Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1782 del 29/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1782 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE CELLO DANIELE N. IL 09/06/1967
avverso la sentenza n. 363/2013 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 10/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 29/10/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Francesco Salzano, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso. Il difensore del ricorrente, avv. Ingrosso Antonìo, ha concluso
riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 10 luglio 2014 la Corte d’Appello di Catanzaro, in riforma
della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Cosenza (emessa in data 12 dicembre 2012)
condannava De Cello Daniele alla pena di mesi sei di reclusione – pena sospesa e non

E’ stata accertata la responsabilità dell’imputato per avere falsamente attestato
nell’ordine di servizio n. 31/4 della Stazione Carabinieri di Colosimi del 30 aprile 2011 di
aver espletato a bordo dell’autovettura Tg. CCCA794 una serie di servizi esterni di
perlustrazione del territorio in orari dettagliatamente indicati nello stesso ordine di
servizio nell’intervallo temporale dalle 17,30 alle ore 24,00 del 30 aprile 2011, essendo,
invece, emerso dalle immagini registrate da una videocamera di sorveglianza installata
dagli organi di P.G. che in quegli stessi orari quell’autovettura di servizio era rimasta
ferma parcheggiata dinanzi alla Stazione C.C. di Bianchi.
Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
affidandolo a due motivi.
2.1. Con il primo motivo viene dedotta la mancanza o comunque manifesta illogicità
della motivazione, evidenziando che l’organo giudicante ha tenuto in considerazione come
unico elemento probatorio quello emergente dalla videoregistrazione, ritenendo invece
ininfluente tutto il resto, tra cui il verbale di controllo veicolare, documento che il giudice di
primo grado aveva invece valorizzato giungendo così ad una diversa ricostruzione dei fatti
rispetto a quella contenuta nella sentenza impugnata.
In sostanza, il giudice d’appello aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato
in virtù di una valutazione incompleta del materiale probatorio.
2.2. Con il secondo motivo veniva dedotta l’insussistenza dell’elemento psicologico del
reato ascritto.
La valutazione complessiva del materiale probatorio effettuata dal giudice di primo
grado, ed omessa invece dalla Corte d’Appello di Catanzaro, aveva consentito di ritenere
inesistente ogni rilievo volontaristico della condotta dell’agente, tenuto conto dell’unicità
dell’episodio e dell’assenza ulteriori profili utilitaristici che potevano connotare l’attività posta in
essere dall’imputato.
In particolare, non era stata fornita la prova del dolo, essendo il falso stato l’effetto di
una semplice leggerezza e negligenza dell’imputato, di talchè la responsabilità dell’imputato
non era stata dimostrata in modo inequivocabile ed oltre ogni ragionevole dubbio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento.

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menzione – per il reato di falsità ideologica in atto pubblico.

Va premesso che nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria non basta,
in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio
già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di
colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella
operata dal primo giudice, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir
meno ogni ragionevole dubbio. (Sez. 6, n. 46847 del 10/07/2012 – dep. 04/12/ .2012, Aimone e
altri, Rv. 253718).

forza persuasiva superiore rispetto a quella di primo grado ma presenta evidenti
contraddittorietà risultanti dallo stesso testo che non solo non fanno cadere ma, anzi,
sollevano più che un ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato.
In particolare, secondo la sentenza di primo grado – circostanza riportata anche nella sentenza
della Corte d’Appello di Catanzaro – non è contestato che il servizio sugli obiettivi prescritti sia
stato effettivamente svolto dal De Cello senza intoppi o particolarità di rilievo, come
risulterebbe anche dalla annotazione del M.Ilo Todaro del 9.10.2012.
Tale elemento, accompagnato dal rilievo che “in assenza di data certa nella redazione
dell’ordine di servizio del 30.4.2011 il De Cello abbia annotato solo successivamente e andando
un po’ a memoria con inevitabile errori e discrepanze quanto svolto il 30.4.2011″, ha indotto il
giudice di primo grado a ritenere che la discrepanza tra le annotazioni nell’ordine di servizio e
quanto effettivamente avvenuto sia il frutto di negligenza, superficialità, inosservanza delle
rigide prescrizioni amministrative dell’Arma e non quindi depone per una consapevole e
deliberata volontà di falsificare l’ordine di servizio, e ciò anche in ragione dell’unicità
dell’episodio, dell’assenza di possibile scopi di lucro, quali la fruizione di indennità aggiuntive o
straordinarie, etc.
Le conclusioni del G.U.P. del Tribunale di Cosenza non sono state condivise dal giudice di
appello il quale, pur dando atto, come detto, nella parte narrativa della propria sentenza che
secondo il giudice di primo grado ” non è contestato che il servizio sugli obiettivi prescritti sia
stato effettivamente svolto dal De Cello senza intoppi o particolarità di rilievo (cfr annotazione
del M.Ilo Todaro del 9.10.2012)” , nell’evidenziare la discrepanza tra le annotazioni riportate
dall’imputato nell’ordine di servizio e le immagini della videocamera, ha ritenuto l’oggettiva
falsità delle annotazioni del De Cello riguardo ” ad un’attività riportata come eseguita in un
determinato contesto temporale ma in realtà non effettuata” ed ha riconosciuto la penale
responsabilità dell’imputato, ritenendo irrilevanti gli elementi valorizzati dal giudice di primo
grado per escludere la sussistenza dell’elemento psicologico.
Ad avviso di questo Collegio, il giudice di 2″ grado è incorso di un vizio di contraddittorietà
della motivazione su un punto decisivo dell’iter argomentativo in quanto influente sulla
valutazione dell’elemento psicologico.
Infatti, da un lato, ha riportato come un dato di fatto, senza confutarla, l’affermazione del
giudice di primo grado secondo cui il servizio sugli obiettivi prescritti sia stato effettivamente
3

Ad avviso di questo Collegio, la sentenza della Corte Territoriale non solo non è dotata di una

svolto dal De Cello senza intoppi o particolarità di rilievo, dall’altro, ha ritenuto l’oggettiva
falsità delle annotazione dell’imputato in relazione ” ad un’attività riportata come eseguita in
un determinato contesto temporale ma in realtà non effettuata” (pag. 3 della sentenza
d’appello).
Orbene, nella valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di falso ascritto
all’imputato è essenziale stabilire se l’attività di perlustrazione sia stata effettivamente svolta
da De Cello, seppur in orari differenti da quelli annotati nella relazione di servizio – come

non sia stata mai effettuata.
Nel primo caso, la discrasia tra gli orari annotati potrebbe anche trovare una spiegazione,
come ritenuto dal G.U.P. del Tribunale di Cosenza, nella superficialità, leggerezza, negligenza
dell’imputato. Nella seconda ipotesi, sarebbe evidente la volontà dell’odierno ricorrente di
commettere il falso.
Non vi è dubbio che l’aver il giudice di secondo grado espressamente escluso l’esistenza di un
dato fattuale essenziale nella ricostruzione della vicenda per cui è processo, dato per pacifico
dal giudice di primo grado e non confutato dallo stesso giudice d’appello , tanto è vero che è
stato riportato senza alcun commento nella stessa parte narrativa della sentenza, vizia sotto il
profilo della coerenza logico-formale le argomentazioni del giudice di secondo grado.
Deve quindi annullarsi la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello
di Catanzaro per nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di
Catanzaro per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2015
Il Presidente

risulterebbe secondo il giudice di primo grado dalla relazione del M.Ilo Todaro – o, viceversa,

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