Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17935 del 15/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 17935 Anno 2018
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FASCIANI GIANDOMENICO nato il 08/04/1958 a CIVITAQUANA

avverso la sentenza del 21/01/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO SCARLINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI ORSI
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore
NESSUNO E COMPARSO

Data Udienza: 15/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1 – Con sentenza del 21 gennaio 2016, la Corte di appello de L’Aquila
confermava la sentenza del Tribunale di Pescara che aveva ritenuto
Giandomenico Fasciani colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta
documentale (aggravata dall’avere cagionato un danno patrimoniale di rilevante
entità), per avere, quale amministratore unico della srl NDM Nuova Distribuzione
Merci, dichiarata fallita il 4 aprile 2008, sottratto i libri e le scritture contabili così

affari della fallita.
Il compendio probatorio era costituito dalle dichiarazioni del curatore che
aveva riferito come non fossero state poste a sua disposizione le scritture
contabili, a partire dall’anno 1997, quando era stato depositato l’ultimo bilancio.
Condotta che non aveva consentito di acclarare l’effettiva esistenza di beni
strumentali o patrimoniali della fallita.
Il danno che ne era derivato ai creditori era ingente posto che, a fronte della
totale assenza dell’apparato contabile degli ultimi nove anni, la massa passiva
ammontava ad euro 2.347.107,00.
2 – Propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le
proprie censure in due motivi.
2 – 1 – Con il primo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione
in quanto la Corte territoriale non aveva adeguatamente motivato la sussistenza
del dolo tipico del delitto contestato.
La mancata tenuta della contabilità, infatti, era derivata dalla mera
negligenza del prevenuto, non essendovi alcuna prova che il medesimo avesse
inteso agire in pregiudizio dei creditori.
2 – 2 – Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione in quanto la
Corte non aveva tenuto conto del fatto che l’imputato era stato assolto dal
delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale perché non si era provato che egli
avesse distratto alcun bene.
Erano immotivate la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche e la misura della pena a fronte dell’incensuratezza dell’imputato e del
suo leale atteggiamento processuale.
La sussistenza della circostanza aggravante, poi, la si era desunta dal solo
pregresso volume d’affari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato è inammissibile.
1

da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli

1 – Entrambi i motivi di censura sono interamente versati in fatto e, invece,
esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402,
Dessimone, Rv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).

ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal
giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha
esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La Corte territoriale aveva concluso per la sussistenza della prova
dell’elemento soggettivo del contestato delitto di bancarotta fraudolenta
documentale deducendolo dalla sottrazione dell’intera contabilità relativa agli
ultimi dieci anni, una circostanza che rendeva evidente come l’imputato avesse
dolosamente agito a danno dei creditori non rendendo possibile alcuna
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, la cui
operatività era peraltro dimostrata dall’ingente passivo fallimentare accumulato
superiore ai due milioni di euro.
Così anche provocando ai medesimi un danno patrimoniale di rilevante
entità avendo impedito il recupero di qualsivoglia posta attiva.
2 – Inammissibili sono anche le censure relative alla misura della pena ed
alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, posto che:
– la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito,
che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi
enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la
censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della
congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario,
Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre;
– la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è
giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità (la gravità della
condotta consumata dall’imputato), che, pertanto, è insindacabile in cassazione
(Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il
principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di
merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche,
prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle
parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
2

I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile

ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri
da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez.
6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
3 – All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della
somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 15 marzo 2018.
Il Consigliere estensore

Il Presidente
Maurizio Fumo
v
A

Enrico Vittorio Stanislao Scar i

Depositato in Cancelleria
Roma, lì

.18……

P.Q.M.

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