Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17817 del 26/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17817 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DEGLI ANGIOLI MICHELE N. IL 24/02/1960
avverso l’ordinanza n. 58/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
lette/septite le conclusioni del PG Dott. -.2,12/0 Ick
Ocul
CS2.15
NMsz, eit.k4 Ne9-k/10

Uditi difenso

.;

Data Udienza: 26/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza in data 6/10/2011 la Corte di Appello di Napoli rigettava la
richiesta di riparazione proposta da Delli Angioli Michele in relazione all’ingiusta
detenzione, sofferta dal 4/8/2001 al 7/8/2001 in carcere e dall’8/9/2001 al
4/8/2002 agli arresti domiciliari, quale indagato per il reato di cui all’alt. 73 DPR
309/90, reato dal quale era stato successivamente assolto con sentenza passata il

2.La Corte ravvisava colpa grave, ostativa al riconoscimento dell’indennizzo, nel
comportamento tenuto dall’imputato. Si era accertato, infatti, che egli, avvicinatosi
ad un’autovettura con il suo motorino, aveva fatto cenno al conducente di seguirlo
in una strada chiusa. Colà il conducente aveva preso dall’intercapedine posta nello
sportello lato guidatore alcuni panetti di hashish. A quel punto erano intervenuti i
verbalizzanti, i quali avevano bloccato i presenti, nonostante essi avessero cercato
di fuggire. Il Delli Angioli, bloccato mentre stava fuggendo con la somma di lire
802.00 in tasca, era stato tratto in arresto. La condotta descritta, specie in ragione
della fuga alla vista dei verbalizzanti, era considerata dalla Colte fattore causale
incidente sull’adozione della misura cautelare.
3. Avverso la richiamata ordinanza propone ricorso per cassazione Delli Angioli, a
mezzo del difensore, deducendo violazione e falsa applicazione dell’alt. 314 c.p.p.
Evidenzia che la mera qualità di tossicodipendente, la correlata frequentazione di
luoghi in cui si pratica lo spaccio, non erano fattori idonei ad integrare la colpa
grave ostativa alla riparazione, essendo necessaria la ricorrenza di altri elementi
indicativi di attività di spaccio, mentre il comportamento dell’imputato era al più
dimostrativo di un tentativo di acquisto di stupefacente per uso personale Né
poteva essere al tal fine rilevante il tentativo di fuga, collocabile nella prospettiva di
una strategia funzionale ad evitare ingiuste incriminazioni.
4. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha rilevato l’infondatezza del
ricorso, chiedendone il rigetto. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha
prodotto propria memoria illustrativa conducente alle medesime conclusioni.

Considerato in diritto

4. Il ricorso va rigettato per le ragioni di seguito esposte.
Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito,
per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo
o colpa grave, deve valutare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi
probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che
rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o

giudicato.

regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se
adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice
deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta
tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine
di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico motivazionale del
tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale
condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia

apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del
26/06/2002, dep. 15/10/2002, De Benedictis, Rv. 222263). Il giudice della
riparazione, cioè, ben può rivalutare, ai fini dell’accertamento del diritto alla
riparazione e non della penale responsabilità, i fatti accertati o non esclusi dai
giudici del merito (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27397 del 10/06/2010,
dep. 14/07/2010, Rv. 247867). La giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha chiarito
che il piano valutativo del tutto diverso tra le condotte da considerare per la
sussistenza delle condizioni per la liquidazione dell’equo indennizzo e gli elementi
posti a base della decisione da parte del giudice della cognizione dimostra che tutti
gli elementi probatori devono essere rivalutati, in quanto, pur se ritenuti
insufficienti ai fini della dichiarazione di responsabilità, possono essere tali da
configurare il dolo o la colpa grave, soprattutto nel momento dell’emissione della
misura cautelare personale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10987 del 15/02/2007,
dep. 15/03/2007, Rv. 236508). Condotte rilevanti in tal senso possono essere di
tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato
l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione,
silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal
giudice della cognizione.
4.1 Ciò premesso, è da rilevare che correttamente i giudici del merito hanno
rilevato la sussistenza in capo al ricorrente della colpa grave ostativa alla
concessione dell’indennizzo, in conformità ai parametri giurisprudenziali suindicati.
Ed invero il provvedimento impugnato correttamente indica gli elementi plurimi
della condotta del ricorrente che, valutati ex ante, hanno dato origine all’apparenza
di illecito penale, ponendosi come contributo causale rilevante della cautela, tanto
più in ragione delle descritte modalità della fuga alla vista degli agenti. Tale ultima
condotta, priva di giustificazione, era tale da creare un’apparenza illecita, ancor più
ove si consideri che il ricorrente recava con sé una somma di denaro non esigua,
avuto riguardo il suo stato di disoccupato.

ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa

5.Ne consegue che il ricorso, fondato su un’inaccettabile commistione di piani
motivazionali tra la sentenza assolutoria di merito e la riconsiderazione dei
medesimi elementi in sede di esame della condotta risarcitoria, deve essere
rigettato.
6. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, oltre alla rifusione delle spese di questo giudizio sostenute dal

P. Q. M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al pagamento delle spese sostenute per questo giudizio di
cassazione dal Ministero dell’Economia liquidate in € 750,00.

Così deciso in Roma il 26-11-2013.

Ministero, liquidate come da dispositivo.

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