Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17843 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17843 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTORO DOMENICO N. IL 01/03/1965
avverso l’ordinanza n. 110/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 03/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
1etteAs1=2 le conclusioni del PG Dott.

Dott. Massimo Galli, che ha chiesto che il provvedimento
impugnato sia annullato otea rinvio;

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ig-or Avv—g

Data Udienza: 07/03/2014

4

RITENUTO IN FATTO
1. Il 7/05/2013 la Corte di Appello di Catanzaro ha liquidato in favore di
Santoro Domenico la somma di euro 28.542,14 a titolo di riparazione per
ingiusta detenzione, calcolata in base al criterio cosiddetto aritmetico, ritenendo
esclusa la prova che il richiedente avesse subito danni ulteriori.
2.

Ricorre per cassazione Domenico Santoro, censurando l’ordinanza

impugnata sulla base dei seguenti motivi:
a) violazione di legge e difetto di motivazione, per aver omesso la Corte

senza alcun riguardo alle documentate conseguenze, direttamente collegate
all’arresto, come la risoluzione del contratto dallo stesso stipulato con la Real
Service s.c.a.r.I., nonché lo scioglimento, la messa in liquidazione e la
cancellazione della Euroline s.r.l. di cui era amministratore, con le relative
perdite patrimoniali, nonostante la difesa avesse dato ampia prova della
circostanza che la SNE aveva sottoscritto un contratto di nolo con la Navigare
s.r.I., che prevedeva l’utilizzo della motonave Euroline da parte della società
amministrata dal Santoro per il servizio di trasporto passeggeri nella tratta Villa
San Giovanni-Messina. Il ricorrente sostiene che sarebbero stati totalmente
ignorati i documenti che dimostravano gli effetti negativi dell’arresto sulle sue
attività imprenditoriali e che la Corte avrebbe omesso di applicare i criteri
giurisprudenziali in tema di danni derivanti dal cosiddetto

strepitus fori,

soprattutto nei confronti di chi riveste la qualifica di stimato imprenditore,
nonostante la difesa avesse documentato il risalto dato dalla stampa alla
vicenda, tanto che il Comune di Villa San Giovanni aveva risolto i contratti di
trasporto passeggeri con gravissima perdita economica. Erano stati depositati, si
assume, i registri dei corrispettivi e dei bilanci della Euroline s.r.l. (SNE), le
visure camerali, i verbali e le delibere assembleari, totalmente ignorati dalla
Corte territoriale, mentre il contratto con la Real Service s.r.l. era corredato da
dichiarazione di accettazione sostitutiva di atto di notorietà con dichiarazione
resa a pubblico ufficiale il 22/10/2007 che ne aveva autenticato la firma e faceva
espresso richiamo ad altri contratti, erroneamente ritenuti privi di data certa. La
Corte, assume il ricorrente, avrebbe dovuto utilizzare criteri diversi e più elastici
per il calcolo dell’indennizzo, non irrigidendosi nell’applicazione del mero
parametro aritmetico;
b) violazione degli artt.91 e 92 cod.proc.civ. e mancanza di motivazione in
relazione alla compensazione delle spese, per avere la Corte territoriale omesso
di indicare nella motivazione la ragione per la quale ne ha disposto I
compensazione.

2

territoriale di considerare il danno all’immagine, alla reputazione e all’onore

3. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Massimo Galli, nella sua
requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’impugnata
ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione.

2.

I principi fondamentali cui aver riguardo nella determinazione

dell’indennizzo dovuto a colui che abbia subito una detenzione ingiusta, sono

delle quali (Sez. U, n.1 del 13/01/1995, Min. Tesoro in proc. Castellani,
Rv.201035) ha svincolato la liquidazione dall’esclusivo riferimento a parametri
aritmetici o comunque da criteri rigidi, stabilendo che si deve basare su una
valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della
custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali
e familiari scaturite dalla privazione della libertà; la seconda (Sez. U, n.24287
del 9/05/2001, Min. Tesoro in proc. Caridi, Rv.218975) ha, invece, chiarito le
modalità di calcolo del parametro matematico al quale riferire, in uno con quello
equitativo, la liquidazione dell’indennizzo, nel senso che esso è costituito dal
rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’art.315, comma 2,
cod.proc.pen. e il termine massimo della custodia cautelare, di cui all’art.303,
comma 4, lett.c) cod.proc.pen., espresso in giorni, moltiplicato per il periodo,
anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita.

3. Al fine di delineare l’oggetto della decisione risulta, poi, necessario
premettere che il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di
riparazione è sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il
giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento, senza
sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che,
discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non
abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia
liquidato in modo simbolico la somma dovuta (Sez. 4, n.10690 del 25/02/2010,
Cammarano, Rv. 246424).

4. Con specifico riguardo al giudizio di riparazione per ingiusta detenzione,
questa Corte ha, poi, costantemente affermato che qualora la perdita di libertà,
pur limitata nel tempo, abbia avuto effetti devastanti e le conseguenze personali
e familiari abbiano assunto rilievo preponderante, dovrà darsi prevalenza al
criterio

equitativo

e

non

al

solo

criterio

nummario

(Sez. 4,

n.49832 del 14/02/2012, Bagnolini, Rv. 254083). Principio più volte affermato
3

stati chiariti con due pronunce rese dalle Sezioni Unite di questa Corte, la prima

da questa Corte è, infatti, quello secondo il quale il criterio aritmetico individuato
dalla giurisprudenza di legittimità costituisce solo una base utile per sottrarre la
determinazione dell’indennizzo ad un’eccessiva discrezionalità del giudice e
garantire una tendenziale uniformità di giudizi; tale criterio, pertanto, può subire
variazioni in aumento o in diminuzione in ragione di specifiche circostanze che
devono essere prese in esame per adattare la liquidazione al caso concreto.
(Sez. 4, n. 10123 del 17/11/2011, Amato, Rv. 252026; Sez. 4, n. 34857 del

5. Sul piano più strettamente processuale, l’obbligo per il giudice di merito
di prendere in esame ogni ulteriore pregiudizio dedotto dal ricorrente si desume
dal rilievo per cui, se è vero che la riparazione per ingiusta detenzione si
differenzia dal risarcimento del danno da illecito sia per il profilo sostanziale della
non necessaria integralità del ristoro, desumibile dalla fissazione di un tetto
limite

ai

sensi

dell’art.315,

comma

2,

cod.proc.pen.

(Sez. 4,

n. 39815 del 11/07/2007, Bevilacqua, Rv. 237837), sia per il correlato profilo
processuale dell’esclusione dell’onere della prova in merito all’entità del danno,
desumibile dall’aggettivo ‘equa’ utilizzato dal legislatore (art.314, comma 1,
cod.proc.pen.), è però costante l’affermazione di questa Corte che, nel
procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, il principio dispositivo, per il
quale la ricerca del materiale probatorio necessario per la decisione è riservata
alle parti, tra le quali si distribuisce in base all’onere della prova, è temperato dai
poteri istruttori del giudice, il cui esercizio d’ufficio, eventualmente sollecitato
dalle parti, si svolge non genericamente ma in vista di un’indagine specifica,
secondo un apprezzamento della concreta rilevanza al fine della decisione,
insindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo della correttezza del
procedimento logico (Sez. 4, n. 18848 del 21/02/2012 , Ferrante, Rv. 253555).
5.1. Corollario di tale principio non può che essere l’onere della parte di
allegare l’esistenza del danno, la sua natura ed i fattori che ne sono causa e,
d’altro canto, il dovere del giudice di prendere in esame tutte le allegazioni della
parte in merito alle conseguenze della privazione della libertà personale e,
dunque, di esaminare se si tratti di danni causalmente correlati alla detenzione e
se sia stata fornita la prova, anche sulla base del fatto notorio o di presunzioni,
di dette conseguenze.
6. La Corte territoriale ha ritenuto di adottare, nel caso in esame, il criterio
aritmetico, ritenendo non provate le ulteriori conseguenze che, secondo principi
consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, devono essere prese in esame

4

17/06/2011, Giordano, Rv. 251429).

per adattare la liquidazione al caso concreto (Sez. 4, n. 10123 del 17/11/2011,
Amato, Rv. 252026; Sez. 4, n. 34857 del 17/06/2011, Giordano, Rv. 251429).

7. Analizzando, dunque, il primo motivo di ricorso, che si articola comunque
in distinti profili di danno in relazione ai quali si lamenta il vizio di motivazione, il
ricorrente ha specificato di aver dedotto le relative voci di danno nella domanda
di riparazione per ingiusta detenzione e tanto è sufficiente, in ragione della
peculiarità del giudizio in oggetto, per ritenere ammissibili tali censure.

valutazione equitativa e non arbitraria spettante al giudice impone, infatti, che la
pronuncia dia conto, alla luce del materiale probatorio acquisito in merito all’an
del danno, delle ragioni per le quali è stato ritenuto equo non distaccarsi dai
parametri

standard

(Sez. U, n. 24287 del 09/05/2001, Caridi, Rv. 218975),

nonché delle ragioni per le quali nella determinazione della somma liquidata non
si sia tenuto conto delle conseguenze ulteriori dell’ingiusta detenzione dedotte
dal ricorrente.
7.1. Nel caso in esame, la Corte di Appello di Catanzaro ha motivato la
propria decisione di applicare il mero calcolo aritmetico omettendo di giustificare
l’esclusione dal giudizio di liquidazione delle conseguenze personali e familiari, ivi
incluso lo strepitus fori, limitandosi ad affermare in linea di principio che si tratta
di conseguenze valutabili in via equitativa (pag.3), senza alcun esame della
documentazione ad esse inerenti, purtuttavia indicata nell’ordinanza.
7.2 Le censure mosse dal ricorrente risultano, dunque, fondate con riguardo
all’omesso esame, nel provvedimento impugnato, di parte della documentazione
prodotta a dimostrazione delle ulteriori conseguenze, allegate nella domanda,
derivanti dall’arresto. In particolare, pur enunciando la presenza di tale
documentazione (pag.3), la Corte ha omesso di prendere in esame la valenza
probatoria della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 22/10/2007 e
della comunicazione di risoluzione del contratto del 27/12/2007, nonchè della
delibera assembleare del 30/06/2008 e della copia della comunicazione di
sospensione del servizio trasporto passeggeri del 27/12/2007. Dal
provvedimento impugnato non è dato, in sostanza, rilevare se la Corte di Appello
abbia analizzato sotto il profilo del nesso di causalità con la privazione della
libertà, né sotto il profilo probatorio, tali documenti.
7.3. Conclusivamente, la motivazione risulta carente nella parte in cui ha
omesso di prendere in considerazione le conseguenze personali della privazione
della libertà dedotte dal ricorrente e documentate con le produzioni indicate nella
stessa ordinanza impugnata. Il giudice del rinvio dovrà, pertanto, prendere in
esame tali produzioni.
5

Imponendo la previsione normativa la liquidazione di una somma “equa”, la

8. Il secondo motivo di ricorso è assorbito e la relativa questione sarà
affrontata all’esito del nuovo giudizio dalla Corte territoriale.

9. L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata per l’omessa
motivazione indicata al punto sub 7.2, con conseguente rinvio per nuovo esame
alla Corte di Appello di Catanzaro.
P.Q.M.

Così deciso il 7/03/2014

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro.

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