Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17823 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17823 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AVVENTO DOMENICO N. IL 25/04/1956
ZAVAGLIA ANGELA CATERINA N. IL 11/03/1956
avverso l’ordinanza n. 42/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 04/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
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lette/s9dite le conclusioni del PG Dott. Var. D

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Data Udienza: 20/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Avvento Domenico e Zavaglia Angela Caterina hanno proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata respinta
l’istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita agli arresti domiciliari dal
16.5.2003 al 5.6.2003, in relazione ai delitti di partecipazione ad associazione
per delinquere e di usura, dai quali erano stati mandati assolti dal Tribunale di
Palmi con sentenza divenuta irrevocabile.

riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., in quanto il
comportamento degli odierni ricorrenti aveva dato corso all’ordinanza di custodia
cautelare, individuando gli estremi della colpa grave, preclusiva al
riconoscimento dell’indennizzo richiesto. E ciò in quanto gli istanti avevano
tenuto comportamenti idonei ad essere percepiti come indicativi di una loro
partecipazione all’attività criminosa posta in essere dal congiunto Zavaglia
Domenico, imputato principale nel processo, perché nella qualità di titolari della
Suprema s.a.s. avevano presentato allo sconto svariati effetti cambiari, risultati
pertinenti al reato di usura, per conto del beneficiario dei medesimi, ovvero il
menzionato Zavaglia. In particolare, tra le circostanze evidenziate dal Collegio
distrettuale, mette conto rammentare le seguenti: molte cambiali rinvenute nel
corso delle perquisizioni erano state rilasciate dalle persone offese in favore della
ditta Suprema s.a.s.; la documentazione bancaria dava conto della
movimentazione di danaro tra la menzionata ditta e molte delle persone offese;
gli istanti, dopo le prime operazioni bancarie, si erano rivolte al funzionario della
banca ove era state eseguite per chiedergli il favore di convincere lo Zavaglia a
non fare più operazioni sul conto della Suprema.

3.

I ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per

violazione dell’art. 314 cod. proc. pen., rilevando che la Corte di Appello si è
fondata non su fatti concreti e precisi ma su mere supposizioni disancorate dagli
atti di causa e che l’Avvento e la Zavaglia si erano rivolti al funzionario di banca
perché spiegasse “al congiunto che non si poteva eccedere nello sconto di
cambiali perché si trattava di uno strumento eccezionale che richiedeva delle
garanzia e che … la ditta rischiava la revoca del castelletto” bancario.

4.

Si è costituita in giudizio

l’Avvocatura dello Stato per il Ministero

dell’Economia e delle Finanze, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

2

2. La Corte territoriale ha ravvisato l’insussistenza dei presupposti del diritto alla

Esso propone una critica all’ordinanza impugnata essenzialmente in merito;
infatti, si contesta la valutazione delle circostanze rilevanti ai fini del giudizio
imposto dall’istanza di riparazione, prospettando una ricostruzione dei fatti
alternativa e divergente rispetto a quella assunta dal decidente.
Nella presente sede va rimarcato che quello della valutazione dei fatti è ambito
riservato al governo esclusivo del giudice di merito anche nel procedimento
previsto dall’art. 315 cod. proc. pen.; a questa Corte compete unicamente di
verificare la congruenza logico-giuridica esibita dal decidente. Orbene, la

poiché evidenzia circostanze decisive – quelle già tratteggiate nella superiore
parte narrativa, non esaurentesi in quella rimarcata dai ricorrenti – dalle quali
può fondatamente derivarsi il carattere gravemente colposo della condotta
serbata dagli istanti.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

6. Segue al rigetto del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle
spese in favore del Ministero resistente, che liquida in complessivi euro 750,00.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali nonchè alla rifusione delle spese in favore del Ministero
dell’Economia per questo giudizio di cassazione, liquidate in euro 750,00.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20.12.2013.

motivazione resa dalla Corte di Appello è sotto tale profilo immune da censure,

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