costituitosi parte civile.

2. La predetta decisione veniva confermata dalla Corte di appello di
Palermo con sentenza del 30 settembre 2016. La ricostruzione del fatto era
basata sulle deposizioni della persona offesa, su altre deposizioni ritenute
convergenti, su risultanze di riprese di videosorveglianza e di tabulati
telefonici. L’imputato aveva ammesso la propria responsabilità ma aveva
sostenuto di aver agito da solo. Secondo i giudici del merito egli, in
concorso con altri, aveva esploso nei confronti del Ferro dei colpi di pistola,
procurandogli lesioni che ne avevano messo a rischio la vita, mentre la
vittima, a seguito di minaccia, gli stava consegnando il proprio borsello.

3. L’avv. Giancarlo Bonfanti, difensore di La Targia Alessandro, ha
proposto ricorso per cassazione con atto depositato il 30 novembre 2016,
affidato a quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo si deduce, richiamando l’art. 606, comma
1 lett. e), cod. proc. pen., contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione per la negata concessione delle circostanze attenuanti
generiche. Il giudice di appello afferma che non concede le generiche
perché la confessione non sarebbe serio indice di ravvedimento, anche
perché l’imputato ha dichiarato di aver agito da solo mentre sono stati
individuati i suoi complici. Ma il giudice di appello si contraddice, perché ha
anche affermato che la confessione non è necessaria per la concessione
della circostanze attenuanti generiche.
3.2. Con il secondo motivo si deduce, richiamando l’art. 606,
comma 1 lett. e), cod. proc. pen., contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione per la mancata determinazione della pena nel minimo
edittale. Il giudice di appello ritiene di non dover ridurre la pena inflitta

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porto illegale di una pistola. Riconosciuta la continuazione e computata la

sulla base di un dato insignificante, cioè due precedenti riportati
dall’imputato quanto era appena diciottenne.
3.3. Con il terzo motivo si deduce, richiamando l’art. 606, comma 1
lett. e), cod. proc. pen., carenza di motivazione per la mancata
determinazione della pena nel minimo edittale. Il giudice di appello a
pagina 6 della motivazione ritiene una forte intensità del dolo ma non
spiega in relazione a quali prove ciò si possa affermare, mentre a pagina

l’imputato abbia esploso colpi di arma da fuoco non per un errore
nell’utilizzo dell’arma ma per dimostrare la propria valenza criminale.
3.4. Con il quarto motivo si deduce, richiamando l’art. 606, comma

1 lett. e), cod. proc. pen., carenza di motivazione per la mancata
determinazione nel minimo edittale dell’aumento di pena per i reati in
continuazione. Il giudice di primo grado ha determinato in tre anni
l’aumento di pena per il capo a) e in un anno quello per il capo c), così
portando la pena alla misura eccessiva di ben diciannove anni di reclusione
prima della riduzione per il rito. Il giudice di appello non si è pronunciato
sulla relativa censura.

4. Questo Collegio osserva che i motivi di ricorso, da trattare
congiuntamente perché strettamente connessi, sono manifestamente
infondati.
4.1. La giurisprudenza di legittimità ha fissato, in materia di
trattamento sanzionatorio, alcuni principi che è opportuno richiamare. È
stato spiegato che, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della
media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da
parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza
della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.
(Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 – dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv.
265283). Deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di
merito sulla determinazione in concreto della misura della pena, allorché
siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti
nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui
all’art. 133 cod. pen. (Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013 – dep. 23/01/2014,
Waychey e altri, Rv. 25841001). È stato chiarito che la concessione delle
circostanze attenuanti generiche non impone che siano esaminati tutti i
parametri di cui all’art. 133 cod. pen., essendo sufficiente che si specifichi
a quale di esso si sia inteso fare riferimento (Sez. 1, n. 33506 del

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7, senza motivazione e senza prove, ritiene ragionevole e logico che

07/07/2010 – dep. 13/09/2010, P.G. in proc. Biancofiore, Rv. 247959; Sez.
2, n. 2285 del 11/10/2004 – dep. 25/01/2005, Alba ed altri, Rv. 230691).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione

248244).
4.2. Nel caso ora in esame, il giudice di appello ha reso motivazione
adeguata e priva di errori di diritto nonché di vizi di logicità nel negare le
circostanze attenuanti generiche e nel determinare la pena in concreto. La
decisione è adeguatamente sostenuta da un discorso argomentativo
lineare, in cui, oltre a richiamare gli artt. 132 e 133 cod. pen., si pongono
in evidenza, per giustificare il trattamento sanzionatorio, i precedenti
penali a carico dell’imputato; l’uso gratuito ed abbietto di grave e intensa
violenza; l’intensità del dolo rivelato dalla reiterazione delle condotte; la
mancanza di pentimento; l’allontanamento dal luogo dei fatti con
abbandono della vittima. Sono giustificati, su tali basi, anche gli aumenti
della pena per la continuazione.

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai
sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere
condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato
escludere – alla stregua del principio di diritto affermato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi
della colpa nella proposizione dell’impugnazione.
Poiché il ricorso non è diretto avverso l’affermazione di
responsabilità ma riguarda solo il trattamento sanzionatorio, deve
rigettarsi la richiesta della parte civile, tendente ad ottenere la rifusione
delle spese sostenute nel presente giudizio di cassazione.

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(Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 – dep. 23/09/2010, Giovane e altri, Rv.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
duemila alla Cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di rifusione delle
spese del grado della parte civile, trattandosi di ricorso solo sul
trattamento sanzionatorio.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositata in Cancelleria oggi
Roma, n 2 O APR. 2018

Così deciso in Roma, 5 ottobre 2017.

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