Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17925 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 17925 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Surco Eduardo Emilio, nato a Tambopata (Perù) il 07/12/1989
avverso la sentenza del 24/11/2011 della Corte di appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento Impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Alfredo
Pompeo Viola, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN

Dnurro

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino riformava
esclusivamente in punto di determinazione della pena e confermava nel resto la
pronuncia di primo grado del 22/10/2008 con la quale il Tribunale della stessa
città aveva condannato Eduardo Emilio Surco in relazione ai reati di restistenza
pubblico ufficiale, lesioni personali aggravate e danneggiamento aggravato,
commessi in Torino il 21/02/2008.

Data Udienza: 12/04/2013

Rilevava la Corte di appello come le acquisite emergenze processuali avessero
provato la colpevolezza dell’imputato in ordine ai reati addebitatigli e come non
vi fossero le condizioni per applicare al prevenuto la causa di non punibilità
prevista dall’art. 393 bis cod. pen., mancando del tutto il presupposto per la
relativa operatività, cioè l’arbitrarietà degli atti compiuti dai pubblici ufficiali.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputato, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Alessandro Pratico, il quale, con un unico motivo, ha
non avere la Corte territoriale riconosciuto la putatività della indicata causa di
non punibilità, posto che, pur mancando i presupposti oggettivi per la
configurabilità di tale causa, il processo aveva dimostrato che l’imputato aveva
agito nell’intima convinzione, sia pur erronea, di reagire ad un atto arbitrario dei
pubblici ufficiali.
3. Rileva la Corte che il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza
del relativo motivo.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio per il
quale, in materia di atti arbitrari del pubblico ufficiale, l’art. 4 del d.lgt. n. 288
del 1944 n. 288, poi trasfuso nell’art. 393 bis (introdotto nel codice penale
dall’art. 1 della legge n. 94 del 2009) non prevede una circostanza di esclusione
della pena parificabile ad una causa di giustificazione, dunque ricadente sotto la
disciplina dell’art. 59 cod. pen., ma dispone una causa di esclusione della
punibilità in senso stretto, escludendo la tutela nei confronti del pubblico ufficiale
che se ne dimostri oggettivamente indegno: essa pertanto trova applicazione
solo in rapporto ad atti che obbiettivamente, e non soltanto nell’opinione
dell’agente, concretino una condotta arbitraria (così, tra le tante Sez. 6, n. 45266
del 18/09/2008, De Pascali, Rv. 242395; Sez. 6, n. 2329 del 14/01/1998,
Fiorentini, Rv. 209965; Sez. 6, n. 16691 del 13/07/1989, Martelli, Rv. 182694;
Sez. 6, Sentenza n. 4035/90 del 24/06/1989, Di Ruzza, Rv. 183804; Sez. 6, n.
2031/89 del 01/12/1988, Vatteroni, Rv. 180450; Sez. 6, n. 10586 del
11/10/1984, Maurici, Rv. 166844).
Di tale regula iuris la Corte di appello piemontese ha fatto corretta applicazione
negando rilevanza all’asserita operatività in forma putativa di quella che la difesa
aveva indicato come “scriminante” e che, invece, per quanto innanzi esposto,
rappresenta una causa obiettiva di punibilità: aggiungendo, peraltro, che nella
vicenda in esame era stata esclusa in radice la possibilità di ipotizzare, anche
sotto l’aspetto puramente soggettivo dell’imputato, una qualsivoglia reazione ad
atti arbitrari dei pubblici ufficiali, tenuto conto che il prevenuto, fin dal
2

dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 393 bis e 59 cod. pen., per

primissimo momento in cui era stato solamente fermato dal personale del
supermercato che lo aveva sospettato per un furto di merce e che gli aveva
chiesto spiegazione, si era armato di una bottiglia aggredendo gli addetti al
negozio ed aveva poi mantenuto lo stesso atteggiamento violento, anche
proferendo gravissime minacce all’indirizzo degli agenti di polizia che nel
frattempo erano giunti sul posto (v. pag. 5 sent. impugn.).
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/04/2013

616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario

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