Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17833 del 22/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 17833 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GUEYE CHEIKH MORY N. IL 16/11/1968
avverso la sentenza n. 2859/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 13/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
(I/A
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

r

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
4&24-2
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4-14914-11

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Data Udienza: 22/04/2015

Con sentenza del 13 giugno 2012, la Corte di appello di L’Aquila ha
confermato la sentenza emessa il 12 aprile 2010 dal Tribunale della medesima città
con la quale GUEYE CHEIKH Mory stato condannato alla pena di anni due e mesi
uno di reclusione quale imputato dei reati di cui agli artt. 648 e 474 cod. pen. per aver
detenuto per la vendita numerosi capi di abbigliamento recanti marchi contraffatti.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, rinnovando le stesse
censure già dedotte e disattese in grado di appello lamenta che nella specie non
sarebbe stata raggiunta prova certa della proprietà della merce da parte dell’imputato
nonché il mancato espletamento di una perizia intesta ad accertare la falsità dei
marchi.
Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto il ricorrente si è limitato a
rievocare le identiche questioni devolute ai giudici dell’appello e da questi disattese
con motivazione del tutto congrua e lineare sul piano della coerenza logico
argomentativa, senza che il relativo apporto deduttivo — rinvenimento dell’imputato
alle 4,15 di mattina a bordo di una autovettura carica della mercanzia sequestrata;
quantità e qualità della merce univocamente deponente per la falsità dei relativi
marchi, alla luce, anche, delle circostanze in cui è avvenuto il rinvenimento e delle
condizioni di vita dell’imputato; assenza di qualsiasi giustificazione o
documentazione circa l’origine della merce e delle relative modalità di acquisizione abbia poi formato oggetto di una autonoma ed argomentata critica impugnatoria, solo
labilmente espressa. Il ricorso si rivela dunque inammissibile per la genericità dei
relativi motivi. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata
nell’affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione
fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate
dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità,
intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicazioni
del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificità che conduce, a norma
dell’art. 591, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., alla inammissibilità della
impugnazione (Cass., Sez. I, 30 settembre 2004, Burzotta; Cass., Sez. VI, 8 ottobre
2002, Notaristefano; Cass., Sez. IV, 11 aprile 2001,, Cass., Sez. IV, 29 marzo 2000,
Barone; Cass., Sez. IV, 18 settembre 1997, Ahmetovic).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 alla luce dei principi
affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P. Q. M.

OSSERVA

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2015
.

Il

sidente

Il Consi

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