Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17812 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 17812 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PENGO CARLO ALBERTO N. IL 02/04/1969
avverso la sentenza n. 7638/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 21/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.

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Dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;

Data Udienza: 25/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 21/12/2012 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la
sentenza emessa in data 7/06/2012 dal Tribunale di Bologna che, revocato il
decreto penale opposto, a seguito di rito abbreviato, aveva dichiarato Pengo
Carlo Alberto colpevole del reato di cui agli artt.56 e 640 cod. pen., così
modificata la qualificazione giuridica del fatto e, concesse le attenuanti
generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi 3, giorni 10 di reclusione ed

2. Carlo Alberto Pengo aveva proposto appello lamentando l’eccessivo
trattamento sanzionatorio, avuto riguardo alla modalità del fatto e alla
personalità dell’imputato, chiedendo l’applicazione del minimo edittale. La Corte
territoriale, ritenendo congruo il trattamento sanzionatorio applicato dal giudice
di primo grado, considerata l’intensità del dolo evincibile dalla condotta
preordinata e dagli artifizi non improvvisati, ha confermato la sentenza di primo
grado.

3.

Ricorre per cassazione Carlo Alberto Pengo deducendo erronea

applicazione della legge penale per avere la Corte escluso l’applicazione del
minimo edittale, così da garantire l’applicazione di una pena maggiormente
adeguata e proporzionata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Questione preliminare che deve essere affrontata è stabilire se la causa
estintiva della prescrizione del reato sia rilevabile ex officio.
1.2. E’ principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la
proposizione del ricorso consente alla Corte di rilevare la prescrizione del reato
maturata dopo la pronuncia della sentenza impugnata purchè non ricorra alcuna
ipotesi di inammissibilità del ricorso (SU n.23428 del 22/03/2005, Bracale,
Rv.231164).

2. Ma il ricorso in questa sede proposto è inammissibile.
2.1. Il ricorrente aveva proposto appello lamentando l’eccessività della pena
inflittagli, e la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado
evidenziando come il giudice di primo grado avesse adottato un trattamento
sanzionatorio improntato a decisa mitezza, partendo da una pena base prossima
al minimo edittale ed applicando la diminuzione massima di un terzo per effetto
delle attenuanti generiche, ritenendo inadeguato un trattamento sanzionatori
più mite in considerazione dell’intensità del dolo rivelata dalla condotta.
2

euro 200,00 di multa con i benefici di legge.

3. Palese è l’infondatezza del ricorso in questa sede proposto, avendo la
Corte territoriale fornito adeguata e congrua motivazione in relazione ai criteri
seguiti per esprimere un giudizio di congruità della pena irrogata dal giudice di
primo grado. E’, in proposito, ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte
l’affermazione di principio per cui l’obbligo di motivazione è tanto più stringente
quanto maggiore sia il divario tra la pena in concreto irrogata ed il minimo
edittale, ma nel caso in esame la sanzione di fatto irrogata come pena base, pari

media edittale prevista dagli artt.640 e 56 cod. pen.; i giudici del merito, con la
enunciazione dell’analisi dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., hanno in ogni
caso

qui

assolto

adeguatamente

all’obbligo

della

motivazione

(Sez. 2, n.12749 del 19/03/2008, Gasparri, Rv. 239754; Sez. 4, n. 56 del
16/11/1988,dep. 5/1/1989, Spina, Rv. 180075).

4. A ciò deve aggiungersi che la valutazione degli elementi sui quali si fonda
la concessione delle attenuanti generiche, ovvero il giudizio di comparazione
delle circostanze, nonché in generale la dosimetria della pena, rientrano nei
poteri discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio, se effettuato nel rispetto
dei parametri valutativi di cui all’art.133 cod.pen., è censurabile in Cassazione
solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui
deve senz’altro escludersi,

avendo il giudice fornito adeguata e logica

motivazione con riferimento alla congruità della pena irrogata in relazione alle
modalità del fatto.

5. Tenuto conto della sentenza Corte Cost. n.186 del 13.06.2000 e rilevato
che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla
declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen. l’onere
delle spese del procedimento e del versamento di una somma, in favore della
Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di
inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 1.000,00.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di E.1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 25/03/2014

a mesi 7 e giorni 15 di reclusione ed euro 350,00 di multa, è inferiore alla misura

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