Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17854 del 14/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17854 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Lojacono Francesco n. il 29.7.1957
Ministero dell’Economia e delle Finanze
avverso l’ordinanza n. 93/2012 pronunciata dalla Corte d’appello di
Catanzaro il 19.4.2013;
sentita nella camera di consiglio del 14.3.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. F.
Salzano, che ha richiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.

Data Udienza: 14/03/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con ordinanza resa in data 19/22.4.2013, la Corte d’appello
di Catanzaro ha rigettato la domanda proposta da Francesco Lojacono per la riparazione dell’asserita ingiusta detenzione dallo stesso subita nel periodo indicato in ricorso, in relazione al prospettato reato
di associazione per delinquere dalla cui imputazione il Lojacono era
stato assolto nel merito.
Con il provvedimento impugnato, la corte calabrese ha ritenuto il comportamento del Lojacono idoneo a dar causa al provvedimento restrittivo della sua libertà personale, per avere lo stesso, in
modo gravemente imprudente, coltivato frequentazioni con soggetti
coinvolti nel medesimo reato associativo, con forme e modalità tali da
risultare oggettivamente e gravemente indizianti in relazione alla
specifica imputazione sollevata nei relativi confronti.
Avverso il provvedimento della corte d’appello di Catanzaro, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione
il Lojacono, censurando il provvedimento impugnato per violazione
di legge e vizio di motivazione.
In particolare, si duole il ricorrente che la corte territoriale abbia ritenuto causalmente rilevante e gravemente colpevole il complessivo comportamento del ricorrente nel provocare l’adozione del
provvedimento restrittivo dallo stesso sofferto, in assenza di alcun
concreto elemento probatorio di riscontro in tal senso utilizzabile,
avuto particolare riguardo all’insussistenza, nel comportamento
ascritto all’istante, di alcuna forma di evidente e macroscopica imprudenza o trascuratezza, suscettibile di integrare una causa ostativa
al riconoscimento della riparazione invocata.
Ha depositato memoria il procuratore generale presso la corte
di cassazione, concludendo, in accoglimento del ricorso, per
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Con memoria depositata in data 29.1.2014, il ricorrente — dichiarato espressamente di rinunciare alla trattazione pubblica del ricorso — ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione proposta.
Con memoria depositata in data 25.2.2014, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso.
2. –

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Considerato in diritto
3. – Il ricorso è fondato.
Secondo il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione subita, le frequentazioni ambigue, ossia quelle che si prestano oggettivamente ad
essere interpretate come indizi di complicità, possono dar luogo ad
un comportamento gravemente colposo, idoneo a escludere la riparazione stessa, quando non siano giustificate da significativi rapporti
affettivi e siano poste in essere con la consapevolezza che trattasi di
soggetti coinvolti in traffici illeciti (cfr. Cass., Sez. 3, n. 363/2007, Rv.
238782).
In particolare, nei reati contestati in concorso, la condotta di
chi abbia tenuto comportamenti idonei ad essere percepiti come indicativi di una sua contiguità all’attività criminale altrui, integra gli
estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, purché l’agente fosse consapevole di detta attività illecita
(Cass., Sez. 4, n. 45418/2010, Rv. 249237; Cass., Sez. 4, n.
37528/2008, Rv. 241218).
Sotto altro profilo — e in coerenza con tali principi — si è ritenuto che la colpa grave rilevante ai fini della riparazione per l’ingiusta
detenzione subita, pur potendo essere ravvisata anche in relazione a
un atteggiamento di connivenza passiva (allorché esso risulti aver rafforzato la volontà criminosa dell’agente), richiede, tuttavia, per essere
accertata, la prova positiva che il connivente fosse a conoscenza
dell’attività criminosa dell’agente medesimo (Cass., Sez. 4, n.
6878/2011, Rv. 252725; Cass., Sez. 4, n. 42039/2006, Rv. 235397).
Nel caso di specie, le argomentazioni indicate dalla corte calabrese a sostegno del rigetto della domanda di riparazione avanzata
dal ricorrente devono ritenersi del tutto inadeguate sul piano logico.
In particolare, non può essere ascritto, nel caso di specie, alcun
valore alle ritenute frequentazioni sospette del Lojacono indicate nel
provvedimento impugnato, non avendo la corte territoriale evidenziato quali sarebbero stati gli indici di obiettiva riconoscibilità ‘esterna’ dell’illecita condotta dei soggetti frequentati dal ricorrente, né
adeguatamente specificato l’origine, le ragioni e le forme di tali frequentazioni idonee a evidenziare gli eventuali profili d’imprudenza o
l’indole incauta del comportamento in tale contesto osservato dal

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Loiacono eventualmente idonei a giustificare l’adozione del provvedimento restrittivo dello stesso sofferto.
Nella specie, il giudice a quo si è limitato a evidenziare unicamente gli aspetti di un rapporto di frequentazione di per sé privi di
alcun obiettivo elemento di ambiguità, siccome non corroborati
dall’eventuale indicazione di indici probatori suscettibili di giustificarne un’interpretazione ragionevolmente sostenibile in termini di
prospettabile illiceità.
Sulla base di tali premesse, riconosciuta la fondatezza dei motivi di censura illustrati dall’odierno ricorrente, dev’essere pronunciato l’annullamento del provvedimento impugnato, con il conseguente
rinvio alla corte territoriale competente per nuovo esame.

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla la impugnata ordinanza con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.3.2014.

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