Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17838 del 22/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17838 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PISPICIA GAETANO N. IL 25/09/1954
avverso la sentenza n. 1646/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
19/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per giAM-t,/akci,zi,t,J6 ,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 22/04/2015

Con sentenza del 19 marzo 2013, la Corte di appello di Brescia, in parziale
riforma della sentenza emessa il 14 ottobre 2002 nei confronti di PISPICIA Gaetano
dal Tribunale della medesima città, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti
del predetto in ordine ai reati di associazione per delinquere e falso contestati ai capi
54) e 59) perché estinti per prescrizione ed ha rideterminato la pena in ordine al
residuo delitto di riciclaggio di autovettura compendio di furto di cui al capo 58) in
anni due di reclusione ed euro 600 di multa.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore il
quale nel primo motivo rinnova la eccezione di nullità degli atti del procedimento in
quanto le notificazioni non avrebbero raggiunto lo scopo di porre l’imputato a
conoscenza del procedimento, visto che a suo favore è stato adottato un
provvedimento di restituzione nel termine per proporre appello. Si lamenta poi vizio
di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto di riciclaggio quanto
meno sotto il profilo dell’elemento psicologico. rievocandosi, nella sostanza, le stesse
cesure dedotte a fondamento dell’appello e disattese dai giudici del gravame. Si
lamenta, infme, la mancata derubricazione del reato nella ipotesi di cui all’art. 712
cod. pen.
Il ricorso è palesemente privo di giuridico fondamento. Quanto al primo
motivo, infatti, correttamente i giudici dell’appello hanno disatteso la eccezione
rilevando come le notificazioni fossero del tutto regolari sul piano formale, mentre a
diverse finalità è ispirato e strutturato il rimedio della restituzione nel termine per
proporre impugnazione, il quale ultimo, anzi, presuppone proprio la regolarità delle
notificazioni. Le restanti censure sono inammissibili perché del tutto generiche,
avendo il ricorrente sterilmente riproposto le stesse doglianze articolate in appello e
disattese dai giudici del grado con motivazione del tutto esauriente e logicamente
ineccepibile, tanto sotto il profilo della sicura consapevolezza dell’imputato in ordine
alla condotta di “taroccamento” del veicolo — il suo ruolo nel sodalizio criminoso
contestato smentisce qualsiasi professione di buona fede — che sul versante della
impossibile riqualificazione del fatto nel reato di cui all’art. 712 cod. pen. La
giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare
che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità
del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni
del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma
dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., alla inammissibilità della
impugnazione (Cass., Sez. I, 30 settembre 2004, Burzotta; Cass., Sez. VI, 8 ottobre
1

OSSERVA

2002, Notaristefano; Cass., Sez. IV, 11 aprile 2001 Cass., Sez. IV, 29 marzo 2000,
Barone; Cass., Sez. W, 18 settembre 1997, Ahmetovic).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 alla luce dei principi
affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2015
Il Cons

Ilyresidente

P. Q. M.

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