Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17877 del 02/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 17877 Anno 2018
Presidente: BONI MONICA
Relatore: APRILE STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NACCARI RAFFAELE nato il 05/01/1985 a TORINO

avverso il decreto del 30/05/2017 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;

Data Udienza: 02/03/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di TORINO, con decreto in data 30/05/2017, confermava la misura di
prevenzione applicata dal TRIBUNALE di TORINO, in data 29/03/2017, nei confronti di NACCARI
RAFFAELE.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione
con riferimento alla sussistenza dei presupposti di pericolosità.

Il ricorso è inammissibile.

di prevenzione personali, il disposto dell’art. 10, comma 3, decreto legislativo n. 159\2011, il quale
espressamente stabilisce: «Avverso il decreto della corte d’appello, è ammesso ricorso in
cassazione per violazione di legge, da parte del pubblico ministero e dell’interessato, entro dieci
giorni. La Corte di cassazione provvede, in camera di consiglio, entro trenta giorni dal ricorso. Il
ricorso non ha effetto sospensivo.»
Alla luce di tali chiarissime disposizioni deve concludersi che il ricorso per cassazione nei confronti di
provvedimenti che applicano la misura di prevenzione personale è limitato alla sola violazione di
legge, essendo preclusa qualsiasi impugnativa concernente vizi di motivazione.

La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza
di legittimità secondo il quale «ai fini della formulazione del giudizio di pericolosità, funzionale
all’adozione di misure di prevenzione ai sensi della legge n. 575 del 1965, è legittimo avvalersi di
elementi di prova e/o indiziari tratti da procedimenti penali, benché non ancora conclusi e, nel caso
di processi definiti con sentenza irrevocabile, anche indipendentemente dalla natura delle statuizioni
terminali in ordine all’accertamento della penale responsabilità dell’imputato, sicché anche una
sentenza di assoluzione, pur irrevocabile, non comporta la automatica esclusione della pericolosità
sociale» (Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266364), coerentemente desunnendo la
pericolosità del proposto dagli elementi emersi in sede penale.
D’altra parte «è inapplicabile il principio del divieto di “bis in idem” tra procedimento penale e
procedimento di prevenzione, poiché il presupposto per l’applicazione di una misura di prevenzione
è una “condizione” personale di pericolosità, la quale è desumibile da più fatti, anche non
costituenti illecito, mentre il presupposto tipico per l’applicazione di una sanzione penale è un fattoreato accertato secondo le regole tipiche del processo penale» (Sez. 6, n. 44608 del 06/10/2015,
Cincinnato, Rv. 265056), sicché correttamente la Corte d’appello ha valorizzato gli elementi
risultanti dal procedimento penale.

Le doglianze riproducono, infatti, pedissequemente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali
la Corte d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto,
che il ricorrente non considera né specificatamente censura.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

Va, preliminarmente, rammentato, in relazione alle impugnazioni in sede di legittimità delle misure

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 02/03/2018
Il Consiglie en

EFANO AP

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