Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17816 del 26/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17816 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VIGANO’ FRANCESCO N. IL 29/01/1958
avverso l’ordinanza n. 83/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
06/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
lette/seigite le conclusioni del PG Dott. S tuts
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 26/11/2013

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I

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza in data 6/10/2011 la Corte di Appello di Milano rigettava la
richiesta di riparazione proposta da Viganò Francesco in relazione all’ingiusta
detenzione sofferta dal 16/12/2008 al 13/1/2009 in carcere e dal 13/1/2009 al
28/1/2009 agli arresti domiciliari, quale indagato per il reato di cui all’art. 73 DPR
309/90 (spaccio di cocaina), in concorso con altro imputato, Russo Giuseppe.

sede di giudizio abbreviato con sentenza passata il giudicato.
2.La Corte ravvisava colpa grave, ostativa al riconoscimento dell’indennizzo, nel
comportamento tenuto dall’imputato. Si era accertato, infatti, che egli ospitava il
Russo nella propria abitazione, ove, a seguito di perquisizione, venivano rinvenute
varie dosi di cocaina sul tavolo del soggiorno. Che, inoltre, lo stesso consentiva al
Russo l’uso della propria autovettura. Se ne era desunto che il Viganò fosse al
corrente dell’attività di spaccio svolta dal Russo e consentisse la detenzione della
cocaina destinata alla vendita nella propria abitazione, in ciò determinandosi un
contributo causale all’adozione della misura cautelare.
3. Avverso la richiamata ordinanza propone ricorso per cassazione il Viganò, a
mezzo del difensore, deducendo vizio motivazionale in relazione alla sussistenza di
colpa grave idonea a dare causa all’ingiusta detenzione. Evidenzia che la negazione
dell’ingiusta detenzione si fondava sulla supposta consapevolezza da parte del
ricorrente in ordine ai reati commessi dal Russo, che egli ospitava per ragioni
umanitarie, consapevolezza ritenuta insussistente dal giudice del merito.
4. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha rilevato l’infondatezza del
ricorso, chiedendone il rigetto. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha
prodotto propria memoria illustrativa conducente alle medesime conclusioni.

Considerato in diritto

4. Il ricorso va rigettato per le ragioni di seguito esposte.
Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito,
per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo
o colpa grave, deve valutare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi
probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che
rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o
regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se
adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice
deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta
tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine

Quest’ultimo aveva patteggiato la pena, mentre il Viganò era stato prosciolto in

di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico motivazionale del
tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale
condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia
ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa
apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla
detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del
26/06/2002, dep. 15/10/2002, De Benedictis, Rv. 222263). Il giudice della

riparazione e non della penale responsabilità, i fatti accertati o non esclusi dai
giudici del merito (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27397 del 10/06/2010,
dep. 14/07/2010, Rv. 247867). La giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha chiarito
che il piano valutativo del tutto diverso tra le condotte da considerare per la
sussistenza delle condizioni per la liquidazione dell’equo indennizzo e gli elementi
posti a base della decisione da parte del giudice della cognizione dimostra che tutti
gli elementi probatori devono essere rivalutati, in quanto, pur se ritenuti
insufficienti ai fini della dichiarazione di responsabilità, possono essere tali da
configurare il dolo o la colpa grave, soprattutto nel momento dell’emissione della
misura cautelare personale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10987 del 15/02/2007,
dep. 15/03/2007, Rv. 236508). Condotte rilevanti in tal senso possono essere di
tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato
l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione,
silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal
giudice della cognizione.
4.1 Ciò premesso, è da rilevare che correttamente i giudici del merito hanno
rilevato la sussistenza in capo al ricorrente della colpa grave ostativa alla
concessione dell’indennizzo, in conformità ai parametri giurisprudenziali suindicati.
Ed invero il provvedimento impugnato correttamente indica gli elementi plurimi
della condotta del ricorrente che, valutati ex ante, hanno dato origine all’apparenza
di illecito penale, ponendosi come causa della cautela, tanto più in ragione delle
indicate modalità di detenzione della sostanza, lasciata in vista sul tavolo del
soggiorno di casa. Stante la descritta tollerata apparenza, non può ragionevolmente
escludersi la configurabilità di colpa grave in capo al ricorrente neppure ove si
ritenesse la conoscenza da parte sua della mera assunzione da parte del Russo
dello stupefacente detenuto nell’abitazione.
5.Ne consegue che il ricorso, fondato su un’inaccettabile commistione di piani
motivazionali tra la sentenza assolutoria di merito e la riconsiderazione dei
medesimi elementi in sede di esame della condotta risarcitoria, deve essere
rigettato.

riparazione, cioè, ben può rivalutare, ai fini dell’accertamento del diritto alla

6. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, oltre alla rifusione delle spese di questo giudizio sostenute dal
Ministero, liquidate come da dispositivo.

P. Q. M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

cassazione dal Ministero dell’Economia liquidate in C 750,00.

Così deciso in Roma il 26-11-2013.

spese processuali nonché al pagamento delle spese sostenute per questo giudizio di

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