Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1782 del 04/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1782 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVALLO FRANCESCO N. IL 11/11/1940
avverso la sentenza n. 10292/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MANDURIA,
del 08/03/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V-z-Q4e-eu’verrya—e_
che ha concluso per e(
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 04/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza dell’8 marzo 2011 il Tribunale di Taranto – Sezione Distaccata di
Manduria – dichiarava CAVALLO Francesco (imputato dei reati di cui agli artt. 674 cod. pen. e
54-1161 Cod. nav. – reati accertati in data 8 aprile 2006) colpevole del reato di cui al capo B)
(violazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav.) condannandolo alla pena di C 200,00 di ammenda e

1.2 Ricorre avverso la detta sentenza l’imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia
deducendo, con unico motivo, violazione di legge per motivazione contraddittoria e
manifestamente illogica, avendo il Tribunale affermato la colpevolezza del CAVALLO sulla base
di un dato (legale responsabile della società Torre Moline alla data di accertamento del reato)
meramente astratto, laddove sarebbe stato più corretto ritenere responsabile della violazione
l’amministratore delegato della medesima società in relazione alle funzioni da questi
effettivamente esercitate in seno alla società.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso oltre che generico, nella misura in cui ritiene di individuare – in modo per di
più probabilistico – altro soggetto responsabile rispetto all’odierno imputato (nominato ai
vertici societari sin dal maggio 2006 e dunque nel pieno esercizio della funzione), è
manifestamente infondato: precisato che il reato per il quale il CAVALLO è stato ritenuto
responsabile riguarda l’abusiva occupazione di suolo demaniale in relazione alla mancanza di
autorizzazione alla occupazione di un’area ove era allocata una tubazione per lo scarico dei
reflui per la quale era stata, invece, concessa apposita autorizzazione, è corretto il giudizio di
responsabilità del Tribunale per avere esattamente individuato nel legale rappresentante della
società (il CAVALLO) il soggetto deputato a richiedere l’autorizzazione mai rilasciata.
1.1 L’affermazione del Tribunale è tanto più corretta in quanto, diversamente da come
ritenuto dal ricorrente, la colpevolezza del CAVALLO non deriva da una responsabilità
oggettiva, ma diretta, in quanto legata all’esercizio di determinate funzioni esterne (in assenza
di atti di delega a terzi mai indicati) espletabili unicamente dal legale rappresentante della
società. La prova di tale assunto la fornisce lo stesso ricorrente attraverso la produzione del
certificato della Camera di Commercio di Brindisi dal quale risulta – conformemente allo statuto
sociale – che “la rappresentanza legale della società di fronte a qualunque autorità giudiziaria
od amministrativa e di fronte ai terzi spetta al Presidente o ai vice presidenti nonché
all’amministratore delegato, se nominato, disgiuntamente, l’uno dall’altro”:

evidente, quindi,

che il primo soggetto chiamato a rispondere di fronte all’Autorità Amministrativa competente al
rilascio dell’autorizzazione fosse proprio il Presidente del Consiglio di Amministrazione,
ovverossia l’odierno ricorrente nominato nel maggio 2006, antecedentemente, quindi, alla data
di accertamento del reato come correttamente posto in evidenza dal Tribunale.
1

lo assolveva dal residuo reato di cui al capo A), per insussistenza del fatto.

2.1 Vero è che, medio tempore, è maturata la prescrizione, successivamente alla sentenza
del Tribunale: ma la manifesta infondatezza del ricorso, in coerenza con i principi più volte
espressi dalla giurisprudenza di questa Corte laddove si afferma che la prescrizione verificatasi
dopo la sentenza oggetto di ricorso, non può essere dichiarata stante la non regolare
instaurazione di un rapporto processuale quale diretta conseguenza della inammissibilità del
ricorso, preclude la declaratoria di estinzione del reato (Cass SS. UU. 22.11.2000 n. 32; Cass.
Sez. 2^ 20.11.2003 n. 47383; Cass. Sez. 4^ 20.1.2004 n. 18641).

spese processuali nonché al versamento della somma – ritenuta congrua – di € 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa il ricorrente nella determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 4 giugno 2013
Il Consigliere estensore

I Presidente

2.2 Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle

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