Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1788 del 04/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1788 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PASCUCCI ROBERTO N. IL 21/01/1963
avverso la sentenza n. 2564/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
27/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l ‘Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 04/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 27 aprile 2012 la Corte di Appello di Ancona confermava la sentenza
del Tribunale di Pesaro emessa in data 5 luglio 2010 nei confronti di PASCUCCI Roberto con la
quale lo stesso era stato ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 256 comma 2° del D. L.vo
152/06 (deposito incontrollato di rifiuti pericolosi – reato accertato con decorrenza dal 2001) e

1.2 Propone ricorso avverso la detta sentenza l’imputato personalmente deducendo, con
un primo motivo, manifesta illogicità e carenza di motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza del reato, evidenziando come la condotta contestata non integrasse diversamente da quanto ritenuto dalla Corte distrettuale – una ipotesi di deposito incontrollato,
ma di deposito temporaneo controllato, in quanto i rifiuti (costituiti da fanghi di lavorazione
dell’argentatura dei prodotti vetrosi) erano stati accumulati in apposita vasca di raccolta sita
all’interno dell’impianto industriale. Con un secondo motivo il ricorrente lamenta identico vizio
di motivazione con riguardo alla mancata declaratoria della prescrizione, in quanto, anche a
voler ammettere l’ipotesi di deposito incontrollato di rifiuti avente natura permanente, la
permanenza era comunque venuta meno con l’effettivo smaltimento, avvenuto in data 6
febbraio 2007.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte come il primo motivo – riguardante la asserita insussistenza del reato
– non può essere condiviso.
2. Come ha ricordato la Corte distrettuale, nella specie era stata accertata a carico
dell’imputato, nella sua veste di rappresentante legale della impresa “Vetreria Pascucci s.n.c.”,
l’esistenza di rifiuti costituiti dai residui (fanghi) di lavorazione di argentatura dei prodotti
vetrosi: tali residui risultavano accumulati in una vasca di raccolta e, rispetto alla data di primo
accumulo (risalente al 2001), non erano mai stati smaltiti, seppur annotati in apposito registro
di carico e scarico. Conseguentemente la Corte ha correttamente ritenuto configurata l’ipotesi
di realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti.
2.1 Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la fattispecie contravvenzionale
di cui all’art. 256 del D. L.vo 152/06 ricorre anche quando la condotta si svolga nei locali di
produzione (Sez. 3^ 24.1.2012 n. 7606, Agrosi, RV. 252105) e costituisce reato permanente,
la cui interruzione consegue o al sequestro del deposito, o allo smaltimento dei rifiuti ovvero
alla sentenza di primo grado (per tutte, Sez. 3^ 26.5.2011 n. 25216, Caggiano, Rv. 250969).
3. Se queste sono le premesse in diritto, il deposito esistente nell’azienda non poteva
definirsi controllato, come sostenuto dal ricorrente, proprio perché si trattava di rifiuti
accumulati per anni e mai smaltiti senza che avesse rilevanza la circostanza che la vasca di
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condannato alla pena ritenuta di giustizia.

raccolta ove i rifiuti erano allocati fosse sita all’interno dell’impianto industriale, avendo
comunque l’obbligo l’imprenditore di eliminare dopo una certo periodo di stazionamento
predeterminato per legge in relazione al quantitativo, i rifiuti medesimi.
4. Tuttavia è fondato – per le stesse ragioni richiamate dalla Corte distrettuale cui non è
seguita una corretta applicazione della norma penale (art. 157 cod. pen.) – il subordinato
motivo della estinzione del reato per intervenuta prescrizione: motivo già indicato nell’atto di
appello e disatteso dalla Corte sull’erroneo presupposto della mancanza di prova dell’avvenuto

Corte territoriale), in realtà avvenuto il 6 febbraio 2007 come da documentazione in atti
comprovante l’effettivo smaltimento, non valutata dalla Corte di appello.
4.1 Ne deriva che, anche a voler considerare un periodo di sospensione della prescrizione
derivante dall’adesione del difensore all’astensione proclamata dall’O.U.A. dal 16.3.2012 al
27.4.2012 (pari a giorni 42), alla data del 6 febbraio 2012 il reato era comunque prescritto,
essendo trascorsi a tale data i cinque anni dalla consumazione del reato senza che potesse
avere rilievo la successiva sospensione della prescrizione dichiarata in epoca successiva al
periodo di maturazione della causa estintiva.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma il 4 giugno 2013
Il Consigliere estensore

Presidente

smaltimento (costituente causa di interruzione della permanenza come affermato dalla stessa

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