Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1791 del 14/12/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1791 Anno 2016
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMANTE TERESA N. IL 08/12/1963
avverso la sentenza n. 327/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 21/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
Udito il Procurre Generale in persona del Dott.
che ha con so per

Udito, per la p

civile, l’Avv

Udit>cl ensor Avv.

Data Udienza: 14/12/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. F. Marinelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 21/10/2014, la Corte di appello di Reggio
Calabria ha confermato la sentenza del 06/07/2009 con la quale il Tribunale di
Reggio Calabria aveva dichiarato Amante Teresa colpevole, in concorso con
Basile Emilio, del delitto di furto pluriaggravato commesso il 09/03/2004 in

risarcimento dei danni in favore della parte civile.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria ha
proposto ricorso per cassazione Amante Teresa, attraverso il difensore avv. M.
Monaco, denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art.
173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – vizi di motivazione. La Corte di
appello ha confermato la pronuncia di condanna sulla base di un’individuazione
fotografica resa davanti alla polizia giudiziaria, ma non confermata in sede
dibattimentale senza che ricorressero le condizioni indicate dall’art. 500, comma
4, cod. proc. pen. Nel caso di specie, la persona offesa ha riconosciuto con
certezza il coimputato in sede dibattimentale, mentre nella fase delle indagini
l’individuazione era stata dubbiosa, e ciò è considerato pregnante dal giudice di
appello per confermare la sua responsabilità, laddove non assume alcuna
rilevanza la discordanza sul riconoscimento di Amante. Secondo la
giurisprudenza di legittimità, l’individuazione, addirittura se ribadita in
dibattimento e in difetto di ulteriori riscontri, può essere determinante ai fini
dell’affermazione di responsabilità solo quando presenti i caratteri della certezza.
Nel caso di specie, si è ritenuta certa e determinante l’individuazione effettuata
dalla persona offesa che lo stesso giudice definisce “anziana, poco attrezzata
culturalmente ed emotivamente fragile”. Il risultato dell’individuazione e le
relative dichiarazioni non possono essere utilizzate come prova, ma rilevano solo
ai fini di un controllo della credibilità della persona chiamata ad effettuare la
ricognizione. Nel caso di specie, si ha un esame della persona offesa carente, un
riconoscimento dibattimentale difforme dall’individuazione fatta davanti alla p.g.
con una descrizione della persona/autrice alquanto generica e comunque con una
fascia di età compatibile con quella della diversa persona (Larisa Mutiu)
riconosciuta in dibattimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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danno di Anna Praticò e aveva condannato l’imputata alla pena di giustizia e al

Il ricorso deve essere accolto, nei termini di seguito indicati.
La Corte di appello, con rilievo non oggetto di censure da parte del
ricorrente, ha dato atto che, all’esito della testimonianza del sottoufficiale che
sovraintese all’atto di polizia giudiziaria, il verbale dell’individuazione fotografica
è stato acquisito, unitamente al fascicolo fotografico, con il consenso delle parti:
sotto questo profilo, le doglianze del ricorrente che fanno leva sul regime delle
dichiarazioni rese nel corso delle indagini ex art. 500 cod. proc. pen. trascurano

Passando all’esame delle censure che denunciano propriamente vizi
motivazionali, la Corte di appello ha rilevato che, nell’immediatezza del fatto, la
persona offesa aveva certamente riconosciuto Teresa Amante come la complice
di sesso femminile che, insieme con il più giovane coimputato Basile (pure
individuato), l’aveva poco prima derubata. La persona offesa, osserva ancora la
sentenza impugnata, aveva offerto una descrizione della donna (alta 1,70 1,75, dell’età di circa 35 – 40 anni, capelli lunghi, lisci, corporatura snella,
parlante perfettamente in italiano), del tutto assimilabile ai connotati
dell’imputata, laddove la persona riconosciuta in sede dibattimentale (Larisa
Mutiu, classe 1974) è di nazionalità straniera e di oltre dieci anni più giovane
rispetto alla persona descritta come autrice del fatto, sicché non sono revocati in
dubbio gli esiti del primo riconoscimento. Rileva ancora il giudice di appello che
l’esame dibattimentale, connotato da una direzione e da un andamento confusi
che non hanno agevolato la ricostruzione dei fatti nei ricordi della persona offesa
(anziana, poco attrezzata culturalmente, oltre che emotivamente fragile), ha
registrato evidenti carenze: nell’esame del P.M. e in quello del giudice, che non
hanno evidenziato alla teste la discrasia in cui era incorsa rispetto a quanto
dichiarato nella fase delle indagini preliminari, così impedendo alla stessa di
richiamare la propria attenzione sul punto e lasciando inesplorate le ragioni della
discrasia (se da ascrivere a mera disattenzione e o a un ricordo fallace, tenuto
conto degli anni trascorsi) ovvero a una rivisitazione o revisione di quanto a suo
tempo dichiarato. In ogni caso, conclude sul punto la Corte distrettuale, all’esito
del dibattimento non è risultato smentito dalla teste quell’originario
riconoscimento, comunque da ritenersi adeguatamente provato attraverso la
deposizione del teste Paratore e l’acquisizione del verbale di individuazione.
Ciò premesso, deve sottolinearsi che, secondo il consolidato orientamento
della giurisprudenza di legittimità, l’individuazione di un soggetto – sia personale
che fotografica – è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e
rappresenta, una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicché la sua
forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì

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di considerare la consensuale acquisizione dell’atto, sicché risultano infondate.

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dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione
testimoniale (Sez. 4, n. 1867 del 21/02/2013 – dep. 17/01/2014, Jonovic, Rv.
258173); in altri termini, l’affidabilità dell’individuazione fotografica non deriva
dal riconoscimento in sé, ma dalla credibilità della deposizione di chi, avendo
esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione (Sez. 6, n. 49758
del 27/11/2012 – dep. 20/12/2012, Aleksov, Rv. 253910). La Corte di merito
non ha fatto buon governo dei princìpi di diritto appena richiamati.
La stessa motivazione della sentenza impugnata rileva, indicandole
diffusamente, molteplici ed evidenti carenze dell’esame dibattimentale di Anna

dell’individuazione dibattimentale (come, in sostanza, ritiene la Corte di appello),
ma anche sulla complessiva affidabilità del contributo conoscitivo offerto, quanto
all’individuazione della complice del coimputato Basile, dalla persona offesa: la
stessa sottolineatura della fragilità emotiva della persona offesa esigeva una
specifica motivazione circa la riferibilità di tale condizione alla sola individuazione
dibattimentale ovvero anche a quella eseguita in fase di indagini. Né decisivi al
fine di superare l’incertezza dell’identificazione collegata ai diversi esiti delle due
individuazioni sono i riferimenti alla persona indicata in dibattimento: la
descrizione fatta dalla persona offesa della complice di Basile indicava una donna
di circa 35 – 40 anni, il che riduce la possibile differenza di età tra la persona
individuata in dibattimento (nata nel 1974) e quella descritta come autrice del
fatto (differenza indicata dalla Corte di appello in oltre dieci anni); inoltre,
nessuna altra indicazione (se non – ma in termini non compiutamente articolati
sul piano argomentativo – il riferimento alla circostanza che la donna indicata era
straniera, laddove l’autrice del fatto, nel racconto della vittima, parlava bene in
italiano) è offerta dalla sentenza impugnata in ordine alla corrispondenza o meno
alla persona indicata in dibattimento della descrizione fisica dell’autrice del furto
svolta dalla persona offesa subito dopo il fatto. Né può attribuirsi rilievo alla
circostanza – al contrario rimarcata dalla Corte di merito – che l’originaria
individuazione non è stata smentita dalla teste, posto che è lo stesso giudice di
appello ad evidenziare, tra le varie lacune dell’esame dibattimentale riscontrate,
la mancata contestazione alla persona offesa della divergenza degli esiti delle
due individuazioni: ne consegue, che del tutto priva di valenza dimostrativa è la
circostanza della mancata smentita dell’individuazione svolta nel corso delle
indagini.
Le carenze motivazionali indicate inficiano la valutazione dei giudici di merito
circa l’idoneità della sola individuazione svolta in fase di indagini a giustificare
l’affermazione di responsabilità dell’imputata e impongono l’annullamento della

Praticò, carenze potenzialmente idonee a riflettersi non solo sull’esito

sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di
appello di Reggio Calabria.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di
appello di Reggio Calabria per nuovo esame.

Così deciso il 14/12/2015.

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