Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17923 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 17923 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

6944~~

sul ricorso proposto da:
GOMES VICTOR (ALIAS…) N. IL 24/12/1990
avverso la sentenza n. 7382/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
23/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 21/05/2014

n.56 ricorrente GOMES VICTOR

Motivi della decisione

L’ imputato in epigrafe propone,a mezzo del difensore, ricorso per
cassazione avverso la sentenza emessa nei suoi confronti il 23 gennaio 2013
dal GIP del Tribunale di Torino ex art. 444 cod. proc. pen. quale responsabile di

d.P.R. n. 309/1990, commesse in Torino fino al 29 marzo 2012, con applicazione
della pena concordata con il P.M. di UN anno, mesi QUATTRO di reclusione ed
euro 4.000,00 di multa, concessa la speciale attenuante prevista dall’art. 73,
comma V° d.P.R. n. 309/1990 dichiarata prevalente sulla contestata recidiva e
ritenuta la continuazione (pena base, per il più grave reato sub A: 1 anno di
reclusione ed euro 3.000,00 di multa, aumentata per la continuazione interna
ad 1 anno, mesi 4 di reclusione ed euro 4.500,00 di multa ed ulteriormente
aumentata per la continuazione con il reato sub B, ad anni 2 di reclusione ed
euro 6.000,00 poi definitivamente ridotta per il rito ).
Denunzia il ricorrente vizi motivazionali in ordine alla congruità della pena.
La censura è manifestamente infondata. Questa Corte ha ripetutamente
affermato il principio secondo il quale la motivazione della sentenza di
patteggiamento non può non essere conformata alla particolare natura giuridica
della stessa: lo sviluppo delle linee argonnentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Né l’imputato può avere interesse a
lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e
sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del giudice
coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come
questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Il Giudice a quo si è strettamente attenuto a siffatto
insegnamento nel redigere la motivazione della sentenza impugnata.
Deve invece rilevarsi d’ufficio

ex art. 609, comma 2° codice di rito la

sopravvenuta illegalità del trattamento sanzionatorio applicato, in ragione della
entrata in vigore di nuove disposizioni di legge modificative dell’art. 73, comma
V° d.P.R. n. 309/1990.
Giova rammentare che all’epoca del commesso reato: 29 marzo 2012; 23
febbraio 2012, l’art. 73, comma V° del d.P.R. n.309/1990 prevedeva un’

due violazioni degli artt.99, comma 4 0 , 81 cpv. cod. pen., 73 comma 1-bis

attenuante ad effetto speciale,con pena della reclusione compresa tra UNO e SEI
anni congiunta a pena della multa compresa tra 3.000 e 26.000 euro; ciò a
prescindere dalla tipologia della sostanza stupefacente.
L’art.2 del decreto legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito, con modificazioni,
dall’art. 1 comma 1° della legge 21 febbraio 2014 n. 10 ha sostituto
integralmente, con effetto dal 24 dicembre 2013, il testo dell’art. 73 comma V°
d.P.R. n. 309/1990,ridisegnando peraltro una fattispecie autonoma di reato.

che reca l’inequivoca clausola di riserva o di sussidiarietà:
costituisca più grave reato…”

“Salvo che il fatto

di guisa da delineare una condotta materiale

dotata di specifica ed autonoma rilevanza, relativamente agli estremi oggettivi
del reato integrati dalla condotta di “chiunque commette uno dei fatti previsti
dal presente articolo ” qualificabili in termini di “lieve entità” per mezzi, modalità
o circostanze dell’azione, qualità, quantità delle sostanze. Il delitto risultava
punito con le stesse pene della reclusione da UNO a CINQUE anni e della multa
da euro 3.000 a 26.000,fernna restando l’esclusione di ogni differenziazione in
rapporto alla natura “pesante” o” leggera” delle sostanze stupefacenti.
In seguito, per effetto del decreto legge 20 marzo 2014 n.36 ( in vigore dal 21
marzo 2014) convertito nella legge 16 maggio 2014 n. 74 – art. 1, l’art.73
comma V° d.P.R. n. 309/1990 ha subito ulteriori modifiche in relazione al
trattamento sanzionatorio. Riconfermata la qualificazione del fatto come reato
autonomo e ferma l’irrilevanza della diversa tipologia della sostanza
stupefacente, il reato risulta anche attualmente punito con la pena della
reclusione compresa tra SEI mesi e QUATTRO anni e con quella della multa da
euro 1.032 ad euro 10.329.
Ciò detto il novum,quale jus superveniens rispetto all’assetto normativo in vigore
all’epoca del commesso reato per cui è processo,deve essere valutato nell’ambito
di un organico giudizio comparativo volto ad individuare la disposizione più
favorevole al reo ex art. 2 comma 4 0 cod. pen. Ritiene il Collegio di individuare,
in tale ottica, la disposizione più favorevole all’imputato nel novum normativo
introdotto dall’art. 1 del decreto legge 20 marzo 2014 n.36 ( in vigore dal 21
marzo 2014) convertito nella legge 16 maggio 2014 n. 74 – art. 1, con cui non
solo si sono sensibilmente ridotte le pene di genere detentivo e pecuniario
previste dall’art.73 comma V° d.P.R. n. 309/1990,sia nel minimo che nel
massimo edittali rispetto alla formulazione in vigore all’epoca del fatto, ma
soprattutto si è confermata la qualificazione delle condotte ” di lieve entità ” in
termini di fattispecie autonoma di reato, come già stabilito dall’art.2 del decreto
legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito, con modificazioni, dall’art. 1 comma
10 della legge 21 febbraio 2014 n. 10.

2

Tanto manifestamente emergeva dalla nuova formulazione letterale della norma

Non resta quindi che far luogo all’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata (che ha recepito un accordo sulla pena in base della normativa
anteriore, la cui forbice edittale delle pene di entrambi i generi si rivela assai
meno favorevole rispetto a quella attualmente in vigore ) al fine di consentire al
giudice a quo l’eventuale applicazione dell’jus superveniens.
Gli atti vanno quindi rimessi a detto giudice per il nuovo giudizio.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Torino.
Così deciso in Ronna,lì 21 maggio 2014.

PQM

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